venerdì 29 gennaio 2010

DUE MUSEI SULL' EUROPA

Two Museums on Europe Show Actuality of The Search for European Identity. Deux musées sur l' Europe démontrent l' actualité de la recherche de l' identité européenne. Zwei Museen ueber Europa zeigen die Zeitmaessigkeit der Suche nach europaeischen Identitaet.

Mentre ci stiamo muovendo con l' obiettivo di portare a Torino la mostra sulla civiltà danubiana, ci siamo accorti che quella che era, da anni, una nostra proposta, cioè il "Museo dell' Europa" ha cominciato a trovare attuazione, sebbene con due "tagli" completamente diversi, a Roma e a Bruxelles.

Il Museo Virtuale delle Radici Europee(http://www.europeanvirtualmuseum.it//virtual_museum/), coordinato dal Museo Pigorini di Roma, e composto dei Musei archeologici di Roma, Berlino, Vienna, Atene, Budapest, Bucarest e Sofia, è sorto come progetto europeo finanziato dal programma Leonardo da Vinci. E', praticamente, un catalogo fotografico sistematico dei principali reperti preistorici dei musei aderenti, ccome pure delle passeggiate archeologiche connesse. Esso segue essenzialmente tutta l' evoluzione della "civiltà danubiana". Per questo motivo, il museo presenta aspetti di sovrapposizione con la mostra tra che intenderemmo portare a Torino. I reperti possono essere visualizzati in modalità tridimensionale.La didattica collegata al museo virtuale è abbastanza neutra.Non possiamo, infatti, dimenticare che questo tipo di manifestazioni culturali da' spesso luogo a grandi dissapori. Questo dimostra quanto il discorso sulle "radici" sia "caldo".

Il Musée de l' Europe, di Bruxelles (http://www.expo-europe.be/) si riferisce all' Unione Europea, ha un orientamento moderno, e gioca molto su un sistema di "installazioni". E' stato aperto per i 50 Anni dei Trattati di Roma, e si è posto anche in funzione promozionale della "Rete dei Musei dell' Europa", che riunisce una serie di musei storici e antropologici, ma non così specialistici.

Certo, l'esistenza di questi due musei potrebbe togliere un poco di originalità alle nostre attività di promozione della ricerca dell' identità europea, almeno in campo museale. Pero, nel contempo, ne dimostra anche l'esigenza, e ne costituisce un autorevole precedente. Tra l'altro, visto l' approccio adottato dai due musei, c'è, ancora, moltissimo spazio, per i 3000 anni intermedi, che sono i più densi di avvenimenti e di reperti.

Chi è interessato a quest progetti, si faccia vivo

riccardo.lala@alpinasrl.com

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STRANE INDISCREZIONI SUL PROGRAMMA DEL CENTRO-DESTRA IN PIEMONTE

Project to "Unify Electoral Campaign" for Lombardy, Veneto and Piedmont. Un projet d'unification des campagnes électorales pour les Régions de Lombardie, Venétie et Piémont? Projekt fuer die Vereinigung der Wahlkampagnen in Lombardei, Venetien und Piemont?

Nell' ambito delle polemiche all' interno del Centro-Destra sulla candidatura Cota, è emersa la strana affermazione che la coalizione "per rafforzare la candidatura di Cota", intenderebbe "unire le campagne elettorali delle tre regioni".

Si tratterebbe di una novità nella vita politica italiana. Novità per altro possibile se i tre programmi fossero coordinati. Il che potrebbe anche voler dire che sono "milanocentrici", come ci sarebbe da aspettarsi da un candidato della Lega e del Piemonte Orientale.

Se questo fosse il caso, il Centro-Destra farebbe ciò a suo rischio e pericolo. Infatti, abbiamo rilevato, già dalle reazioni al nostro blog, che l'avversione ad una "annessione alla Lombardia" è uno dei pochi motivi che riescono a scuotere l' apatia degli elettori piemontesi.

Ne sono la prova i commenti ricevuti al post "Ugo Perone contro Mito".

Non che non vi siano argomenti anche a favore del Progetto MITO.Ma questi argomenti interessano sostanzialmente il Piemonte Orientale, non già tutto il Piemonte.Come avevamo cercato di mostrare in un altro precedente post, dalle stesse mappe etnografiche e glottologiche elaborate dai circoli autonomisti, risulta che, in Pemonte, vi sono tre distinte fasce etno-culturali: quella alpina, di tradizioni allogene e alloglotte; quella del Piemonte Centrale, e quella del Piemonte Orientale, affine alla Lombardia.

Un governo della Regione deve tenere conto di tutte le tre componenti dell' identità piemontese, non di una sola.In particolare, non può non tener conto del ruolo di Torino, che risulterebbe svuotata dal "Progetto Mito".
Senza contare che, proprio quest'inverno, il meccanismo del pendolarismo dal Piemonte a Milano (che sarebbe al centro del Progetto Mito), ha subito duri colpi, come i ritardi di un' ora della neo-inaugurata TAV, come pure il blocco e/o il totale rallentamento di tutti i treni dall' area milanese, che abbiamo segnalato in un altro recente "post".

Pertanto, crediamo che, se il Centro-Destra dovesse veramente scegliere quella linea politica, correrebbe seriamente il rischio di perdere le elezioni.
Per parte nostra, saremmo lieti di porre questo blog al servizio di un' azione "bipartisan" per dissuadere i politici dal percorrere la strada di "MITO", ed, invece, per ricordare loro che facciamo parte di un' Euroregione, di cui nessuno sembra neppure ricordarsi.

Riccardo.lala@alpinasrl.com

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giovedì 28 gennaio 2010

UNA POLITICA ECONOMICA PER L'EUROPA (CONVEGNO A TORINO)


Important presentation, by the Center for the Study of Federalism in Turin, of Dario Velo's Book "The Government of the Economic Development and of Innovation in Europe" . La présentatin, de la part du Centre pour l' étude du Fédéralisme à Turin, du livre de Dario Velo "Le gouvernement du développement économique et de l' innovation en Europe". Eine wichtige Vorstellung, von der Seite des Instituts fuer das Studium des Foederalismus, in Turin, von Dario Velo's Buch "Die Lenkung der Wirtschaftlichen Entwicklung und der Innovation in Europa.


Il convegno del 28

E' doveroso un encomio al Centro Studi del Federalismo di Torino, che organizza ininterrottamente, a Torino, manifestazioni del massimo livello accademico sul tema del federalismo, europeo e mondiale, con ciò supplendo anche alle carenze della società civile e delle Istituzioni.

E', infatti, a nostro avviso, inaccettabile che una regione, come quella torinese, profondamente marcata da una tradizione europea, dedichi così poco spazio alle iniziative europee. Lode dunque a quelle "minoranze attive" che, nonostante il disinteresse generale, operano ,nella quotidianità, per mantenere viva questa fiammella . Già l'altro ieri avevamo avuto modo di segnalare, seppure con una nostra interpretazione molto soggettiva, l'altro importante convegno del Centro per gli Studi sul Federalismo, sull' integrazione latino-americana. Il convegno di ieri era ancora più importante e centrale, perchè trattava di un tema incredibilmente focale per noi Europei: la politica economica dell' Europa.

Il convegno era dedicato al libro del Professor Dario Velo, "Il governo dello Sviluppo economico e dell'innovazione in Europa".Relatori: Antonio Padoa Schioppa, Presidente del Centro Studi sul Federalismo; Oreste Calliano, Università degli Studi di Torino; Alfonso Iozzo, membro del Consiglio del Centro Studi sul Federalismo, Giorgio Pellicelli, Università di Torino.

Il Prof. Velo, autore del libro, ha sottolineato la complementarietà economica fra Europa Comunitaria e Stati Uniti' , mentre Alfonso Jozzo e Oreste Calliano hanno posto maggiormente in evidenza la specificità europea, che, come ha detto Calliano, è apprezzata anche da una parte degli Americani, per esempio Jeremy Rifkin. Tutti si sono trovati d' accordo nel rilevare le aperture che il Trattato di Lisbona fa ad una politica economica europea, là dove ridimensiona il ruolo eccessivo della politica della concorrenza, ma anche là dove inserisce nelle competenze europee due settori importanti come spazio e turismo.A questo ultimo proposito, è stato da tutti ribadito che la cultura europea, in particolare quella giuridica, dovrebbe svolgere un ruolo più proattivo nella formazione delle politiche europee.

Attualità del tema

L'attualità di questo tema è dimostrata dalla prossima riunione sull'economia promossa dal nuovo Presidente van Rompuy, oltre che dagli scottanti "dossier" oggi in discussione, fra i quali i due che riguardano l' Italia (Fiat e Telecom).

Qui ci limitiamo a constatare che la sopravvalutazione delle politiche europee di concorrenza abbia portato a vere e proprie distorsioni. Per esempio, una delle ragioni per cui in Europa vi è una crisi di sovrapproduzione è che gli Stati est-europei, prima di aderire alla UE o durante il periodo transitorio, concedono generosi incentivi di durata lunghissima alle case automobilistiche che intendano istallarvisi. Quindi, si costruiscono più nuovi impianti di quanti sarebbero necessari. Un altro caso è quello della presa di posizione della commissaria alla concorrenza contro l' accordo Germania-Magna, presa di posizione fomentata dai Governi dei Paesi Europei dove la Magna voleva chiudere le fabbriche. Questa presa di posizione incoraggiò coloro che, alla GM e nel Governo americano, volevano la violazione degli accordi con la Magna.

Praticamente ogni volta che c'e un merger o un'acquisizione, tutti i Governi europei si schierano da varie parti della barricata, a seconda della nazionalità del compratore e degli stabilimenti. Non esistono regole concordate. Mentre (come è stato giustamente rilevato durante il convegno), occorrerebbe favorire le imprese comuni a livello comunitario, in realtà di imprese di questo tipo ce ne sono pochissime, e anche quelle che esistiono (come EADS) non sono percepite veramente come "imprese europee", sono lacerate da faide interne ed osteggiate dai Paesi non partecipanti.

In pratica, tutti gli Stati Membri vorrrebbero avere la proprietà e il comando di tutte le aziende, ed avere almeno un' azienda di ogni tipo, come ai tempi dell' autarchia. Impensabile parlare di specializzazioni e di vocazioni nazionali concordate e/o contrattate a livello europeo.

