sabato 18 dicembre 2010

SINGULARITY


Kurzweil’s Theories Shade Confused Threat on Future of Mankind. Les théories de Kurzweil jettent une certaine confusion sur l’avenir de l’humanité.Kurzweils Theorien verursachen gewisse Unsicherheit über Menschheits Zukunft.

Un tema che non è fino ad ora sufficientemente conosciuto è quello relativo agli sforzi, attualmente in corso, soprattutto da parte di una serie di scienziati e di fondazioni della California, per accelerare al massimo i tempi dello sviluppo della cibernetica e dell’intelligenza artificiale, fino al momento in cui le “Macchine Intelligenti” (ma, ora, è invalsa l’abitudine di chiamarle “Macchine Spirituali”) supereranno, come intelligenza e come creatività, l’uomo stesso.

Il teorico di questa evoluzione, Ray Kurzweil (autore del libro “Singularity”), sostiene addirittura che, grazie all’applicazione del “Reverse Engineering” (cioè, di quella tecnica che permette di progettare un apparato attraverso l’imitazione delle sue caratteristiche esterne e la ricerca, con l’intelligenza artificiale, dei parametri utilizzati nel suo funzionamento interno), il momento in cui la macchina raggiungerà l’uomo va situato non già, come Kurzweil aveva ipotizzato in un primo tempo, nel 2050, bensì, addirittura, già nel 2030.

Questo è il momento che viene definito, da Kurzweil come “Singularity”, cioè quello in cui l’uomo e la macchina divengono una cosa sola. L’idea della “Singularity” esce, così, dal campo delle definizioni tecniche, per allargarsi sempre più alle sfere della futurologia, della sociologia, e, perfino, della religione e della mistica.Le incredibili nuove capacità delle macchine dovrebbero, infatti, permettere all’uomo non solamente di realizzare compiti fino ad ora perfino inimmaginabili, ma perfino di trasferire l’aspetto psicologico, e perfino... “l’anima”, individuali in una macchina, o in un programma di software, rendendola, così, “eterna”.

L’insieme delle implicazioni di siffatte evoluzioni non è stato ancora adeguatamente studiato.

Ma c’è di più: quei futurologi ed autori di “science fiction” che si erano, a loro tempo, occupati della questione, ne avevano concluso che, molto probabilmente, l’esito di questi sviluppi sarebbe stato catastrofico. Primo e fondamentale esempio: secondo Asimov, che scriveva negli Anni ’20, il tentativo, da parte degli uomini, di impedire che la creatività dei “Robot” si rivolgesse contro gli uomini stessi, sarebbe stato necessariamente destinato a fallire. Infatti, almeno secondo il punto di vista darwinista (che è quello adottato dalla cyberingegneria), ogni specie finisce per sviluppare quelle capacità che meglio si prestano alla sua sopravvivenza, e, ciò, attraverso degli scostamenti dal suo codice genetico originario. Orbene, nel caso in cui, come si presume, i progettisti umani inserissero, nel “codice genetico” dei robot la prescrizione che ogni attività di questi dev’essere rivolta al bene dell’umanità, la legge dell’evoluzione della specie farebbe sì che si sviluppino, e prevalgano, piuttosto quei “robot” che, forse anche solo a causa di un errore di progettazione, non rispettassero tale requisito, ed, anzi, al contrario, privilegiassero, nei loro comportamenti, la sopravvivenza ed il benessere dei robot.

Il famoso (e controverso) “principio di precauzione” impone, di certo, un momento di riflessione.

Ma, purtroppo, il “momento di riflessione” non può neppure essere lungo, in quanto il 2030 è alle porte. Oltre tutto, a nostro avviso, una questione come questa, la coesistenza fra uomo e robot, non è certo qualcosa che possa risolversi con una riflessione, per così dire, “puntuale”, vale a dire utilizzando, semplicemente nel momento del bisogno, le capacità culturali e politiche al momento esistenti.I nfatti, quando parliamo di “crisi della cultura” e di “crisi della politica”, intendiamo dire proprio che non c’è, ad oggi, con l’attuale cultura e con gli attuali sistemi politici, la capacità di affrontare efficacemente e tempestivamente le grandi emergenze. Anzi, al contrario, secondo quanto affermano autori come Emanuele Severino, i meccanismi politici, economici e sociali attuali fanno sì che, in ultima analisi, tutte le realizzazioni tecniche che sono fattualmente possibili in un dato momento, vengano pressoché puntualmente realizzate, senza alcuna valutazione preliminare.

