mercoledì 20 giugno 2012

IL CAVALLO DI TORINO (A TORINÓI LÓ)

Vince un premio europeo un film che si riallaccia al soggiorno torinese di Nietzsche, e nessuno se ne accorge.


I torinesi vengono sempre a sapere con ritardo ciò che li riguarda più profondamente. Una delle opere che stanno riscuotendo un maggiore successo di critica è costituita dal recentissimo “Il cavallo di Torino”, dell’ungherese  Bela Tarr, vincitore, l’anno scorso, del Premio FIPRESCI alle Berlinali.

Titolo singolare, che ha, come esplicito riferimento, il cavallo che Federico Nietzsche, al termine del suo breve, ma straordinariamente produttivo, soggiorno torinese, abbracciò in Piazza Carlo Alberto a Torino, davanti alla sua stessa abitazione, colto da un empito di pietà nel vederlo crudelmente fustigato dal suo padrone.

Come ben noto, l’abbraccio di quel cavallo è l’inizio della follia conclamata del filosofo, quella che rese necessario l’arrivo d’urgenza dell’amico dottor Overbeck, il successivo ricovero a Basilea, e, infine, il soggiorno, fino alla morte  presso la sorella.

Al di là del fatto cronachistico (per altro ben studiato e descritto dal compianto Anacleto Verrecchia, che ci ha lasciati proprio in questi giorni, ed è stato commemorato il 9 maggio, giornata dell’ Europa, da Bruno Quaranta ), a noi pare che effettivamente quella scena sottolinei icasticamente lo scacco del filosofo che aveva definito, proprio in quei giorni, “la compassione” come “il più grande pericolo per l’Uomo Superiore”. 

Infatti, la sua grandiosa ricostruzione della storia della cultura (non solo europea, ché, infatti, partiva dai “Sanniasin”, da Jinna e Buddha) era tutta incentrata sull’improvvisa “crepa” che, nell’epoca più antica, si apre nell’“anima aristocratica” per effetto della “compassione”, così iniziando una strada che, lentissimamente ma inesorabilmente, avrebbe portato alla “décadence”, all’estinzione dello spirito vitale.

E, tuttavia, proprio perché quella faglia era per lui simbolizzata (ancora shopenhauerianamente) dall’improvviso empito del Buddha, di compassione per il mondo,empito contro cui l’umanità avrebbe dovuto resistere per non essere a sua volta travolta, è significativo il fatto che Nietzsche, per primo,. ne sia stato travolto, perdendo, per ciò stesso, il senno.

Non è certo questa la sede per indagare quello che è stato opportunamente definito come “il mistero di Nietzsche a Torino”. Tuttavia, rileviamo ancora una volta, qualora ve ne fosse bisogno, quanto il mito di Nietzsche a Torino sia sentito un po’ dovunque (soprattutto in Europa), e di quanto esso continui ad essere culturalmente produttivo, in quanto suscitatore di sempre nuovi stimoli per nuova creatività.

Quello che invece è singolare che oggi tutti si “arrampichino sui vetri” per cercare di rendere Torino più creativa, e poi, quando qualcuno, come per esempio nel nostro caso, in un altro Paese, senza alcuno stimolo da parte nostra, non solo si ricorda di questo mito letterario particolarmente "torinese", ma, addirittura, grazie ad esso vince addirittura un festival internazionale del cinema, nessuno si ricorda neppure di dircelo. Questo vuol dire partire con il piede sbagliato –vale a dire selezionare arbitrariamente taluni “filoni” della nostra tradizione culturale, ignorandone altri-.

La cosa più grave è che ciò significa, innanzitutto, misconoscere le profonde (e, talvolta, misteriose) corrispondenze che vi sono fra i più diversi filoni della cultura europea che passano per Torino, come per esempio il darwinismo di Lombroso e il Superuomo nietzscheano, fra Nietzsche e la “pittura metafisica” di De Chirico; fra il nietzscheanesimo e la concezione volontaristica e culturalistica del marxismo, propria di Gramsci, fra il “modernismo” e l’”occidentalismo” gramsciani e il taylorismo e fordismo del Senatore Agnelli; fra il precoce progetto europeistico di quest’ultimo e di Cabiati e l’europeismo sui generis degli intellettuali torinesi,- per esempio quello, a nostro avviso colpevolmente misconosciuto, da un lato del comandante ed eroe partigiano Duccio Galimberti, e, dall’ altro, dello storico valdostano, anch’egli comandante partigiano,  e co-autore della Carta di Chivasso, Federico Chabod; come per esempio le considerazioni sugli esiti paradossali e distruttivi a cui la  sintesi finale di tutte queste tendenze avrebbe portato, secondo le profezie di Del Noce, alla liquidazione della politica dinanzi alle pretese “dei mercati”.