Inoltre, tutti gli Stati membri sono troppo deboli per fronteggiare una situazione mondiale di lotta economica globale, di tutti contro tutti, in cui i grandi Stati usano mezzi leciti e no, e, soprattutto, fanno un uso imprevedibile delle nuove tecnologie dell' informazione.Significativa la scena dei BASIC riuniti in segreto a Copenhagen, ma scoperti e raggiunti da un Obama non invitato.Significativa la polemica fra USA e Cina, in cui l' unica cosa certa sarerebbe che ambedue i Governi disporrebbero di qualche decina di migliaia di Hackers intenti a destabilizzare gli altri Paesi del mondo con sabotaggi di internet ed altre azioni di disturbo. Qualcosa di simile a quanto accaduto fra la Russia e Paesi Baltici, e che ha dato luogo alla creazione di un'apposita agenzia NATO.Tipico anche il "complotto" di disinformazione contro le economie di Grecia e Spagna, denunziato ieri a Davos da Papandreu e Zapatero.

Alcune considerazioni personali sul lungo termine

Di fronte a queste situazioni, come reagire?

E' chiaro che non si possono mescolare il discorso a breve, profondamente legato ai condizionamenti giuridici, storici e politici, esistenti, e un discorso "a regime".Inoltre, il programma a breve della Commissione in questo campo è già segnato dalle dichiarazioni al Parlamento di Barroso e dei nuovi Commissari.

"A termine", cioè quando l' Unione Europea fosse veramente compiuta, è chiaro che l' Europa dovrebbe essere in grado innanzitutto di razionalizzare in profondità il proprio sistema economico, evitando inutili duplicazioni e dedicando le risorse così rese disponibili ad altre attività.Questo dovrebbe avvenire per le strutture produttive, ma anche per le politiche di incentivazione. che, adesso, almeno, non vengono più demonizzate, bensì considerate come normali, e, infine, per le stesse strutture dell' Unione, che sono diventate troppo dispersive.Basti pensare al fatto che le politiche economiche sono attualmente disperse fra almeno 15 dicasteri.

Per ciò che concerne le strutture produttive,sui grandi mercati internazionali (per esempio, aerospaziale, automobile, elettronica, farmaceutica), per garantire la concorrenza basterebbero due gruppi a livello mondiale. Tuttavia, per salvaguardare l' autonomia di ogni area geografica, e tenendo conto che sicuramente Cina e India vogliono e possono fin da ora essere autonome), basterebbero 7/8 gruppi (come l' Avvocato Agnelli diceva da decenni). Se, poi, si volesse garantire una concorrenza anche fra due "campioni "di ogni Continente, si potrebbe pensare ad un massimo di una quindicina di gruppi a livello mondiale.

Se, quindi, ci fosssero in Europa 2 gruppi autonomi, al posto degli attuali 5, 6 (per Francia, Germania, Inghilterra, Italia, Svezia), parecchi grandi Paesi resterebbero senza un loro "campione nazionale". Perchè dovrebbero accettare questa situazione senza contropartite? La contropartita sarebbe quella di potersi specializzare, con il consenso e il supporto degli altri Paesi, in altre aree.Facendo un esempio estremo, ma già quasi realizzato: perchè l' Italia avrebbe bisogno di una sua industria nucleare, quando può benissimo comprare l' elettricità dalla Francia o dall' Est Europa, e invece di spendere nel nucleare spendere nell' ambiente, ma, soprattutto, nella cultura e nel turismo, dove avrebbe risorse pressoché infinite da sfruttare e una leadership incontestabile?Perchè, come è stato riferito da Roberto Palea, in campo energetico, si duplica la ricerca in tutta Europa?

Questo tipo di accordi è relativamente fattibile a livello bilaterale, ma diventa difficilissimo quando ci sono 30 governi ed altrettante imprese da accontentare. L' Unione Europea potrebbe divenire il "tavolo" dove si fanno questi accordi. Però, per fare questo ci vuole soprattutto più cultura, più expertise. Sulla scia del libro di Velo, tutti hanno stigmatizzato il fatto che l' Università non costituisca, almeno in Italia, quel serbatoio di competenze che servirebbe a supportare l' azione pubblica.

Un'altra forma di semplificazione, anche se soltanto giuridica, potrebbe essere la trasformazione dei "consorzi europei" (come l' Ariane e l' Eurojet), in "Società comuni.

E' quasi un' ovvietà affermare che non c'è nulla di più contraddittorio che proclamare la strategia della Società della Conoscenza e poi, come prima cosa, attuare severi "tagli alla cultura".Cultura che, invece, a nostro avviso, potrebbe essere finanziata proprio con i tagli alle duplicazioni produttive e burocratiche , che permetterebbero di economizzare non soltanto il costo di investimenti e posti di lavoro, ma anche quello delle burocrazie incaricate di interfacciarsi con i campioni nazionali che non ci fossero più.

Con ciò, si ritorna all' esigenza della cultura, dell' informazione, in primo luogo a favore dei decisori pubblici, poi dell'opinione pubblica europea.

Per ciò che concerne gli strumenti di incentivazione (europei, nazionali, regionali e locali), essi sono divenuti oramai così numerosi e complessi, che, da un lato, riuscire ad accedervi è un'impresa temeraria, e, all' altro, i vantaggi di ciascuno "sportello" sono veramente minimi. Occorrerebbe semplificare e rendere trasparenti normative e procedure, con un' azione legislativa programmata e sistematica.

Per ciò che concerne la dispersione operativa, occorrerebbe concentrare i temi economici su un tavolo unico.Nel corso del dibattito, Alfonso Jozzo ha citato l'esigenza che la politica economica venga gestita da un'Ente ad hoc, sulla falsariga della Tennessee Valley Authority.

Considerazioni sul breve termine.

A noi non è sembrata fuori luogo l' idea che, anche a breve, una priorità potesse essere la costituzione di una specie di "intelligence europea", di orientamento prevalentemente economico.Costituzione che, a nostro avviso, non richiederebbe particolari strumenti di diritto internazionali, né modifiche rilevanti al bilancio comunitario. Infatti, si tratterebbe solamente di una riorganizzazione di attività esistenti.Torniamo a ricordare la storia degli hacker cinesi e americani e quella del complotto contro Grecia e Spagna, che è anche un complotto contro l' Euro. Ricordiamo che quando, molto tempo fa, si era incominciato a parlare di Politica Estera e Difesa Comune, si era pensato di cominciare proprio con una "Cellula di riflessione"sulle crisi politiche internazionali. Diciamo poi che il Trattato di Lisbona ha aperto una gravissima questione di competenze, tanto in campo economico, che in quello della Politica Estera, fra Presidente, Presidente del Consiglio, Presidente della Commissione e Alto Commissario. Leggendo, infine, delle polemiche in corso circa un certo "disinteresse" dell' Alto Commissario per i propri compiti, ho scoperto che tutti questi personaggi dispongono soltanto di un modestissimo "gabinetto" di poco più di dieci persone, che, nel caso dei problemi economici e industriali, non può, certo, essere sufficiente a fronteggiare costantemente problemi settoriali della più varia natura tecnica e riferiti al mondo intero (e di competenza di quattro o cinque diversi Commissari).Ci vorrebbe fin da subito un tavolo di concertazione che fosse anche costantemente operativo, per poter fronteggiare le continue crisi.

Quindi: specialisti, tratti dagli uffici dell' Unione o dai Ministeri nazionali, che seguano in permanenza e sistematicità i vari settori, non già nell' ottica dei singoli Stati Membri, bensì nell' interesse dell' Unione, quale espresso dagli organi caso per caso competenti.Specialisti che abbiano il quadro esatto e di dettaglio della situazione, e che trovino il modo di informarsi anche sulle discussioni e iprogetti in corso, o anche solo in discussione, in ogni parte del mondo, e che possano suggerire fusioni, concntrazioni, società comuni, senza aspettare le iniziative degli Stati Membri o delle imprese, né senza reclutare caso per caso consulenti ad hoc.

Audizione dei Commissari competenti in materia economica.

La procedura di audizione della nuova Commissione dinanzi al Parlamento offre una buona dose di informazioni circa il programma della Commissione stessa, che dev' essere formalizzato Commissario per Commissario.

L'analisi critica dei programmi prenderà un po' di tempo, perchè si tratta di 15 Commissari su 27.

Poiché, a oggi, non esiste l' "Authority" suggerita da Jozzo, il Commissario che ha maggiori competenze è quello responsabile per l' Industria, che per nostra fortuna, è, attualmente, l' Italiano, Antonio Tajani. Questo dovrebbe costituire uno stimolo per tutti noi per studiare con parrticolare cura questa materia, discuterla fra di noi e formulare proposte.

Mettiamo a disposizione questo Blog, oltre che i locali di Alpina, per ognuna di queste attività.

Scriveteci

Riccardo.lala@alpinasrl.com

Tel.0116688758.















LA MISSIONE DEL DOTTO


On the Need for Culture in Postmodernity.Besoin de culture dans la postmodernité.Not fuer Kultur im Postmodernen

I lettori hanno lamentato che, nel precedente blog "Intellettuali" o "saggi", non avesssimo chiarito a sufficienza la nostra concezione di "intellettuali". Abbiamo già parzialmente risposto.

E, tuttavia, sempre a causa della limitatezza del "format", propria del "blog", non abbiamo potuto sviluppare meglio il concetto, che coinvolge una nozione di "funzione sociale" ed una nozione di storia di tale "funzione".

La "funzione sociale" dell' intellettualità è intrinseca al concetto di umanità .

Certo, non crediamo più, come Cartesio, che "Cogito, ergo sum".E, tuttavia, il pensare, il creare, il comunicare, sono parte integrante dell' umanità, dalle prime forme di espressione, di linguaggio, di produzione. Una funzione intellettuale "separata" emerge lentamente, dalle categorie dei "vecchi" dei "saggi", dei "capi", degli "sciamani".

Più tardi, la cultura si specializza ancora, "profeti", "sacerdoti", "cantori", "artigiani", "artefici", "astronomi".E così via, fino al livello massimo di specialismo che vediamo nei curricula delle odierne università.

A causa dell' infinità delle forme che questa funzione ha assunto durante tutta la storia dell' umanità, risulta difficile immaginare una situazione in cui non vi siano più intellettuali. Al contrario, nella misura in cui, attraverso la storia culturale, l' uomo si allontana dalle sue origini animali, la quota parte "culturale" aumenta rispetto a quella "materiale".In futuro, con la diffusione della cibernetica, il ruolo dell' attività umana dovrebbe concentrarsi sempre più nell' attività culturale. Addirittura, l' attività culturale deborda oramai nelle "macchine intelligenti," che supoportano la comunicazione, la immagazzinano, la diffondono, la replicano, la ricercano, addirittura la creano.