Occorre pertanto partire subito ad ideare una riforma della cultura e della politica che permetta di affrontare questi temi in modo più efficace.

L’idea, da noi lanciata, di un’“Accademia Europea” mira proprio a creare i presupposti, culturali, ma anche tecnici e sociali, per questo tipo di riflessioni.

venerdì 17 dicembre 2010

DA LISBONA A VLADIVOSTOK


Recent Days Proposals from Russia Ignored by European Media. Les propositions russes des derniers jours ignorées par les médias. Russlands Vorschläge der letzten Tagen von europäischen Medien ignoriert.

Mentre pagine e pagine dei quotidiani italiani (ed anche di alcuni altri Paesi europei) vengono dedicate alle fughe di notizie di Wikileaks, ed, in particolare, alle assolutamente non provate irregolarità che circonderebbero i notevolissimi affari realizzati negli ultimi anni in Russia dalle imprese italiane, quegli stessi media ignorano nel modo più sistematico le proposte estremamente articolate (che possono piacere o non piacere) dello Stato russo agli Europei, per fare avanzare la stessa costruzione europea, che sembra praticamente bloccata dalle incertezze e dai dissidi interni sulle principali questioni economiche, istituzionali e di politica estera.

Innanzitutto, sono alcuni anni che il Presidente Medvedev continua a proporre, anche se con scarsi risultati, la definizione, attraverso trattati, di un nuovo sistema di sicurezza e di difesa in Europa, che sostituisca gli schemi, anche giuridici, dei tempi della Guerra Fredda, che non sono più attuali. Medvedev non si è limitato a questo, ma ha compiuto ancora un altro, grandissimo, passo in avanti per ciò che concerne lo scudo anti-missile, per il quale la Russia si è dichiarata disposta a collaborare alle stesse condizioni dei Paesi membri della NATO. Orbene, tali condizioni erano state fissate, nel Vertice di Lisbona, il giorno prima dell’arrivo di Medvedev, su richiesta del Primo Ministro turco Erdogan:

- lo “scudo” deve, ovviamente, coprire il territorio di tutti i Paesi partecipanti;

- ogni Paese partecipante deve partecipare a tutte le informazioni ed alla gestione del segmento relativo al suo territorio;

- lo scudo non deve essere indirizzato contro alcun Paese in particolare.

Pochi giorni dopo, ad un incontro con le forze economiche tedesche, Vladimir Putin ha lanciato un ambizioso progetto di cooperazione economica e culturale, atto a colmare le lacune sentite da tutti gli Europei nell’attuale fase di integrazione dell’Unione Europea: l’assenza di una politica economica, di una politica energetica e di una politica culturale comuni. La complementarietà fra Europa e Russia, soprattutto in campo economico (materie prime contro tecnologia e macchinari) è così spiccata, che una politica programmata di interscambio privilegiato (un Mercato Comune Euro-Russo) permetterebbe, agli Stati Europei, di superare la crisi, ed, alla Russia, di fare fronte al deficit di tecnologia che rallenta il suo processo di “modernizzazione”.

Questo accordo globale dovrebbe essere integrato da un accordo di interscambio culturale (professori e studenti), e da un accordo sulla liberalizzazione dei visti.

Ancora più recentemente, alcuni illustri economisti russi hanno proposto che la Russia garantisca anche, con un accordo-quadro, all’Unione Europea, l’assorbimento di certe sue produzioni, e, perfino, una partecipazione alla stabilizzazione dell' Euro.

Nel recentissimo vertice UE-Russia, è stato superato anche l’ostacolo dell’opposizione della UE all’ingresso della Russia nel WTO.