Venendo, comunque, al film, esso è caratterizzato certo da quell’eccesso di intellettualismo e di perfezione formale che ha sempre contraddistinto la filmografia est-europea e nordica, cosa che, al tempo del Socialismo Reale, veniva contraddistinta, in Polonia, con l’espressione “Czeski Film” (“un fil cecoslovacco”). In effetti, nel film (in bianco e nero) non succede nulla tranne la morte di un cavallo. Il cocchiere e la figlia, che vivono in una dača isolata, in un paesaggio che ricorda certo più la Puszta che non le colline torinesi, reagiscono con un tono di freddo sconforto.
Quindi, come, e ancor peggio che, in certi film di Bergman o in “L’anno scorso a Marienbad”, non succede proprio nulla; solo grigie immagini di un grigio paesaggio, con grigi personaggi.

È già stata richiamata, a proposito di “A Torinoi Ló”, l’estetica di Lars Von Trier (che ce n’ha fornito recentemente uno splendido esempio con “Melancholia”, vincitore, anch’esso, alle Berlinali). Indubbiamente, vi è, in Tarr, tutto il pessimismo dell’Europa Centrale e Orientale (oltre che del Nord scandinavo), che, da sempre, non ha considerato la cultura come un ornamento mondano, bensì come una drammatica questione esistenziale: in questo caso, un’esasperata meditazione sul male e sulla morte.

Invece di agitarci per fenomeni folcloristici come la nuova Costituzione ungherese, perché non ci impegniamo maggiormente a conoscere la cultura dell’Europa Centrale e Orientale e a dialogare con essa?

PRIMO EVENTO CONGIUNTO SULL’EUROREGIONE FRA ALPINA E LE AUTORITA’


Si è svolto venerdì 11, al Salone del Libro, la presentazione del “Progetto Integrato Euroregione”, consistente nel libro, in via di edizione da parte della Casa Editrice Alpina con il sostegno della Regione Piemonte, “Attorno alle Alpi Occidentali”, e in altre iniziative per la diffusione della conoscenza dell’Euroregione Alpi-Mediterraneo.

 Il clamore delle polemiche intorno alla TAV da Torino a Lione dovrebbe già  bastare a farci comprendere che l’idea di un’Euroregione (cioè di un raggruppamento transfrontaliero di regioni fra l’Italia e la Francia) non è un’inutile fantasia burocratica, bensì corrisponde a reali esigenze del nostro territorio.

A nostro avviso,infatti,  proprio vicende come quella della TAV dimostrano che un dibattito senz’altro necessario in un sistema democratico, come quello circa l’opportunità o meno del nuovo supertreno, rischia di rimanere “sospeso a mezz’aria” se non viene calato nelle realtà concrete delle popolazioni interessate.

Gli avversari della TAV fanno valere, in sostanza, che il loro territorio offrirebbe un’esemplificazione concreta di come la crisi dell’economia globalizzata possa essere superata, in contesti circoscritti (come, per esempio, la Valle di Susa), da un’economia frugale e di prossimità, non già da un eccesso di tecnologia e di investimenti volto a favorire una mobilità priva di una seria giustificazione economica. E, tuttavia, paradossalmente, questo richiamo alla capacità di autogestione a livello locale delle comunità alpine rischia di essere irrealistica e autoreferenziale se essa ignora che quella società alpina che i contestatori invocano è, prima di tutto, una comunità transfrontaliera, e che soltanto il miglioramento delle comunicazioni attraverso le Alpi potrà renderla gestibile dal punto di vista politico ed economico.