La vera sfida all'attività culturale viene dalle macchine intelligenti, che, a poco a poco, soppiantano le attività culturali dell' uomo.

La vera battaglia del domani sarà quella per dominare, addomesticare, e, forse, chissà, "umanizzare" le macchine intelligenti.

In attesa di questa fase lontana, viviamo in un mondo complesso e ibrido, in cui coesistono l' animalità e l' intelligenza artificiale, la cultura e il macchinismo, la spiritualità e i robot.

Quale la "missione del dotto" (per dirla con Nietzsche) in questa fase intermedia?

Certo, ci sarebbe molto da dire.

Tuttavia, un tema emerge prepotente sugli altri: i rischi per la libertà.

Nonostante la retorica libertaria, la società moderna è sempre meno libera. La concentrazione del potere ideologico, militare e finanziario in pochi centri mondiali; i grandi Stati, le multinazionali; l' omologazione dei consumi e della comunicazione; la fede nell' avanzare omogeneo e lineare di una Ragione Universale; la semplificazione del discorso pubblico; il conformismo culturale;i condizionamenti da parte degli apparati tecnologici e burocratici, portano ad una riduzione del margine di autonomia, critica e creatività.

L'avanzare dell' integrazione internazionale, delle tecnologie, delle ideologie e religioni globali, l'uniformazione delle classi, l' incertezza economica, il carattere sempre più artificiale della vita biologica, restringeranno ulteriormente i margini di autonomia.

Al conformismo degli "intellettuali organici" si sovrappone quello, più trasparente, e, quindi, più indistruttibile, dei "funzionari culturali" (magistrati supremi, grandi accademici, managers di multinazionali del settore comunicazione, funzionari internazionali e governativi, direttori di giornale, responsabili delle pubbliche relazioni, ecc..), tutti "intellettuali" che hanno come "deontologia professionale" quella di esprimere la posizione ufficiale della propria Istituzione.

Che resta dell' intellettuale che esprime una propria fantasia, che provoca i concittadini, che insegna una nuova dottrina, che sperimenta un nuovo modo di vivere o creare, che polemizza con i costumi prestabiliti, che si batte e muore per le proprie idee?

Certo, la lotta diventa sempre più diseguale. Certo, l' intellettuale indipendente dovrà sobbarcarsi una dose di "rivalità mimetica" superiore a quella dei propri avversari.

Per esempio, se Dante fu costretto a iscriversi alla Corporazione degli Speziali e Nietzsche riuscì a farsi dare una pensione svizzera, bisognerà escogitare un qualche modo per entrare nelle segrete cose del complesso tecnologico, informatico e comunicazionale.

Tuttavia, in ultima analisi, gli intellettuali indipendenti hanno ancora delle "chances" (almeno finché il fattore umano resterà rilevante), perchè la società postmoderna è alla ricerca spasmodica di nuove idee da "spendere" sul mercato o nel "circo mediatico", e gli "intellettuali indipendenti" sono la maggiore fonte di nuove idee. I plagi aumenteranno esponenzialmente, come nel campo della tecnologia, dove è ben noto che buona parte delle scoperte furono "rubate" ad altri scienziati.

E, tuttavia, queste idee cammineranno.

Certo, ci sarebbe un ruolo anche per la politica.Una politica di difesa delle procedure liberali e democratiche, dei diritti civili, non fine a se stessa, ma come difesa della cultura, e dell' umano, contro gli eccessi della modernità e contro l' avanzare di un' era completamente meccanizzata.

ALLA RICERCA DELL'IDENTITA' (LATINO) AMERICANA


Debates on Federalism in the World go beyond what Originally Assumed. Les débats sur les fédéralismes dans le monde portent plus loin de ce qu'on aurait imaginé.Debatten ueber unterschiedliche Foederalismusformen in der
Welt kommen zu unerwarteten Blickwinkeln an.


Dobbiamo ringraziare il Dipartimento di Studi Politici dell' Università di Torino e il Centro Studi sul Federalismo per l'eccellente convegno di ieri 27 gennaio su Il processo di integrazione dell'America del Sud in prospettiva comparativa, con i Professori Mariana Luna Pont e José Paradiso dell' Università Tres de Febrero di Buenos Aires.

La Lectorìa dell' Università di Buenos Aires in integrazione latinoamericanasi distingue per un approccio comparatistico alle questioni dell' integrazione internazionale, mutuato, da un lato, dallo studio dell' integrazione europea, e, dall' altro, dal metodo strutturalista (per esempio, Stein Rokkan). Secondo quanto affermato dal Prof. Paradiso, un peso rilevante viene attribuito alla sociologia.

Da tutto questo è derivato, forzatamente, un'illustrazione molto concentrata sulla storia recente dell' integrazione, in particolare dell' integrazione del "Cono Sud"(Mercosur), e con particolare riferimento alla collaborazione a livello locale.

Tuttavia, le domande del presidente della riunione, il Prof. Lucio Levi, e del pubblico, hanno allargato il dibattito ad alcuni temi che sono strettamente affini a quello affrontato direttamente dai relatori, vale a dire, il rapporto con gli Stati Uniti e con i nuovi governi di sinistra, fino ad avvicinarsi al tema dell' identità latinoamericana.

Tema che è stato sfiorato in varie sue componenti: nazionalismo particolarista dei singoli Stati sudamericani, "nazionalismo continentale", questione india, rapporto con gli Stati Uniti.

Intanto, prendiamo atto con soddisfazione che, mentre, ancora un paio di anni fa, l' atteggiamento prevalente negli ambienti accademici era quello di respingere l' "identità" come un fatto spurio della dialettica politica postmoderna, dominata dalla sociologia, dall' economia e dalla razionalità, oggi tutti danno per scontato che non si possono costruire realtà politiche, e, quindi, neppure modificare le realtà politiche esistenti, senza che vi sia un sostegno emotivo di almeno una parte della popolazione. Infatti, la forza di inerzia conferisce già sempre un supporto emotivo a non fare nulla; e, comunque, i progetti politici rivali dispongono anch'essi di un capitale emotivo, che viene utilizzato per paralizzare progetti concorrenti.

Quanto sopra vale, in particolare, per il federalismo, che, volendo promuovere modelli di autogoverno concertato a vari livelli, ha bisogno che, tanto i cittadini, quanto le élites, abbiano degli incentivi a partecipare a tali forme di autogoverno, e tanto più occorre incentivarli quanto più si intende promuovere un livello rispetto ad un altro.Ciò è ancora più terribilmente vero quando, come nel caso delle Americhe, esistano progetti di federalismo in forte concorrenza fra di loro relativi alla stessa area geografica.

Quanto sopra è esemplificato magistralmente dalla situazione americana.La "scoperta" dell' America era già sovraccarica di tensioni identitarie, che spingevano a superare le difficoltà e i sacrifici dell' "esplorazione", dell' emigrazione e della conquista: realizzare un nuovo cielo e una nuova terra, aggirare l' Islam, sconfiggere l' Impero Ottomano.

Le diverse visioni dell' identità americana sono già presenti nei conflitti fra spagnoli, portoghesi e olandesi per la gestione e spartizione dell' Impero Mondiale asburgioco, nel conflitto fra coloro che, come De Las Casas ,Vieira e Campanella, intendevano rivitalizzare le concezioni imperiali medievali, riconoscendo una dignità agli abitanti delle Americhe, e i Conquistadores, che volevano sottometterli ad una forma di sfruttamento pre-capitalistico, fra i colonizzatori inglesi e francesi, portatori dell' ideologia protestante e anti-asburgica, e i Gesuiti che vedono nelle Reducciones la realizzazione della promessa messianica, fra i Puritani che, proprio al momento dell' emigrazione, esprimono l'utopia di egemonia mondiale della "casa sulla collina", e i discendenti della Dinastia Inca, come Blas Valera e Tùpac Amaru, che rivendicano un "Regno delle Americhe", o "del Perù", all' interno della Corona di Spagna.

E' così che, paradossalmente, le Americhe, che, sotto Filippo II, erano tutte parte della Corona di Spagna,e, ancora duecento anni fa, erano in gran parte unite, sono, attualmente, divise in una trentina di Stati, che stentano a trovare un'identità comune.

Vi sono, in realta, identità fortemente concorrenti.L'idea semplicistica diffusa, del federalismo mondiale, da Coudenhove Kalergi, secondo cui le varie federazioni (tranne quella europea) avrebbero ricalcato i confini arbitrari dei continenti tracciati dai geografi, non può reggere, perchè le discriminanti fra le grandi aree del mondo non passano necessariamente per quei confini.Anzi, ciò su cui non c'è accordo sono proprio quei confini.

Evo Morales ha prestato il proprio giuramento, prima che al Parlamento di Bogotà, in abiti Inca al tempio di Tiawanaco della dea Pachamana, in cima alle Ande, in una città che, per alcuni, è la più antica del mondo.

I Paesi del Mercosur,salvo il Paraguay,residuo delle Reducciones gesuitiche, mantiengono tracce molto modeste delle popolazioni originarie.

Secondo José Valladao, nel corso del 21° secolo, gli Stati Uniti "sudamericanizzati "guideranno più che mai il mondo (l'"America-Mondo"), in quanto, grazie alla massiccia immigrazione, rappresenteranno tutti i popoli della Terra.Basti pensare il modo in cui viene gestita l' "emergenza Haiti". Infine, non possiamo dimenticare neppure la passeggera infatuazione per l' idea del G2, un'inedita alleanza fra USA e Cina, che richiama progetti del 19° Secolo (Taiping, Gordon Pascià).

I dibattiti sull' integrazione del Continente non possono non tenere conto di queste realtà, fino al punto che si possono contrapporre addirittura tre visioni assolutamente diverse del futuro dell' America: una, espressa, per esempio, dalla Presidenza Obama, basata ancora sulla Dottrina di Monroe e sull' impero Democratico ,di un'America cosmopolita, egemonizzata dal Nord, ma con elites largamente afroamericanizzate, latinizzate o asiatico-americane, che continua ad essere la guida quindi, del del mondo; un'altra, che riprende le vecchie idee di una Corona delle Americhe, a leadership india, e con un sincretismo fra neo-paganesimo e religiosità controriformista; una terza, che è quella che viene normalmente evocata, con una pluralità di federazioni, soprattutto diverse fra Nord e Sud, ma tutte di orientamento genericamente europeo-occidentale.Anche qui, i rapporti fra il Nord e il Sud, come pure fra Sudamerica e Europa, sarebbero tutti da definire.