Infine, nell’ancor più recente incontro annuale fra Italia e Russia, tenutosi a Sochi ed a Krasnaya Poljana, sono stati firmati innumerevoli accordi, relativi, fra l’altro:

- alla costruzione in Russia di automobili della Fiat ed autoblindo dell’Iveco;

- alle centrali nucleari.

L’insieme di questi accordi dà indubbiamente, insieme a quanto già operativo (come il superjet fabbricato dalla Sukhoi con il supporto di Finmeccanica e Giugiaro), una grossa spinta alla ripresa dell’economia italiana, inserendosi nel quadro della collaborazione rafforzata con la UE.Anche i Francesi stanno finalizzando in questi giorni la vendita alla Russia di quattro portaelicotteri Mistral.

È veramente singolare che, a parte la Sueddeutsche Zeitung, che ha lanciato il tema con un articolo dello stesso Putin, nessuno dei mezzi di comunicazione europea abbia conferito il necessario rilievo a queste notizie.

Questo, soprattutto, in un momento in cui, a causa della crisi economica, la UE sta cercando disperatamente, ma, ahimé, in gran parte ancora infruttuosamente, nuove strade per rilanciare la propria economia, e, nel contempo, anche la collaborazione fra gli Europei.

AUTENTICITA' E "COSCIENZA INFELICE"


Potter’s New Book Emphasizes Contradictions of Authenticity Rhetorics. Nouveau livre d’Andrew Potter met en exergue les contradictions des « rhétoriques de l’Authenticité ».Potters letztes Buch emphatisiert Gegensaetze in der "Rhetorik der Autenticität".

Abbiamo già espresso, nel nostro precedente post, il nostro tributo agli Autori americani che collaborano a “The National Interest”, rivista di cui non condividiamo certo, al 100%, l’impostazione, ma di cui non possiamo, tuttavia, non sottolineare l’invidiabilmente alto livello.

Come abbiamo recensito con il massimo interesse l’articolo di Fred Baumann sulla crisi del concetto di umanesimo, così non possiamo neanche passare sotto silenzio l’altrettanto interessante recensione di R. Jay Magill Jr.,The Unreal Thing” (The American Interest, Vol. VI, N. 1, September/October 2010, pag. 104), dedicata ad un altro tema altrettanto scottante per ciò che riguarda le culture che fanno riferimento al “Canone Occidentale”: la "retorica dell’autenticità".

Come giustamente rileva l’Autore, la ricerca dell' autenticità costituisce una costante della cosiddetta "modernità occidentale"-una ricerca che passa attraverso tappe oramai consacrate, come, per esempio, la morte di Socrate, le opere di Lutero, Calvino, Rousseau, Thoreau, l’“alienazione” marxiana, la pittura contemporanea, eccetera.


Come rilevava già Thorstein Veblen, nelle moderne società capitalistiche, la ricerca dell’autenticità è strettamente legata ad un’affermazione di “status”, e, nella postmoderna società del ceto medio, al “feticismo della merce”.

La realtà è che l’idea, intrinsecamente rousseuiana e nietzscheana, dell’“autorealizzazione” è impossibile a conciliarsi, checché ne pensino Rorty e Vattimo, con l’“ideologia dell’eguaglianza” tipica dell’Occidente americanocentrico.

Un “riconoscimento” ben più efficace della propria “autenticità” era garantito, paradossalmente, molto meglio, come osserva l'armeno Ter Levossian, dagli antichi Imperi e dalla loro “integrazione differenziata”, che non dalle attuali democrazie, ove vigerebbe (ma solo teoricamente), l’“individualismo di massa”, ma, invece, si oscilla, di fatto, fra due estremi: da un lato, l’omologazione totale su una “way of life” assolutamente conformistica e meccanizzata, e, dall’altro,il potere incontrollato delle oligarchie del denaro.