Ma anche i difensori della TAV corrono il rischio di prestare il fianco a facili critiche dei loro detrattori, quando non sanno spiegare perché il risparmio di un’ora nella percorrenza fra Torino e la Francia dovrebbe giustificare gli ingenti investimenti e rischi ecologici di quella grande opera. Anche qui, si trascura di prendere in considerazione quanto possa essere necessario, proprio nei momenti di crisi e di conversione delle nostre economie, potenziare l’interscambio fra regioni così vicine e complementari come il Rhône-Alpes e il Piemonte. Ma, soprattutto, che la possibilità di spostarsi rapidissimamente fra Torino, Susa, Chambéry e Lyon renderà possibile la ricostituzione di un senso di comunanza culturale all’interno delle Alpi Occidentali, così rendendo possibile il formarsi di un soggetto politico euroregionale, capace di dialogare autorevolmente con Roma, con Parigi e con Bruxelles.

L’assenza, fino ad ora, di una sufficiente riflessione nei circuiti ufficiali, e di un’adeguata informativa attraverso i media, potrà dunque essere superata grazie all’impegno della società civile, e, in particolare, della Casa Editrice Alpina e del Comitato della Società Civile per Torino Capitale Culturale Europea 2019.

Tra l’altro, il discorso sull’Euroregione si incastra perfettamente nella campagna che il Comitato sta conducendo per la candidatura di Torino a Capitale Europea della Cultura per il 2019.Come dimostrano varie altre esperienze, come, per esempio, quelle di Lille, Lussemburgo e Maastricht, le città candidate al prestigioso titolo, che sono localizzate in prossimità delle frontiere interne dell’Unione Europea, hanno tutto l’interesse a collaborare, nella presentazione ed elaborazione della candidatura, con le regioni confinanti. 

Questa collaborazione accresce, infatti, il carattere europeo del progetto, così pure anche come la distintività dei contenuti della candidatura. A nostro avviso, proprio vicende come quella della TAV dimostrano che un dibattito senz’altro necessario in un sistema democratico come quello circa l’opportunità o meno del nuovo supertreno rischia di rimanere sospeso a mezz’aria se non viene calato nelle realtà concrete delle popolazioni interessate.

Fino a poco tempo fa, gli abitanti del Nord-Ovest d’Italia erano convinti di essere cittadini, oltre che dell’Europa e dell’Italia, forse solo della Padania.Ora non è più così, e, ciò, non solamente a causa dello stallo del progetto padano, bensì anche, e soprattutto, a causa dei punti a loro favore segnati dai seguaci dell’Euroregione Alpi Mediterraneo (Alpmed, o, per chi preferisce, Medalp), i quali, dopo ben trent’anni di tentativi, stanno riuscendo a portare alla ribalta il loro progetto euroregionale.

Non che l’Euroregione non esistesse già da alcuni anni, grazie agli Accordi di Bard del 2007, non che non avesse ancora ottenuto riconoscimento giuridico (che, anzi, la nostra Euroregione è stata la prima a ottenere, dall’Unione Europea e dai governi interessati, un riconoscimento giuridico ufficiale, nella forma del GECT) - e, tuttavia, fino ad ora, l’Euroregione non era mai sostanzialmente uscita dalla logica della tecnocrazia brussellese, per entrare nel dibattito vivo fra Autorità, forze politiche e cittadini-.

Infatti, come conferma il portale specialistico Medalp: “gli interventi di comunicazione verso il pubblico sulle tematiche regionali sono stati al minimo, con addirittura un moto di aggiornamento sul sito ufficiale di almeno 7 mesi”.

Per i promotori del nostro “Progetto Integrato”, la Casa Editrice Alpina e il Comitato della Società Civile per Torino Capitale Europea della Cultura, l’Euroregione come realtà culturale esiste invece già da tempo immemorabile, vale a dire da quello  dei pastori nomadi del Mont Bégo, delle 3 Provinciæ Alpinæ dell’Impero Romano, dei Regni dei Burgundi e di Arles, fino alla storia millenaria degli Stati di Savoia.

La Casa Editrice Alpina e l’Associazione Culturale Diàlexis proseguono così, sostenute dal Comitato della Società Civile per Torino Capitale Culturale 2019, nella loro battaglia per proporre al pubblico temi culturali e politici che, pur essendo, in linea di principio, di importanza centrale per tutti, sono stati,  in realtà, negletti, tanto dalla classe politica, quanto dall’establishment culturale.

Presenti alcuni  dei principali attori: l’Assessore alla Cultura del Comune di  Torino, Maurizio Braccialarghe, il Presidente di Unioncamere Piemonte, Paolo Bertolino; lo storico di Nizza e dei Paesi di Savoia Dominique Escribe.