Come si vede, la Postmodernità pone il dibattito culturale di fronte ad una contraddizione difficilmente sanabile:

-da un lato, con la sua franesia di consumo, ci costringe a concentrare il pensiero in unità ristrettissime, come i blog e i "talk shows", che offrono minor spazio di approfondimento della tradizionale cultura libresca e accademica;

-dall' altro, la realtà è più complessa, più multidisciplinare e più "bipartisan" di quanto lo stesso approfondimento accademico sia disposto ad ammettere.

Per questo, ricerchiamo un dibattito serrato con sostenitori e lettori, intellettuali ed Autorità, perfino con gli avversari, per individuare, con la massima pragmaticità, quelle forme di approfondimento e di dibattito che la realtà sociale di fatto, e anche le nuove tecnologie, ci permettano.

Anche per questo abbiamo convocato la riunione del 9 febbraio presso Alpina, per confrontarci con Voi su questi temi.

Martedì 9 febbraio 2010, presso Alpina Srl, Via Pietro Giuria, 10125 Torino
Progetti 2010

Verranno presentati filmati sulle principali aree progettuali e verrà aperto il ìdibattito.

E.mail: riccardo.lala@alpionasrl.com
Telefono
0116688758
3357761536

mercoledì 27 gennaio 2010

DISFUNZIONE SISTEMA FERROVIARIO NORD-OVEST


Notwithstanding Long Years of Propaganda, Rail Connections in Italy's North-West remain critical.Nonobstant Beaucoup d'années de propagande, la situation des transports dans l' Italie du Nord-Ouest reste critique

Molti lettori scrivono per segnalare il loro scontento per la situazione del trasporto ferroviario nel Nord Ovest. Come già detto, non siamo esperti di questioni ferroviarie, sicché ci interessano soprattutto valutazioni di insieme sulla nostra regione in Europa.

Come già affermato in altra sede, ciò che probabilmente più urta i cittadini è l'enorme divario fra la retorica e la realtà.

Mentre sono decenni che le Autorità parlano del trasporto su binari come mobilità sostenibile, dell' Alta Velocità come l' uscita dal provincialismo e dall' isolamento, delle privatizzazioni come strumento per accrescere l' efficienza del servizio, l' esperienza insegna invece che il servizio ferroviario italiano, che era, a suo tempo, all' avanguardia, sia per le tradizioni ingegneristiche che per la capillarità della rete, è stato lasciato andare da più decenni, con pochissime innovazioni e pochissimi investimenti.

Questo accadeva mentre, invece, nella vicina Francia veniva crata, con il TGV, una rete esemplare per tutto il mondo.

La privatizzazione, come è successo per altro anche in altri Paesi, non ha migliorato la situazione.

Il dibattito pro-Tav e anti-tav non è stato focalizzato sulle giuste questioni, per esempio, quanto sia inquinante il sistema attuale di trasporti su strada e quali alternative esistano all' inserimento nel sistema dei treni ad alta velocità europei, i quali, oltre, tra l' altro, a ridurre l' inquinamento, sono un potente strumento di rafforzamento dell' identità europea.

Con il nuovo traforo e l' alta velocità, Chambéry, Annecy, ma perfino Ginevra, potranno tornare a gravitare su Torino, Lyon sarebbe alla stessa distanza di Milano, e Parigi a quella di Roma.

Che dire, invece, ai viaggiatori sconcertatio dal caos dei treni di questo inverno?

Credo che potremmo raccogliere proposte concrete (per esempio, per il collegamento con la Malpensa e con Nizza, oltre che per un migliore legame fra Alta Velocità, treni ordinari e sistemi di trasporto metropolitano).

Scriveteci!

riccardo.lala@alpinasrl.com

lunedì 25 gennaio 2010

RIVOLUZIONE ISLAMICA IN EUROPA?


A Provocative Book of Christopher Caldwell about Immigration. Un livre provocateur de Christopher Caldwell sur l' immigration.Ein herausforderndes Buch von Christopher Caldwell ueber Immigration.

Nel viaggio da New York a Torino, ho avuto modo di leggere un ottimo libro sull' immigrazione in Europa, scritto dal giornalista anglo-americano: Christopher Caldwell, Reflections on the Revolution in Europe, Immigration, Islam, and the West, Doubleday, USA.

Ottimo, perchè documentato, competente e problematico, anche se scritto da un angolo di visuale che non è il mio, cioè quello WASP, e anche se veramente politicamente scorretto, perchè concentrato su un problema europeo (l' immigrazione islamica in Europa), mentre molto più logico sarebbe concentrarsi sull' immigrazione in generale, e negli Stati Uniti in particolare, questione ben più macroscopica, e foriera di ben altre "rivoluzioni"(come dimostra già soltanto il planisfero allegato).

La tesi centrale del libro è però per noi interessante, perchè è legata al discorso dell' identità europea.

Essa si può così riassumere:

"A causa dei diversi tassi di accrescimento demografico, e del diverso atteggiamento verso il relativismo culturale, nel corso di qualche decennio, l' Islam diverrà in Europa la cultura dominante."

Mentre sono note, conosciute, e, se si vuole, perfino banali, le osservazioni sulla compattezza culturale degli islamici, sui loro tassi di crescita e sulle loro ambizioni di convertire i Cristiani, sono molto interessanti, perchè originali, le osservazioni critiche sulle varie "élites" culturali che dovrebbero esprimere l' "Identità Europea": dagli "atei devoti" ,come Oriana Fallaci, ai "liberals"come Pym Fortuyn, ai fautori della liberazione sessuale.

Per esempio, a proposito della Fallaci:

"Quando gli Europei affermano i loro valori contro l' Islam, cosa affermano:un'eredità religiosa?un'eredità filosofica?una morale?uno stile di vita?Non lo sanno di preciso.In una delle sue più rabbiose filippiche contro l'Islam, la polemista italiana Oriana Fallaci minacciò la guerra contro qualunque terrorista che danneggiasse certe 'pietre miliari' di Firenze, a partire dalla cattedrale di Santa Maria del Fiore e dal vicino Battistero.Difendeva le cattedrali in quanto attrattive turistiche?(se è così, aveva ben poche chances nei confronti di una religione vecchia di 1300 anni).O difendeva un luogo di culto? (Se è così, agiva contro la maggior parte degli Europei, che sono contro l'Islam perchè costituirebbe una minaccia alla liberazione dalla religione)."

Poi, per ciò che riguarda Fortuyn:

"Non era chiaro se l' Europa, come egli la vedeva, fosse compatibile con qualsivoglia visione del mondo religiosa. Era disposto ad ammettere che la cultura individualistica che egli adorava fosse nata dal passato cristiano dell' Europa.In un certo senso, ciò che rendeva intollerabile l' Islam per Fortuyn è che esso è una religione viva.Per lui, la parità delle donne, il divieto di discriminazione razziale, e (forse, prima di tutto), la libertà di comportamento sessuale, sono diritti assoluti.Ma quello alla libertà religiosa è, oramai, un diritto la cui attauzione è stata relativizzata dal progresso della storia. Quando esso entri in conflitto con i nuovi diritti 'culturali', deve cedere.Ciò significa che il diritto alla libertà religiosa ha cessato del tutto di essere un diritto."


Infine, per ciò che concerne i militanti della liberazione sessuale:

"Non è neppure chiaro se i beneficiari della liberazione sessuale lotterebbero per la sua difesa.Il giornalista Hernyk Broder, dello Spiegel, nota il comportamento dei partecipanti alle varie parate erotiche e alle feste del sesso che costituiscono una caratteristica della Germania di oggi.Al Carnevale delle Culture di Colonia, i marciatori sono lieti di poter accusare Joachim Meisner, Cardinale di Colonia, di essere un inquisitore, o dipingono la cancelliera Merkel come plagiata da George Bush:tuttavia, sottolineano la loro sensibilità alle perplessità degli Islamici per la loro parata, e non fanno battute oscene indirizzate a politici sensibilmente meno ospitali verso la liberazione sessuale, come per esempio l'Iraniano Mahmud Ahmadinejad.

D'altro canto, l'Islam non è una religione particolarmente 'prude'; la maggior parte delle religioni sono meno 'prude' del tradizionale cristianesimo europeo, sia cattolico che protestante."

La stessa acutezza viene impiegata per descrivere la presunta "tolleranza" americana:

"Gli Europei credono che 'America' significhi cultura europea più entropia. Forse il mito più condiviso da parte gli Europei circa gli Americani è quello secondo cui gli Americani non avrebbero alcuna particolare pretesa circa la cultura ad essi propria (nella misura in cui ne abbiano una), e non si preoccupino un gran ché che i nuovi venuti restino attaccati alla loro.Tale mito è completamenmte sbagliato.L' America può essere aperta in teoria, ma, in realtà, sottopone gli immigrati ad un letto di Procuste per spingerli all' adattamento;sono queste pressioni, non già l'apertura, ad avere legato, in un solo popolo, insieme i diversi cittadini dell' America. Sì, se insistete, potrete avere una 'identità fra virgolette', ma vi conviene aver chiaro da che parte delle virgolette dovete stare se volete mantenere il vostro pane quotidiano.

Ciò che confonde gli stranieri è che queste pressioni degli Americani non sono mai dichiarate. Esse sono intrinseche al sistema sociale, e (specialmente) a quello economico, nei quali gli immigrati devono muoversi per sopravvivere."

L' osservazione finale e centrale è quella per noi determinante:

"Un'Europa Unita non avrebbe nulla da temere dall' Islam, ma l' Europa non è unita. La sua civiltà è spaccata in due, lacerata fra l' ideale dei diritti umani e l' ideale del patriottismo, fra la paura dell' eredità religiosa dell' Europa e l' orgoglio per la stessa, fra il vedere l' Islam come una nuova, e permanente, forma nel panorama religioso europeo e qualcosa che si dissolverà al contatto con l' edonismo ed il consumismo."

