sabato 29 ottobre 2011

COSTRUIRE, NELL' INCONTRO TRA LE PERSONE E I POPOLI, UN MONDO UNITO

Seminar about Unity of Mankind
Séminaire sur l'unité de l'humanité
Seminar ueber die Einheit der Menschheit


A Giaveno, il prossimo 5 novembre, dalle 15.30 alle 18, presso l'Istituto Pacchiotti dei Fratelli delle Scuole Cristiane. Lo organizza l'associazione "La Casa dei Popoli" .
Parleranno: Younis Tawfik, scrittore ( "sfida dell'integrazione"), Luca Alemani (studioso di storia delle religioni e promotore di una "rete di cooperazione del basso con l'Afghanistan": "Il Circolo del Sole"), padre Felician (sacerdote cattolico romeno che è viceparroco a Bussoleno ), Riccartdo Lala, promotore del Comitato della Società Civile per Torino Capitale Culturale 2019.

L'unità del mondo costituisce uno dei massimi temi di riflessione dell' Umanità, non diversamente dalla vita e la morte, la verità e l'illusione, il bene e il male, l'eternità e la storia. Come tutti questi temi,  non cessa, da un lato di esercitare ed appassionare le menti,e, dall' altro, di sconvolgere periodicamente la vita sociale e politica per le differenza fra i punti di vista. Infatti, come tutti quei temi, esso rivela la limitatezza del pensiero umano e l'impossibilità di una risposta non diciamo  obiettiva, ma, almeno, chiara.
Dalla primitiva idea che il centro del mondo fosse il palo della propria tenda (Eliade) si è passati ben presto a concepire, come il centro del mondo, il proprio Paese (omfalos, Zhong Guo), poi,quest'ultimo  come un impero universale, comprendente tutti i popoli civili (Oikumène, Tian Xia, Dar ul-Islam); infine, a pensare che il proprio impero dovesse abbracciare, alla fine, il mondo intero (Impero cristiano, o democratico; Tian Xia wei gong).
Anche la globalizzazione effettiva comincia in tempi remoti, con l'"Out of Africa", e continua fino ai nostri giorni, quando l'umanità è unita dalla tecnica, dalla politica e dalla finanza. Quest'unità è però sbilanciata -asimmetrica-, da un lato, in direzione dell' economia, e, dall' altro, verso l'Occidente e il Nord del mondo.

Si notano ora due tendenze: da un lato chi vorrebbe che questa unità si rafforzasse intorno al suo attuale polo occidentale, con la sua specifica cultura, che relega le altre culture e territori ad un ruolo subodinato; dall' altra chi invece vorrebbe che l'attuale unità del mondo si riorganizzasse in modo paritario fra le grandi aree del mondo e le varie culture. Fra chi vorrebbe un ruolo ulteriormente rafforzato per le scienza e la tecnica, capaci di imporre un modo standardizzato e unificato di vita, in simbiosi con le maccine, e chi vorrebbe, invece, che l'umanità si riorganizzazsse intorno alle sue proprie esigenze, quali espresse dalle diverse opinioni e dalle differenti culture.

Noi siamo fautori di questa seconda soluzione, e intendiamo proporre schemi concettuali e politici capaci di realizzare questo obiettivo. Concetti e strategie che comprendono una nuova cultura, veramente multiculturale, la riforma delle organizzazioni internazionali e il consolidamento delle diverse identità subcontinentali.

martedì 25 ottobre 2011

UN PROGETTO POLITICO PER LA GIOVENTU' ESASPERATA

 
Necessary New Grounds for an authentic Movement of the Youth
Des nouvelles bases nécessaires pour un mouvement authentique de la jeunesse
Neue Grundlagen fuer eine authentische  Bewegung der Jugend unabwendbar
Di fronte ai macroscopici fallimenti delle promesse  del "modello occidentale" ci siamo a lungo stupiti dell'indifferenza con cui l'opinione pubblica e, in particolare, i ceti, le nazioni, e le generazioni, più svantaggiate accettano qualunque cosa senza reagire.