PRESENTAZIONE DEL LIBRO “TORINO, SNODO DELLA CULTURA EUROPEA” AL CIRCOLO DEI LETTORI


Durante l'incontro del 9 maggio al Circolo dei Lettori di Torino, in occasione delle celebrazioni dell'Europa, Giovanni Maria Ferraris (Presidente del Consiglio Comunale di Torino) presenta libro curato da Riccardo Lala (ed. Alpina): "TORINO, SNODO DELLA CULTURA EUROPEA"

Il nucleo centrale dell’opera è costituito da un abbozzo di riflessione sul futuro della cultura nel Nord-Ovest d’Italia, articolantesi attraverso una riflessione sulla situazione di crisi endemica dell’economia e della società, sull’emergere di nuovi standards di competitività fra territori a livello locale, ma anche mondiale, e, infine, sulla mappatura dei vari aspetti delle attività culturali.
Ne emerge la necessità, per il territorio del Nordovest, di abbandonare un certo atteggiamento “di basso profilo”, in fondo fatalistico, per avviare, invece,  un processo volontaristico, avente, come capisaldi, la valorizzazione delle tradizioni culturali, l’internazionalizzazione, l’inserimento in Europa, una visione olistica del Territorio (che comprenda l’Euroregione Alpi Mediterraneo) e della cultura (che dovrà comprendere anche la formazione, la ricerca scientifica, le industrie culturali e creative, le professioni intellettuali, il turismo, la valorizzazione del territorio, eccetera).
Vi è, infine, una snella documentazione sui progetti già elaborati, realizzati e/o in via di realizzazione, da parte dei promotori, e sulle attività formali del Comitato.

IL 9 MAGGIO TUTTI AL CIRCOLO DEI LETTORI PER COMMEMORARE SCHUMAN

Grande vittoria del Comitato della Società Civile per Torino Capitale Culturale 2019: centinaia di spettatori presenti per 10 ore al Circolo dei Lettori per parlare di Europa 



Grande animazione, per tutta la giornata, al “Circolo del Lettori”, per un’iniziativa inconsueta, alla quale la Città ha reagito con grande disponibilità. La Giornata dell’Europa (9 maggio), per tanti anni confinata a stanche manifestazioni ufficiali destinate a un ristretto numero di addetti ai lavori, e/o a pubblici di politici, di pubblici dipendenti e/o studenti, si è finalmente aperta alla più vasta platea degli intellettuali, della società civile, delle imprese, dell’associazionismo, delle infinite ramificazioni internazionali della nostra città.

Tra i numerosi interventi citiamo, in ordine cronologico: Veronique Vouland Aneini (Console generale di Francia a Torino e Genova), Giampiero Leo (Consiglio Regionale del Piemonte), Maurizio Braccialarghe (Assessore alla Cultura del Comune di Torino), Franco Cardini (Università di Firenze), Ugo Perone (Assessore alla Cultura della Provincia di Torino), Giovanni Maria Ferraris (Presidente del Consiglio comunale della città di Torino), Alfonso Sabatino (AICCRE Piemonte), Sergio Foà (Università di Torino), Mercedes Bresso (Consigliere Regione Piemonte e Presidente del Comitato delle Regioni dell'Unione Europea), Mauro Carmagnola (Presidente dell’Ass. Cult. “Il Laboratorio”), Muro Margrita (Ass. “Puzzle Riflessi Liquidi”), Vanessa Carioggia (Galleria Sant’Agostino), Chen Ming (Presidente dell’Ass. “Nuova Generazione Italo-Cinese), “i Rabdomanti” di Milano, Petre Cristea (Ass. Cult. Rumena “Flacara”), Dominique Escribe (Storico di Nizza e dei paesi della Savoia), Giuseppe Uzzo (Compagnie de Savoie), Donato Ladik (Premio Pertinace) presenta Marco Casazza (Università di Torino), Bruno Quaranta (Giornalista de “La Stampa”), Antonio Accettura (testimonianza del Gruppo Toirinese Avio), Guido Jacobacci (Presidente di Jacobacci & Partners), Francesca Bisaro (Ass. Italiana Giuristi d’Impresa), Riccardo Lala (organizzatore dell'evento e CEO di Alpina s.r.l.)