La spiegazione del perchè l'Europa non sia unita è anch'essa trasparente ed illuminante:

"l'Unione Europea, nonostante che, né gli Americani, né gli Europei, amino ammetterlo, è l' espressione istituzionale dell' americanizzazione dell' Europa."

TAV:EUROREGIONE POSTMODERNA


The Only European Solution to Problems of Piedmont is Euro-Region. La seule solution européenne aux problèmes du Piémont, c'est l' Eurorégion. Die einzige europaeische Loesung zu den Fragen Piemonts ist Euroregion

Avevamo promesso ai nostri lettori di predisporre un post dedicato alla situazione complessiva del dibattito su MITO, comprensivo, quindi, di una valutazione circa il problema dei trasporti.

Il recente dibattito sulla TAV, che ha visto contrapporsi, nel giro di una sola giornata, da un lato, al Lingotto, a Torino, tutto l' "establishment" torinese attorno al governo regionale in carica, e, dall' altro, i politici dell' opposizione, riuniti sullo stesso tema nel pomeriggio, ha confermato, per l' ennesima volta, la nostra convinzione sul sostanziale antieuropeismo dominante in tutta l'attuale classe dirigente, di sinistra come di destra, pubblica o privata, di governo o di sottogoverno.

Fra tutti gli interventi a favore della TAV (ma, d' altra parte, neppure fra quelli a sfavore) abbiamo sentito una sola volta la parola "Europa". Eppure, la considerazione più elementare è che, se c' è la TAV, Torino è l' estrema frontiera verso le Alpi, e l' ultima periferia di Milano; se c'è la TAV, torna ad essere la Capitale delle Alpi, e il ponte fra Europa e Italia.

Questo l'aveva capito, già nel Medioevo, essendo un Aleramico, quindi un Sassone con connessioni imperiali, il Marchese di Saluzzo, che aveva fatto scavare il "Buco del Viso", che collegava il Marchesato con la Francia (ed esiste ancora adesso). Invece, non lo capiscono i provinciali politici di oggi.

La scelta fra Mito ed Europregione dipende (anche) dalla nostra valutazione del futuro della mobilità in epoca postmoderna.

In epoca postmoderna, l' enorme maggioranza delle attività, economiche, amministrative, culturali, politiche, ludiche, possono essere effettuate informaticamente. Non c'è più bisogno che milioni di pendolari si spostino ogni mattina ed ogni sera fra le metropoli e le periferie, intasando ferrovie ed autostrade e perdendo milioni di preziose ore (di vita o di lavoro).

Lo spostamento (comunque rapidissimo, attraverso metropolitane ed alta velocità), oppure svincoli autostradali "intelligenti", è riservato, da un lato, alle attività fisiche (trasporto di merci, lavori manuali), e, dall' altro, alle occasioni formali (cerimonie, assemblee, festività).

A questo punto, perde di senso non solamente la necessità di concentrarsi tutti in megalopoli come Mito, ma, addirittura, in città come Torino.

Il migrante sul web può benissimo risiedere nel Canavese o nel Roero, in Morienne o in Tarantaise, e "lavorare su Torino". Centri di cultura, di politica e di socialità possono tornare ad essere le "piccole capitali", come Ivrea, come Alba, come Saluzzo, come Casale, ma anche come Chambéry o Annecy.Lì si svolgeranno la socializzazione, le proposte innovative di base, il commercio al minuto, la manutenzione dell' infrastruttura tecnologica.

A quel punto, non ci sarà certo più bisogno che i Piemontesi si affollino a Milano, ma neanche a Torino, né che i Francesi si affollino a Lyon o a Marsiglia.Le regioni torneranno a gravitare intorno ai loro punti di forza culturali e storici: nel nostro caso, il mondo multiculturale alpino.


"INTELLETTUALI" O "SAGGI"?

Necessary, but Useless, Debate on Intellectuals. Un débat nécessaire, mais inutile, sur les intellectuels. Notwendige, aber nuetzlose, Debatte um Intellektuelle.

Nel corso delle ultime settimane, si è svolto, sulle pagine de "Il Sole 24 Ore" (come eco di ciò che si svolgeva a livello editoriale), un serrato dibattito su un unico tema:

"gli intellettuali erano considerati importanti dal mondo politico (e, in particolare, dalla sinistra), durante il periodo della piena modernità, quando potevano fungere da consiglieri del principe, o dell' opposizione, o, almeno, da cinghie di trasmissione dei partiti, ma, ora che il potere è in mano alle imprese, il loro ruolo è obsoleto, e, poiché essi rifiutano di adeguuarsi, sono condannati all' estinzione"

A questo tema venivano dedicati, in particolare,
su una sola pagina ( Domenica 24 gennaio 2010, n.23, pag.24 ), ben tre articoli:

"la crisi del ruolo pubblico degli intellettuali"(Andrea Romano, Fuori gioco per carenza di idee); Serena Danna, La cultura a destra non c'è, non si vede,, pag.24; Gabriele Pedullà, Italiani mimetici o autoesotico .)

Mentre condividiamo la tesi di fondo dei tre articoli, non condividiamo, invece, le conseguenze che i vari autori intervenuti ne traggono.

Il fatto che una certa tipologia di "intellettuali" (gli "intellettuali organici", "parassiti "dei grandi partiti di massa della Modernità) sia obsoleta non dimostra nulla contro la permanenza del ruolo , anche sociale,della "funzione intellettuale".

Sono "intellettuali" i fondatori di Google e di Amazon; sono "intellettuali" politici come Putin, che hanno basato la loro carriera politica su una tesi di dottorato sulla politica energetica; sono "intellettuali" i manager di FOX e di Mediaset che fanno la politica dell' America e dell' Italia.

Da sempre, vi sono state varie categorie di "intellettuali": profeti, consiglieri, condottieri, asceti, rivoluzionari,sicofanti, chierici, adulatori, ecc...Quello che decade è una certa tipologia di "intellettuali", funzionali ad un certo tipo di politica. Non è contraddittorio rilevare che la decadenza del ruolo dell' "intellettuale organico" del "maitre à penser" colpisca, nello stesso tempo, i "chierici" dell' egemonia culturale marxista(a cui si riferisce il libro di Asor Rosa citato nel primo dei tre articoli); i "conformisti" del pensiero progressista "illuminato" ( di cui al libro di Battista dall' omonimo titolo), e i fantomatici "intellettuali di destra" del "Dì qualcosa di destra" di Mellone. Al dilà delle artificiali contrapposizioni, queste figure sono state molto simili. Preoccupate, prima di tutto, del loro "status". Poi, atte a realizzare, hegelianamente, una "profezia a rovescio", che, partendo dal potere realmente esistente, ne riconoscse la nascita taumaturgica grazie all' Astuzia della Ragione.

Qual' è la ragione di questa decadenza?

Intanto, l' irrilevanza dell' Europa.In America, ma anche nei Paesi mussulmani , i Think thank (o gli Ulema) conservano tutto il loro potere nell' influenzare la poltica dei Governi (perchè questi Governi hanno una reale politica, e quindi hanno dei reali dubbi su che cosa fare).Del resto, è agghiacciante ciò che accade nel settore della narrativa, ed è relazionato, nel suo articolo, da Gabriele Pedullà, che, cioè, i nostri scrittori non si curano nemmeno più di scrivere bene, ché, tanto, quella che conta è la traduzione in Inglese.

Poi, il fatto che le Organizzazioni Internazionali, i Governi, i Servizi Segreti, le Multinazionali, i media, le Associazioni di categoria, stanno dando lavoro a milioni e milioni di "intellettuali", "direttori dei contenuti", politologhi, redattori, giornalisti, "esperti," economisti, giuristi, traduttori, ecc....Questi sono i veri "intellettuali organici", onesti e trasparenti, che vengono pagati con uno stipendio, contributi, tasse, benefits, fanno parte di un organigramma, si prendono le loro responsabilità, professionale e politica.

A questo punto, emerge di nuovo la differenza fra gli "intellettuali indipendenti" e gli "intellettuali organici", fra Giovanni Battista e Sant'Ambrogio, fra Spinoza e Goethe, fra Solzhenitzin e Gorki.

Ma è poi corretto chiamare queste persone "intellettuali"?La parola "intelligencija" fu inventata in Russia nell' Ottocento per designare una funzione sociale, non già una categoria sociale.Solo con il marxismo "volgare" si creò la designazione degli "intellettuali" come classe.

Prima di allora, essi erano chiamati "dotti", "Gelehrte", "Savants"; oppure, "philosophes", "gens de lettres", e, prima ancora, "clerici".

A nostro avviso, la designazione originaria era "saggi", "Sophoi", "Sri", "Tsi".

I quali possono anche fungere da "consiglieri del Principe. Tuttavia, nella parte essenziale della loro opera, i "saggi" non si curano delle domande, da parte dei politici o degli imprenditori, di prodotti che servono a rispondere ad una fuggevole esigenza elettorale o commerciale. Essi cercano di vedere il domani, quello che può accadere alla nostra società, alle nostre persone, alle nostre anime, a quelle dei nostri discendenti. Cercano il perchè. Cercano i rimedi. Cercano di educare i popoli ad essere pronti alle sfide del futuro.

Certo, i "saggi" hanno sempre avuto problemi di sopravvivenza fisica.Come sopravviveranno in futuro i "saggi"?Pensiamo che faranno come sempre nel passato. Un po' con l' astuzia, un po'con la prodigalità, un po' con la frugalità, con la mansuetudine o, perfino, in certi casi, con la violenza.

Pensiamo ad esempio a Nietzsche, che fu pensionato, poverissimo e itinerante tutta la vita, ed impazzì (proprio a Torino) nel momento stesso in cui Brandes gli comunicava che le sue opere suscitavano un qualche interesse in Danimarca. Dopo di allora, lo Zarathustra, che Nietsche aveva pubblicato in poche copie e a proprie spese, divenne uno dei libri più venduti (e più influenti) di tutta la storia dell' editoria.

Quello che è certo è che, senza i "saggi", il mondo, e, "in primis", il nostro Continente, andranno alla rovina.









A

TAIPING E G2


Maoism, Taiping and "G2" Show Striking Similarities. Le Maoisme, le Taiping et le "G2"montrent des similarités impressionnantes. Maoism, Taiping und "G2" zeignen ausserordentliche Aehnlichkeiten.

Fintantoché l' idea del G2 è rimasta viva, non abbiamo voluto insistere sul riferimento ai Taiping, che, invece, ci sembra particolarmente attuale con riferimento alle attuali vicende e prospettive della Cina.