Come nel caso precedente, crediamo che Paesi diversi, come, per esempio, l’Europa, ma anche Israele, i Paesi Islamici o l’India, siano (paradossalmente) meglio in grado di fare fronte alla crisi della “retorica dell’autenticità” di quanto non possa fare l’America. Infatti, avendo, l’America, rifiutato “a priori” ogni continuità con la pluralità (e, se si vuole, l’irrazionalità) delle “identità ereditate” delle società tradizionali, essa non è in grado di offrire, ai propri cittadini, alcun punto di riferimento per sfuggire, nella loro “ricerca di autenticità”, alla vuotezza della città tecnologica postmoderna.

Sono, invece, paradossalmente, proprio gli Europei, che sono all’origine delle contraddizioni dei concetti dell’Umanesimo e dell’Autenticità, ad essere quelli che (volendo e potendo), potrebbero pronunziare una parola risolutiva su questa questione.


INTERMINABILE DIBATTITO SULL'UMANESIMO


Important Article in The American Interest reopens debate.Le débat est réouvert par un intéressant article de « The American Interest ».Ein wichtiger Artikel in „The American Interest“ öffnet Debatte wieder.

Come non abbiamo mancato di porre in evidenza in tutte le possibili occasioni, il fatto che nostro interesse culturale prevalente sia costituito dall’Identità Europea non può significare in alcun modo che ci disinteressiamo a ciò che sta avvenendo negli altri Continenti.

Ciò, in particolare, quando le evoluzioni in corso sono strettamente legate al dibattito sull’Identità Europea, come è il caso, “in primis”, del dibattito fra gli intellettuali americani circa l’avvenire dell’“idea di umanesimo” e del “mito dell’autenticità”.

Ciò che troviamo di particolare interesse, del documentatissimo articolo di Fred Baumann in “The American Interest” (Vol. VI, N. 1 September/October 2019), intitolato “Humanisms’s Four Stages - The struggle to define what we mean by human has not succeeded. But that’s no reason to give up now, Men & Machines," pag. 83),è la sua capacità di ripercorrere, con estrema precisione, profondità e criticità, a partire dalle “radici classiche” dell’Europa, fino alla “Tarda Contemporaneità” occidentale, la contraddittoria idea di “Umanesimo”.

Risparmiamo, ai nostri lettori, da un lato, la sintesi della complessa (anche se interessantissima) ricostruzione storica di Baumann, e veniamo alla conclusione dell’Autore, secondo la quale, nonostante che la storia del concetto dimostri che i suoi teorizzatori non avevano (e non hanno) alcuna idea chiara in proposito (e, ciò, in particolare, nella nostra era “Tardo-Contemporanea” in cui gli intellettuali “umanisti” sono confrontati con il “post-umano”), il tema è essenziale ancora oggi e merita di essere riproposto.

A noi pare che quest’ analisi puntuale, documentata ed obiettiva, valga tanto per l’America, quanto per l’Europa.

Diremo di più. Proviamo una grande invidia dinanzi alla capacità di intellettuali, come Baumann, ed a riviste come “The National Interest”, di formulare in modo così chiaro temi così scomodi per i propri lettori e per le proprie “constituencies”.

In effetti, si tratta, in gran parte, di una “genealogia” particolarmente critica nei confronti degli intellettuali europei ed americani degli ultimi anni e della loro inconcludenza.

E condividiamo anche (e come potrebbe essere diversamente?) l’idea di Baumann che, nonostante tutti questi fallimenti, qualcosa vada tentato, tutti insieme, per salvare (e/o fare rivivere), se non l’“Umanesimo”, quelle esigenze e quei valori ai quali gli intellettuali “umanisti”, seppure vagamente, aspiravano.

Per quanto in forma problematica e tentativa, crediamo esista un modo di concepirci come “difensori dell’umano” nell’“Era delle Macchine Spirituali”: proprio e soltanto rievocando culture, come quelle mitiche, nelle quali la compresenza di Umano e Non Umano (Divino, Semi-divino, Sub-umano, Diabolico, eccetera) era ben radicata.

Un “ritorno” che, per l’America, un Paese “assolutamente nuovo”, che avrebbe voluto fare “tabula rasa” del passato, non è, probabilmente, possibile quanto può esserlo qui da noi.