Da un lato, la promessa di sempre più  abbondanti beni materiali, dall' altra la riduzione, di anno in anno, delle prospettive di lavoro, di guadagno, di risparmio, di investimento. Da un lato, la garanzia della "Pace Perpetua": dall' altra, un investimento militare complessivo quanti altri mai vi furono nella storia, per finanziare guerre supertecnologiche e, comunque, con centinaia di migliaia di soldati (e di morti): in Afganistan, in Irak, in Libia, ecc...

La spiegazione è che quel progressivo accrescersi del conformismo, che già avevano pronosticato Tocqueville, Stuart Mills, Baudelaire e Nietzsche, è giunto, oramai, a paralizzare ogni capacità di pensiero critico costruttivo ed ogni possibilità di azione politica non manipolata da persuasori occulti.

I cittadini, solo apparentemente liberi, sono formati sulla base di luoghi comuni ripetuti senza persuasione da una scuola massificata e da mezzi di comunicazione di massa che sono semplici cinghie di trasmissione del potere.

Il convergere di intolleranza ideologica, sapere specialistico e mancanza di rigore nello studio portano all' incapacità di costruire un discorso coerente e completo e di immaginare un' azione collettiva solidale, efficace e a lungo termine.

Il "timore per il proprio status", che già Tocqueville aveva denunziato come la caratteristica prevalente delle società democratiche, impedisce di esprimere opinioni veramente alternative, le quali ultime non riuscirebbero comunque a farsi sentire per effetto della "congiura del silenzio" della maggioranza. 

Gli intellettuali, frustrati da quanto sopra, ed in preda ad un pur comprensibile "Selbsthass", divengono strutturalmente incapaci di uscire dalla sterile ripetizione di vecchie geremiadi. Altro che formulare idee nuove, progetti alternativi, strategie di trasformazione! Non sembrano  più possibili, né un Hegel, né un Marx, né un St.Simon, né un Nietzsche, ecc...

Così stando le cose, costituisce comunque un segno positivo che abbiano fatto la loro comparsa sulla scena mondiale nuovi movimenti giovanili di contestazione. Non che anch'essi non mostrino molti ed evidenti segni di senilità precoce , dalla stantia retorica assembleare alle mascherate "tipo stadio", al linguaggio vetero-sessantottesco, alle eterne, sempre eguali, diatribe fra i "pacifici manifestanti" e i "black block".

Che cosa manca dunque a questo movimento?

Primo: un'analisi storica: "che cosa sta succedendo?"

Secondo, uno sforzo di interpretazione: "perchè?"

Terzo, uno slancio profetico:" potrebbe essere diverso?"

Quarto, un'affermazione di volontà: "come vorremmo che andassero le cose?"

Quinto,una strategia: "che cosa intendiamo fare affinché le cose vadano come noi proponiamo?"


Qualcuno potrebbe accusarci di un eccessivo disfattismo.Proviamo a dimostrare che mettere insieme tutte quelle cose non sarebbe una pretesa velleitaria, ma  sarebbe, invece, del tutto credibile che queste cose fossero pensate  e realizzate da parte di giovani intellettuali, come gli "indignados", che si pretendono "alternativi".


1.Le contraddizioni della tarda modernità

Il mondo in cui viviamo è tutto una continua contraddizione, non solamente per i fatti concreti che abbiamo denunziato, ma anche già dal punto di vista concettuale.

Tutti sostengono che la democrazia presuppone più di ogni altra cosa un'etica condivisa, ma poi nessuno sa trovare un fondamento per tale etica , la quale, nei fatti, non esiste, essendo la popolazione equamente divisa fra il più totale cinismo, l'ammirazione per la criminalità comune o politica, e opposti moralismi di matrice puritana o clericale.

Tutti sostengono che tanto lo Stato quanto le Chiese e i partiti devono "fare un passo indietro a favore del mercato", ma quegli stessi invocano, un giorno sì e l'altro pure, incentivi pubblici alle imprese, iniezioni finanziarie pubbliche alle borse , salvataggi delle stesse, ammortizzatori sociali, autorevoli interventi dei vescovi a favore dei più deboli, partiti più autorevoli e decisionisti.