La rivolta Taiping (che prende il nome da un'eccentrica idea confuciana di "Fine della Storia", nasce fra le minoranze tniche del Sud della Cina fra la Prima e la Seconda Guerra dell' Oppio con l' appoggio sempre più scoperto di Stati Uniti e Inghilterra.

I punti di somiglianza con le vicende più recenti sono i seguenti:

-il movimento nasce con le "Guerre dell' Oppio";

-esso introduce in Cina il Cristianesimo e l' idea della "fine della Storia";

un movimento contadino a dominanza Hakka (come sarà, inizialmente, il Partito Comunista Cinese);

-teorizza la fusione fra Cina e America come "centro del mondo";

-si appoggia in gran parte all'America e all' Inghilterra, anche se, poi, entra in conflitto con esse.

Citiamo alcuni brani dal sito http://www.fmboschetto.it/Utopiaucronia/Taiping_Tian_Guo.htm:

"Il cristianesimo di Hong Xiuquan diventa la religione di Stato, é vietato pregare gli idoli, i templi buddisti, taoisti e politeisti sono bruciati e i loro beni confiscati. Tutti i sudditi devono partecipare al servizio religioso ogni giorno e restituire allo Stato tutti i loro benefici, messi in comune. Hong stesso é figlio secondogenito di Dio (e fratello di Gesù), governa con l'aiuto di un portavoce di Dio e un portavoce di Gesù, sistema che prevede anche un posto per il suo luogotenente più potente, Yang Xiuqing, proclamato incarnazione dello Spirito Santo e seconda carica dello Stato: il suo ruolo lo porta ad organizzare delle riunioni medianiche dove parla in trance in nome di Dio e denuncia i traditori: chissà perché, generalmente Dio non ama i nemici di Yang.

Il 19 marzo 1853 le armate Taiping entrano a Nanchino, proclamata capitale celese, Tianjing. Però i Taiping continuano la loro marcia verso Nord, cioè verso Pechino.

L'avanzata dell'Armata Celeste é però bloccata a un centinaio di chilometri di Pechino. I Taiping ricevono l'aiuto dei ribelli Nian del Nord, ma il generale mongolo Sengge Richen é più forte; il Regno Celeste tuttavia si mantiene in piedi al Sud .....

Nei tre anni seguenti la guerra prosegue alle frontiere del Regno Celeste in campagne poco importanti, lasciando il tempo ai Qing di riprendersi. Lascia il tempo anche agli Occidentali di studiare questa strana ribellione. In un primo tempo essi provano delle simpatie per i Taiping « cristiani », però quando studiano più a fondo la loro dottrina l'effetto è tutto il contrario. Una missione britannica e una missione americana, tutte due pronte ad appgogiare i Taiping, tornano nel loro paese scandalizzati dall'eresia cinese (Yang Xiuqing non esita a chiedere quanto é grasso Dio e nega la Trinità) e dalla totale mancanza di organizzazione del Regno Celeste. In più i Taiping vietano totalmente il commercio dell'oppio e considerano gli occidentali come dei barbari naturalmente inferiori e sudditi del Regno Celeste, cosa che a loro non può fare certo piacere.

Il regime autoritario diventa via via più brutale. Hong Xiuquan, Re Celeste e profeta, lascia gli affari terreni per scrivere le sue leggi e proclami religiosi, lasciando il potere ai suoi luogotenenti: il re dell'Ovest Xiao Chaogui, il re dell'Est Yang Xiuqing, il re del Sud Qin Rigang e il re del Nord Wei Changhui. Questi luogotenenti vivono nel lusso e prendono decine di mogli contro le leggi Taiping. La dinamica rivoluzionaria dei Taiping si spegne a poco a poco, permettendo ai Qing di riconquistare il potere. Però le truppe imperiali sono sempre impegnate dalla ribellione dei Nian e nel 1856 scoppia la seconda guerra dell'oppio con la Gran Bretagna.

.....


Hong Rengan é anche più pragmatico di suo fratello, é lui a negoziare una stretta alleanza con i Nian del Nord, permettendo di ridurre la pressione sulle armate Taiping. Negozia anche con gli Occidentali, al contrario del fratello é consapevole che il paese deve modernizzarsi e compra cannoni e fucili. Convince anche i Britannici che lo strano cristianesimo cinese é solo temporaneo, per lasciare al popolo il tempo di abituarsi alla conversione. Grazie a lui i Britannici accettano di rimanere neutrali, però la Francia si allea con i Qing e spedisce consiglieri militari, il che preoccupa Londra.

Inoltre le leggi Taiping sono restaurate nella loro integralità, anche la separazione degli sessi é abolita. Ormai ci sono donne nell'amministrazione e anche reggimenti interamente composti di donne, dando alle armate Taiping un vantaggio numerico importante. L'amministrazione centrale é restaurata, ma anche sottoposta al controllo di una nuova classe di capitani civili.

L'effetto non si fa aspettare, le truppe Taiping ritrovano il loro entusiasmo e il loro fanatismo, il movimento Taiping torna ad essere una promessa di cambiamento. Con l'aiuto Nian e le armi occidentali i Taiping possono riprendere l'offensiva nel 1860 con la presa di Suzhou e Hangzhou, le armate Qing sono in rotta.

Due mesi dopo, in agosto, Hong Rengan firma la Convezione di Shanghai con l'impero britannico. Londra è preoccupata per l'influenza francese a Pechino e preferisce vedere i Taiping al potere, sopratutto con Hong Rengan alla sua testa. Il nuovo potere Taiping rassicura per la sua serietà e sembra un partner migliore per il commercio e la penetrazione in Cina. Poco dopo gli USA riconoscono ufficialmente il governo Taiping come governo legittimo cinese in nome del diritto del popolo ad autogestirsi. I Taiping aprono scuole straniere nel Regno Celeste, lasciano entrare nel paese i missionari protestanti (é a partire da questa data che il vero cristianesimo entra in Cina, e non le sue versioni mal tradotte) e firmano trattati di libero scambio in cambio della fine del commercio dell'oppio e di aiuti tecnologici con istruttori britannici. In più Hong Rengan riconosce l'uguaglianza tra il Regno Celeste e le potenze occidentali. La Gran Bretagna promette soprattutto un aiuto per la costituzione della nuova armata Taiping e delle armi moderne, però rifiuta di intervenire essa stessa.

........................

Al tempo stesso l'imperatore Xianfeng si spegne, lasciando il potere de facto all'imperatrice Cixi. Per Rengan e Dakai é un segno del Cielo: Dio dà il Mandato Celeste ai Taiping. Immediatamente proclama suo fratello Imperatore Celeste e la casa Qing decaduta, la nuova dinastia prende simbolicamente il nome di Ming minori. É subito riconosciuto dai Nian, dagli USA e dalla Gran Bretagna. A questa notizia le regioni Han del paese si ribellano contro la dinastia straniera Qin.

Intanto Frederick Ward sviluppa l'armata Taiping moderna con i suoi uomini della Shanghai Foreign Arms Corps. Quest'armata vestita all'occidentale (adeccezione del famoso turbante rosso dei Taiping) e armata come tale prende il nome di "Armata Sempre Vittoriosa" e il suo commando é affidato al Britannico Charles George Gordon, mentre Shi Dakai comanda le truppe tradizionali. I soldati contadini Taiping diventano un'armata di mestiere. Sempre nella stessa logica i Taiping iniziano la costruzione di ponti e vie secondo le istruzioni occidentali, e la riforma agraria Taiping si estende alle nuove conquiste insieme alle nuove missioni cristiane e a empori commerciali occidentali. Il Re Celeste inaugura la cattedrale di Tianjing di stile cinese, ma con decorazioni ispirate ai templi anglicani."

sabato 23 gennaio 2010

SFRUTTIAMO LE NUOVE COMPETENZE DEL TRATTATO DI LISBONA

New Right of Initiative Could Foster Creation of Grass-Roots European Movements. Le droit d'initiative législative populaire pourrait favoriser la naissance de mouvements européens de base. Neues Volksinitiativrecht fuer europaeische Gesetzentwuerfe koennte neue europaeische Volksbewegungen reizen.

Il nuovo Trattato di Lisbona, pure con tutte le sue pecche (eccessivo burocratismo), con tutti i suoi punti discutibili (sostituzione del termine "Unione" al termine "Comunità"), con tutte le sue lacune (non chiara definizione dei ruoli rispettivi dei vertici dell' Unione), contiene anche norme certamente positive, come quella che prevede il diritto dei cittadini di proporre disegni di legge europei.

Per proporre siffatti progetti di legge, si richiedono le firme di almeno 1.000.000 di proponenti. Cifra, certamente, tale da spaventare molti. E, tuttavia, se si considera che l' Unione ha, oramai, parecchie centinaia di milioni di cittadini, tale soglia pare assolutamente congrua.

Ma ciò che ci appare ancora più importante è che proprio lo sforzo per raccogliere le firme per proporre una specifica iniziativa fa sì che, automaticamente, quando ci si riunisce per raccogliere le firme, si debba creare una sorta di "movimento ad hoc". D'altra parte, una volta che un movimento fosse riuscito a mandare avanti una proposta di legge sostenuta da 1.000.000 di cittadini, sarebbe ben difficile , per i legislatori europei, non prenderla in considerazione.

Questo istituto può risultare ancor più prezioso per il fatto che l'unanimemente auspicata formazione di grandi "partiti europei" attraverso gli esistenti gruppi parlamentari presso il Parlamento Europeo pare piuttosto macchinosa, anche per il carattere poco partecipato di tali gruppi, la cui formazione, e/o dissoluzione, dipende essenzialmente da decisioni di vertice. Il convergere su Bruxelles, accanto ai gruppi degli esistenti Partiti Politici, anche di robusti movimenti di base, potrebbe sconvolgere non poco il quadro attuale, accelerando la transizione ad un nuovo quadro.

A questo punto, resta solo da individuare delle aree in cui proporre nuove iniziative.

Anche noi siamo tentati di lanciare qualche idea. Tuttavia, ci rendiamo anche conto della complessità di individuare materie in cui l' iniziativa sia possibile, ed in cui delle proposte possano risultare sensate dal punto di vista politico.

Infine, occorrerebbe valutare attentamente le proposte dal punto di vista giuridico e raccogliere appoggi per le firme.

Saremmo lieti se i nostri lettori ci fornisssero dei suggerimenti.

Per parte nostra, pensiamo a proposte relative all' insegnamento della cultura europea, al coordinamento delle politiche industriali ed estere.







CONFLITTO FRA USA E CINA PER GOOGLE


US and China Dispute over Web Control. L'Amérique et la Chine se disputent sur le controle du Web. Amerika und China streiten ueber Web-Kontrolle .

Si era già notato al vertice di Copenhagen. La Cina non si accontenta di un ruolo di comprimario dell' America. Infatti, tale ruolo presupporrebbe un riconoscimento, da parte sua, dell' universo culturale "occidentale" che costituisce, attualmente, il quadro generale della globalizzazione. All' interno di questo quadro, perfino una parità formale significherebbe una soggezione sostanziale. Lo ha riconosciuto, anche se indirettamente, in un' intervista, Condolezza Rice, là dove essa ha affermato che neanche il declino economico, politico, demografico e militare, degli USA, comporterebbe la perdita della loro "leadership" mondiale, che è, innanzitutto, una leadership culturale ed ideologica -"una certa idea della storia"-.

Solo gli USA incarnano l' interpretazione evolutiva del messaggio biblico, secondo cui il Progresso è la versione aggiornata della missione religiosa di Israele e della Chiesa, e, come tale, è ontologicamente superiore a tutte le altre forme di civiltà; esso va, quindi, esportato all' infinito, finché tutti i popoli verranno "convertiti"all' "Impero Democratico".

Al contrario, la Cina incarna una visione assolutamente opposta di civilizzazione, o, se si vuole, di ecumene : "Tien Xia",fondata sul concetto statico di "Armonia" un' ecumente della quale l' Impero del Mezzo costituisce il centro, ma che non coincide con il mondo intero. La Fine della Storia della Storia compare solo in un'interpretazione "eretica" di Confucio, il Taiping (sincretica con il Cristianesimo), che fu sanguinosamente sconfitta dall' Impero. In essa, la Cina si sarebbe fusa con gli Stati Uniti. Molti secoli prima, il progetto di Zheng He di dominare il mondo navigandolo, che ha precorso le esplorazioni europee, fu interrotto unilateralmente. Infine, lo stesso Mao, pur marxista e rivoluzionario, aspirava, in fondo, al "socialismo in un solo Paese"; infatti, affermava"Scavate profondi fossati; non aspirate mai all' egemonia".Divieto di egemonia ribadito ancora recentemente dai leader cinesi.

Perciò, è presumibile che, finché vi saranno gli Stati Uniti, questi cercheranno di "convertire" la Cina, mentre è dubbio che la Cina cerchi mai di "convertire" gli Stati Uniti. Questa sarebbe un' obiettiva debolezza della Cina, almeno agli occhi della Rice. Noi crediamo, invece, che la minor invasività della Cina finisca per procurarle molte simpatie da parte di quegli altri Paesi che non vogliono essere "convertiti".

In ogni caso, la recente crisi dimostra che la Cina non ammette nessuna ulteriore avanzata della civiltà americana all' interno del Tien Xia (anche per evitare una crisi violenta come quella dei Taiping).

Per capire la natura di questa avanzata, occorre tenere conto della complessità della struttura di potere nei due tipi di "impero", che è, per altro, parallela. Fondamentale, in tutto questo, il potere dell'informazione.

Nella società postmoderna, questo sostituisce, almeno in parte, cultura, politica e, soprattutto, esercito.Internet nasce dalla rete militare Arpanet. L' Esercito non ha mai perduto il controllo sulla rete. Tutti i principale motori di ricerca (tranne quelli cinesi, il principale dei quali è Baidu ) sono in America; quando un messaggio va sul Net può venire controllato dall' America (e spesso lo è, anche perchè la CIA e l' FBI possono controllare qualunque messaggio). China Daily ha pubblicato, e poi ritirato, un articolo in cui denunziava l' esistenza, negli USA, di 20.000 hacker al servizio del Governo per "Covert operations" all' estero tramite la rete -operazioni di cui l' articolo descriveva la strategia, il comando e le tempistiche-.Ciò è nato dal fatto che il provider americano di Baidu, Register.com, non è riuscito ad impedire un grave attacco alla home page di Baidu da parte di un gruppo di hacker autodenominatosi "Iranian Cyber Army".

Nonostante quanto comparso sui giornali qualche giorno fa, la forza delle industrie dei media, dell' entertainement e della cultura dell' America è talmente grande che un semplice incremento delle esportazioni delle corrispondenti industrie cinesi non potrebbe certo equilibrare il grado di dipendenza attuale del resto del mondo nei confronti dell' America.D 'altra parte, anche l' Europa e la Russia stanno facendo sforzi per bilanciare la preponderanza americana in questi settori, in particolare, tentando di costituire propri autonomi sistemi GPS e propri autonomi database culturali. Tuttavia, non ci sembra che esse abbiano raggiunto risultati apprezzabili.

La Cina si rende conto di essere debole in questo momento in questi settori, e corre ai ripari. Di qui la censura, l' attacco alla rete di Google, le tempestose trattative e polemiche con l' America. Ma, soprattutto (visto che la Cina è il massimo utilizzatore di Internet nel mondo) , il tentativo di creare un proprio sistema autonomo di Internet, che non dipenda neppure tecnicamente dall' America. Attualmente, infatti, l'Ente internazionale di controllo su Internet, l'ICANN, ha sede in America ed è di diritto americano.

Come andrà a finire? Rispondere a questa domanda eqivarrebbe a credere, come hanno fatto in troppi, che il corso della Storia sia già scritto in eterno, e che non vi sia, quindi, il libero arbitrio.

La prima osservazione ci pare, per altro, che, mentre un' intesa troppo stretta fra Cina e USA (il cosiddetto "G2", riedizione del progetto Taiping) avrebbe marginalizzato tutte le altre aree del mondo, e, in particolare, l' Europa, questo "scollamento" del G2 permetterebbe all' Europa di riprendere l' iniziativa sui grandi temi del Federalismo Mondiale. Cosa che il nostro Ministro degli Esteri non ha mancato di fare rilevare.

A condizione, per altro, che l' Europa sappia ciò che vuole, vale a dire, "abbia un' identità"

giovedì 21 gennaio 2010

VERSO UN' INTEGRAZIONE EURASIATICA ?

Which Role for Eurasia within World Federalism? Quel role pur l' Eurasie dans la fédération mondiale? Welche Rolle fuer Eurasien in Welt-Foederalismus?

Il lettore Ombrellari ha sollevato, in un precedente commento a questo blog, la questione del se un' eventuale ulteriore integrazione europea, e/o eurasiatica, non possa non solamente non migliorare, bensì anche peggiorare la situazione di repressione delle identità locali, già presente nell'attuale realtà.

Ci siamo riservati una risposta, ma, intanto, occorre spiegare che cosa sia l' Eurasia. In realtà, si tratta di un termine tanto abusato, quanto vago.

Innanzitutto , questo termine serve:

-a designare la "sommatoria" fra Europa e Asia;

- a precisare che la scissione fra Europa, da un lato, ed Asia, dall' altro, è arbitraria, in quanto vi è una vastissima zona di transizione fra le due aree, che va da Kazan a Vladivostok, da Sarajevo a Jerevan.


In secondo luogo, "Eurasia" è una specie di metafora, usata, di tanto in tanto, dai Russi, per indicare il loro Paese, che è, dal punto di vista geografico, maggioritariamente asiatico, ma, dal punto di vista demografico, culturale e religioso, maggioritariamente europeo. "Eurasiatismo" è una corrente culturale russa, ispirata dal famoso linguista russo bianco Principe Trubeckoj, il quale, nella fase tormentata della Guerra Civile Russa e dello Stalinismo, prese posizione, dall' estero, a favore di una "terza via" culturale per definire l' Unione Sovietica -non già come uno Stato russocentrico, né come un' "ideocrazia" marxista, bensì un impero multiculturale, russo-asiatico, erede di Gengis Khan, e, più in generale, della civiltà centro-asiatica -quella che i geo-politici giapponesi chiamavano "kiba-mingoku", i "popoli a cavallo"-.

Come noto, Trubeckoj fu uno dei massimi esponenti della scuola linguistica russa, che proprio in quegli anni, con un enorme sforzo teorico, poneva le basi , da un lato, della linguistica comparata eurasiatica, e, dall' altra, della costruzione culturale delle nuove Repubbliche sovietiche.Uno dei punti centrali degli studi della scuola linguistica russa fu lo studio comparato delle affinità fra le grandi famiglie linguistiche dell' Eurasia: indo-europea, afro-asiatica, cartvelica, sumerica, dravidica, uralo-altaica, che alcuni raggrupparono sotto la categoria del nostratico, altri sotto quella dell' euro-asiatico.Il tutto ha dato una grande spinta alla cultura del multiculturalismo.

Dopo la caduta dell' Unione Sovietica, il "neo-eurasiatismo" è stato una lobby che ha premuto sul mondo politico russo per una politica di equidistanza fra America, Europa, Cina, Giappone e mondo islamico, politica che è stata, fondamentalmente, quella seguita da Elzin nella seconda fase del suo mandato, e da Putin fino ad oggi.

Attualmente, la politica di "Evroremont" ("ristrutturazione all' europea"), seguita da Medvedev, sembra puntare su un maggiore ravvicinamento all' Europa. Ciò non esclude l' interesse per l' area "eurasiatica", intesa, almeno,come collaborazione transfrontaliera con la Cina , più stretta cooperazione economica e militare con l' Asia Centrale e rapporti meno conflittuali con Ucraina, Georgia e Moldova.

L'"integrazione eurasiatica" significherebbe, in primo luogo, l' attualizzazione dei trattati, in via di negoziazione con la Russia, sulle collaborazione commerciale, sull' abolizione dei visti e sulla sicurezza europea. In un momento successivo, tale (limitata) integrazione euroasiatica non potrebbe non fare i conti con l'esistente (e, fattualmente, determinante) integrazione fra Europa e Stati Uniti. E' in questo senso che si parla si "spirito di Pratica di Mare", o di "comunità da Vancouver a Vladivostok". In questo contesto, l'identità eurasiatica (con tutte le sue complessità) potrebbe costituire un elemento di bilanciamento delle influenze "atlantiche", con un notevole vantaggio per il ruolo dell' Europa nel suo complesso.