Tanto il neo-liberismo internazionale quanto il keynesismo hanno con ciò mostrato i loro limiti, visto che l'uno porta all'implosione delle imprese (che pur si vorrebbero favorire, e invece vengono rese irreali, sfiancate, spolpate, fatte a pezzi, svendute, delocalizzate e liquidate), e il secondo all'ingessatura e al fallimento degli Stati (che dovrebbero essere il suo veicolo favorito, e invece vengono soffocati, paralizzati, beffeggiati, caricati di costi e di debiti, messi sul banco degli imputati o commissariati).

Ciò che sta accadendo non si spiega né in termini neo-liberistici, né in termini keynesiani, bensì solo in termini geopolitici. Questo incredibile mix di messianesimo e di imperialismo, di concentrazione di potere e di soft power, di fondamentalismo e di anti-autoritarismo, di parossistico leverage  creditizio  e di multinazionali inafferrabili, di deficit americano programmatico , di parità di bilancio europea e di surplus commerciale dei BRICS, ha potuto  sopravvivere  solamente grazie a  un' abnorme concentrazione del potere in Occidente, che falsa i termini del problema, ma non può più reggere, perchè non corrisponde più ai dati reali economici, demografici, culturali e militari.

E' ora in corso, attraverso infiniti scossoni,  un aggiustamento graduale, unica alternativa possibile alla Terza Guerra Mondiale.

L'"overstretching" dell' Occidente fa sì che neppure il "Quantitative easing", cioè stampare dollari all' infinito, riesca a fare ripartire l'economia americana, e che neppure il sostegno della "comunità internazionale" (comprese la Russia e la Cina, se non perfino l'Iran) permetta più alle truppe occidentali di vincere contro le guerre di popolo medio-orientali.

Questa situazione non può essere compresa né attraverso la "grande narrazione" marxista (che attribuiva alla globalizzazione un compito addirittura salvifico, non ammettendo, certo, la possibilità che essa potesse essere bloccata da popoli "arretrati"), né dalla teoria tecnocratica della modernizzazione (secondo cui tutti i Paesi avrebbero dovuto attraversare le stesse fasi storiche).

Le difficoltà economiche dell' Occidente derivano, in realtà, proprio dalla sua vittoria, la quale  rende manifesta l' "eterogenesi dei fini" della sua ideologia nello stesso modo in cui la vittoria dell' egemonia  marxista aveva messo in evidenza l' impossibilità della società comunista.

Rendere coerenti e razionali dall' alto i comportamenti di 6 miliardi di produttori e consumatori non è possibile, né attraverso "l'economia di amministrazione e comando" di un' internazionale comunista, né attraverso un mercato mondiale manipolato dalle lobbies di Wall Street.

Le società parziali e locali debbono poter cercare i loro sempre instabili equilibri con il concorso dell'economia, ma anche della cultura, della politica e delle religioni. Altrimenti, come al tempo delle rivolte di Berlino, di Poznan, di Danzica, si procede per strappi inconsulti dell'economia e per reazioni altrettanto inconsulte dfei cittadini .

2.La mancanza di senso

Solzhenitsin aveva già dimostrato che vivere in una società dominata da un'ideologia estrema porta a "vivere nella menzogna", in un mondo irreale e insostenibile. Lo stesso sta accadendo ora a noi.

Le spiegazioni del modo in cui ci stiamo comportando diviene sempre più evanescente: dobbiamo fare certe cose perchè "lo chiedono i mercati", "lo chiede l' Europa". Ma sono i mercati e l'Europa a non sapere cosa che vogliono.

I meccanismi congiunti  della dematerializzazione dei titoli e della speculazione e fanno sì che l'andamento dei valori mobiliari (e perfino immobiliari) sia determinato da previsioni o comportamenti di politici o di esperti, che poco o nulla hanno a che fare con i beni negoziati. Una dichiarazione pessimistica della Merkel sulla Grecia può fare crollare la Borsa di Shanghai.

Anche "l' Europa" non esiste, perchè la cultura che viene spacciata per europea è in realtà americana, e la forza obiettiva dell'affinità dei popoli e della continuità del diritto non basta a formare delle decisioni politiche se  non vi sono leaders dell' Europa che si sentano veramente tali.