Ma, in una realtà così vasta, come salvare le realtà locali?

A nostro avviso, un inizio di risposta nasce dalla constatazione che l' integrazione mondiale (con le Nazioni Unite, con l' egemonia americana, con l'integrazione dei mercati e di Internet, con le migrazioni intercontinentali) esiste già, e già ora attacca, non solamente le identità locali, ma perfino quelle individuali. Il problema ,è non già ,opporvisi, cosa impossibile, bensì governarla, con una serie di regole che introducano più equilibrio.

Per ciò che riguarda l' Europa, essa ha, all' interno di questo ordine mondiale, un peso molto limitato, come dimostrato dall' esito del vertice di Kopenhagen.

Un potere mondiale, sì, ma definito, ben delimitato.Una rappresentanza mondiale, ma non basata sulla legge della giungla, bensì sulla rpresenza delle grandi aggregazioni culturali mondiali.Dei grandi "blocchi continentali", ma non intorno a potenze egemoni, bensì su basi federali.

In questo contesto, a nostro avviso, individui, associazioni, città, regioni e nazionalità conterebbero di più, non già di meno. Intanto, vi sarebbe una serie di "scudi" contro l' immediatezza della globalizzazione. Poi, le regioni e le nazionalità potrebbero interagire autorevolmente con il rispettivo Stato Continentale, che si farebbe carico, da un lato, del recepimento delle loro istanze a livello continentale, e, dall' altro, dell' attuazione delle loro richieste a livello di trattative internazionali.

Questo è proprio l' oggetto dell' attività di dibattito e proposta che vorremmo lanciare con questo blog, ed a cui tutti siete invitati a partecipare.





Alla tradizione eurasiatistica

L'UCCISIONE DELL'INCONSCIO


The Great Struggle: to Save the Unconscious. Mind La grande bataille:sauver l' inconscient. Der grosse Kampf: das Unbewusste retten

Massimo Recalcati, nel suo nuovo libro "L' uomo senza inconscio", editore Cortina, mette in rilievo una questione a nostro avviso centrale per il futuro dell' umanità: attraverso la sua pretesa di "razionalità", la presente civiltà tecnocratica mira a modificare a tal punto la psiche umana, da rendere impossibile un' esistenza libera e personale, che ha, come presupposto, un substrato irrrazionale e soggettivo.

Molti autori hanno segnato il percorso di questo processo, e la reazione contro lo stesso: Platone, con l' identificazione fra bene e ragione; Cartesio, con la riduzione dell' essere alle idee chiare e distinte; Kant, con il suo Imperativo Categorico disincarnato; Hegel, con la sua idea di Spirito Assoluto; Lukàcs, con la sua condanna dell' irrazionalismo come decadentismo borghese. E, di converso, Nietzsche, Freud e Jung, pure con accenti diversi, hanno posto in evidenza l' irriducibilità dell' uomo alla pura razionalità.

La filosofia occidentale aveva sottolineato l' esigenza di "sottrarsi alle passioni" attraverso la razionalità; anche il Cristianesimo e l' Islam, pur essendo basati sulla fede, avevano accettato, fino ad un certo punto, l' orientamento razionalistico della filosofia; con l' interpretazione evolutiva del Cristianesimo, inaugurata da Giocchino da Fiore, sviluppata da Lessing e Kant, e portata a compimento dagli hegeliani e dai positivisti, la distruzione dell' elemento irrazionale ed individualizzante diveniva il presupposto necessario per la realizzazione della Fina della Storia, un' era in cui gli uomini, non più guidati dalle loro preferenze soggettive, bensì dalla razionalità strumentale ed economica, avrebbero potuto conciliare le loro diverse esigenze attraverso un processo dialettico ed impersonale.

Espressione di questo processo, il "General Intellect", una coscienza collettiva che risolve via via tutte le qestioni attraverso una risposta universale, valida per tutti gli uomini.

Con il positivismo ed il marxismo, è chiaro che questa risposta collettiva è di tipo economico, dove, in contrasto con le pulsioni dell' inconscio, le risposte possono essere universali, in quanto basate su astrazioni matematiche, come, per esempio, "la massima ofelimità".

Pertanto, il General Intellect, che esso si esprima attraverso la forma del Partito egemone, oppure in quella dei processi anonimi del mercato, si sovrappone e si impone alla libera creatività dei soggetti, sia pure una soggettività collettiva, e, quindi, politica e mediata, per apparire, invece, come un processo oggettivo, a cui tutti, religioni, popoli, intellettuali, debbono inchinarsi.

L'espressione di soggettività eccentriche viene condannata come immorale e repressa come eversiva. Emerge, seppure con estrema difficoltà, una "middle class" universale che rifugge tanto dai miti atavistici della religione e dell' onore dei vecchi ceti agrari, quanto dall' egocentrismo del "dandy" intellettuale.

Nonostante il mito della "libertà", la "middle class" è imprigionata in un meccanismo sociale onnipervasivo, che satura ogni spazio libero dell' esistenza con gli impegni del lavoro, del bilancio familiare, della documentazione burocratica, delle relazioni sociali, dell' entertainment forzato, dello shopping.

Vengono eliminati gli spazi di silenzio, di riflessione.

Non c'è più tempo per sognare, per coltivare ambizioni, amori, avversioni.

La "Fine della Storia", in cui tutti i conflitti saranno superati, si presenta come la "Fine dell'Uomo".Questo, già dal punto di vista psichico. Per non parlare, poi, della fine anche fisica dell'uomo, sostituito dalle "macchine intelligenti".

Tutto ciò è, forse parzialmente, inevitabile, in quanto iscritto "nel DNA" dell' uomo in quanto "animale incompiuto", che, avendo il libero arbitrio, è costretto a mutare, ricercando, però, in ultima analisi, un nuovo punto di equilibrio, in cui il macchinismo sostituirà l' istinto, ed eliminerà il libero arbitrio.

Ma questo significa, forse, che dobbiamo rinunziare a ogni lotta?

Credo che il minimo che si possa pretendere di tentare sia studiare almeno questi processi, per cercare di governarli. E' il grande "dibattito sul Superuomo" che Nietzsche avrebbe voluto lanciare, ma che ha trovato così grandi difficoltà ad avviarsi.

In concreto: che cosa riteniamo che sia "essenziale per l' uomo", in un momento in cui la macchina può sostituire il corpo, forse anche il cervello, ed i meccanismi sociali possono "disciplinare" gli uomini al punto di farli diventare eguali fra di loro?

Quando si riuscisse a "salvare"o "duplicare" il nostro profilo biopsichico in un "disco rigido" o un "chip", come se fosse uno spettacolo o una biblioteca, ci saremmo così garantiti l'eternità, oppure vi sarebbe qualcosa di noi, "l' Anima", che non potrebbe essere né"salvata", né "replicata" in questo modo?

mercoledì 20 gennaio 2010

LE MIGRAZIONI, PROBLEMA UNIVERSALE


A Worldwide Study on Migrations Allows to Decode Deeprooted Meanings. L'étude des migrations comme phénomène mondial permet d'en saisir les significations universelles. Ein vergleichendes Blick auf Wanderungen ermoeglicht Verstaendnis ihrer Universellen Bedeutung.

Da uno sguardo alla carta geografica allegata risulta che il problema dell' immigrazione in Italia è, statisticamente, inferiore a quello della media dei Paesi del mondo.

Infatti, l' Italia si trova in una fascia di Paesi con un' livello di immigrazione relativamente modesto, in confronto a picchi come l' Arabia Saudita, o a Paesi di elevata immigrazione, come America, Francia, Spagna, Inghilterra, Germania, Russia e, perfino, Ucraina e Kazakhstan.

L' Italia si trova, dicevamo, fra i Paesi a media intensità di migranti, come la Polonia, la Turchia, la Libia, il Nepal, che, invece, siamo abituati a considerare addirittura come Paesi di emigrazione.

Queste considerazioni preliminari ci aiutano ad acquisire, nei confronti dell' immigrazione, un atteggiamento molto meno passionale di quello che predomina nei mass media e nel dibattito politico. A sentire certe discussioni, sembrerebbe che l' Italia sia la meta quasi esclusiva di tutti i tipi di migrazione, da quella per fame a quella mafiosa, da quella economica a quella politica.

I dati analizzati a livello mondiale ci mostrano, invece, che le migrazioni sono un fenomeno universale, che ha un impatto ben maggiore in altri Paesi.

Ma anche uno studio storico ci mostra che le migrazioni sono sempre esistite (Indoeuropei e Semiti, Fenici e Greci, Romani e barbari, Arabi e Ungheresi, Turchi e Tartari, Europei e Africani, tutti sono emigrati verso Paesi lontani).

Anzi, queste migrazioni hanno cambiato il mondo : esse sono "la trama della storia".Se non vi fossero state le migrazioni di Indo-Europei e di Semiti, non ci sarebbe l' attuale scenario delle lingue del mondo.

Se non ci fossero state le migrazioni degli Arabi, non ci sarebbe l' Islam; se gli Europei non fossero emigrati fuori dell' Europa, non ci sarebbe l' attuale "mondo moderno".

Certo, anche oggi le migrazioni cambiano il mondo, ed è questo il motivo principale per cui molti se ne preoccupano. E, tuttavia, le modalità secondo cui queste trasformazioni stanno avvenendo sono imprevedibili. Studiarle, richiede una vista finissima.

Si dice che le migrazioni di popoli islamici in Europa corrano il rischio di modificare l' "identità europea". Si dimentica che, con Turchia e Bulgaria, Bosnia e Albania, ma anche Russia e Georgia, l' Islam è già "da sempre" parte dell' Europa.Si dimentica anche che sono altri Paesi, come India ed America, ad essere esposte ai maggiori rischi.

Certamente, con l' aumento (relativo) degli immigrati di religione islamica, aumenterà (sempre in senso relativo) il numero dei residenti europei contrari all' attuale tipo di globalizzazione. Ma questo succede ancor più in India e in Russia, e nessuno se ne preoccupa tanto.E, per ciò che riguarda l' Europa, succede anche con l' arrivo degli emigrati ortodossi e/o sudamericani. Ma è questo un problema? Non sono le stesse Autorità Europee una fra le prime fonti, a livello mondiale, delle critiche alla globalizzazione?Non sarà, forse, che l' Europa, con i suoi immigrati, rafforza la propria stessa identità, permettendo alle proprie Autorità di condurre una politica più assertiva nel mondo?