Occorre  vedere la realtà di quanto sta succedendo veramente : leprogressive onde di assestamento dell' economia, ma anche della cultura e della politica, da Est a Ovest. Il passaggio dei BRIC, da importatori e consumatori di beni, di capitali, tecnologia, ideologia, ad esportatori netti. La necessità di adeguarsi, non tanto ai livelli salariali e alle condizioni sindacali degli operai (che rappresentano, tanto qui che là, una minoranza della popolazione, e che comunque si stanno livellando), quanto con una nuova e diversa apertura mentale delle classi dirigenti e tecniche, che devono diventare capaci di apprendere le lezioni dei BRICS.

3.Un progetto civile veramente nuovo.

Un noto anchorman, con origini nell' estrema sinistra, intervistando uno studente "indignato"  ha interrotto quest'ultimo, terrorizzato, perchè, a suo avviso, dalle confuse e stereotipate parole dello stesso sarebbe emersa un' idea "di...rivoluzione!". Parola ormai impronunciabile, e forse giustamente, perchè priva ormai di significato. Le rivoluzioni sono già state fatte, ma hanno cambiato ben poco.
Quindi, un nuovo progetto civile può, e, a nostro avviso, deve, essere seriamente innovativo, ma non può rifarsi alla vecchia pretesa di costituire il definitivo e risolutivo progresso dell' Ummanità. Essa deve essere volta a risolvere i nostri problemi di oggi, non già quelli dell' umanità in assoluto. Problemi che sono il controllo e il disciplinamento non più dell' uomo da parte dell' apparato, bensì dell' apparato da parte dell'uomo. Attraverso un reale autogoverno legato alle tradizioni culturali e locali. Attraverso un reale federalismo fra popoli affini. Attraverso la coesistenza pacifica fra culture diverse.Attraverso la diffusione di una cultura tecnico-umanistica capace di fronteggiare adeguatamente le macchine, e una rigorosa meritocrazia, capace di portare al vertice delle strutture sociali soggetti capaci di comprendere e indirizzare processi complessi come quelli attuali.

4.Un progetto culturale e politico

L'enorme confusione di identità e ideologie: libertà e nazione, classe e umanità, occidente e oriente, conservazione e rivoluzione, ricchi e poveri, capitalismo e socialismo, modernità e antimodernità, laicismo e fondamentalismo, operai e borghesi, rende impossibile comprendersi e confrontarsi.

Occorre intanto ritrovare un senso autentico e condiviso delle parole.Come per Confucio, una nuova era parte dalla riforma dei nomi.

Poi, un nuovo concetto del politico, che parta dalla complessità dell' essere umano, nelle sue caratteristiche razionali ma anche irrazionali, comunitarie ma anche individuali.

La società non deve avere come unico obiettivo lo sviluppo senza regole della produzione scientifica e tecnica, bensì una vita equilibrata dei cittadini. Le innovazioni tecnologiche e sociali, per quanto inevitabili, vanno introdotte solo quando non solo se ne sia esclusa la dannosità, ma se ne siano anche individuate l'utilità e il controllo.

Non è ammissibile che né l'economia, né la politica, ci sorprendano in ogni momento con novità impreviste e ineluttabili. Gli intellettuali devono reimparare a ragionare in termini di infinità, ipoltici a livello strategico, gli economisti a lungo termine, e gli stessi imprenditori almeno a medio termine.

I Paesi che hanno una cultura di questo tipo, come l'India, la Cina, e, in Europa, la Germania, sono quelli che risultano, oggi, vincenti.

Essendo, noi, in Europa, abbiamo molto da impararte dalla Germania: la sua "azione concertata", la sua "cogestione", la sua "concezione istituzionale dell' impresa", la sua valorizzazione della formazione in tutti i suoi aspetti.

 6. Esiste un percorso possibile per questa generazione?

Certo, anche il superamento delle difficoltà dell' oggi non è un fatto di breve periodo. Le nuove idee hanno bisogno di tempo per affermarsi. Lo strepito delle manifestazioni non è l'accompagnamento più opportuno per la nascita di nuove idee, che le nuove élites devono imparare a maturare nella solitudine, partendo dai massimi sistemi per arrivare poi alla politica propriamente detta. Ed  anche in questa, ci dev'essere un processo di apprendimento, che parte dalle cose più vicine, la città, l'identità, l' Euroregione, l' Europa.

Solo allora sarà possibile un confronto autentico e ad armi pari con gli idoli del presente.