giovedì 28 gennaio 2010

LA MISSIONE DEL DOTTO


On the Need for Culture in Postmodernity.Besoin de culture dans la postmodernité.Not fuer Kultur im Postmodernen

I lettori hanno lamentato che, nel precedente blog "Intellettuali" o "saggi", non avesssimo chiarito a sufficienza la nostra concezione di "intellettuali". Abbiamo già parzialmente risposto.

E, tuttavia, sempre a causa della limitatezza del "format", propria del "blog", non abbiamo potuto sviluppare meglio il concetto, che coinvolge una nozione di "funzione sociale" ed una nozione di storia di tale "funzione".

La "funzione sociale" dell' intellettualità è intrinseca al concetto di umanità .

Certo, non crediamo più, come Cartesio, che "Cogito, ergo sum".E, tuttavia, il pensare, il creare, il comunicare, sono parte integrante dell' umanità, dalle prime forme di espressione, di linguaggio, di produzione. Una funzione intellettuale "separata" emerge lentamente, dalle categorie dei "vecchi" dei "saggi", dei "capi", degli "sciamani".

Più tardi, la cultura si specializza ancora, "profeti", "sacerdoti", "cantori", "artigiani", "artefici", "astronomi".E così via, fino al livello massimo di specialismo che vediamo nei curricula delle odierne università.

A causa dell' infinità delle forme che questa funzione ha assunto durante tutta la storia dell' umanità, risulta difficile immaginare una situazione in cui non vi siano più intellettuali. Al contrario, nella misura in cui, attraverso la storia culturale, l' uomo si allontana dalle sue origini animali, la quota parte "culturale" aumenta rispetto a quella "materiale".In futuro, con la diffusione della cibernetica, il ruolo dell' attività umana dovrebbe concentrarsi sempre più nell' attività culturale. Addirittura, l' attività culturale deborda oramai nelle "macchine intelligenti," che supoportano la comunicazione, la immagazzinano, la diffondono, la replicano, la ricercano, addirittura la creano.

La vera sfida all'attività culturale viene dalle macchine intelligenti, che, a poco a poco, soppiantano le attività culturali dell' uomo.

La vera battaglia del domani sarà quella per dominare, addomesticare, e, forse, chissà, "umanizzare" le macchine intelligenti.

In attesa di questa fase lontana, viviamo in un mondo complesso e ibrido, in cui coesistono l' animalità e l' intelligenza artificiale, la cultura e il macchinismo, la spiritualità e i robot.

Quale la "missione del dotto" (per dirla con Nietzsche) in questa fase intermedia?

Certo, ci sarebbe molto da dire.

Tuttavia, un tema emerge prepotente sugli altri: i rischi per la libertà.

Nonostante la retorica libertaria, la società moderna è sempre meno libera. La concentrazione del potere ideologico, militare e finanziario in pochi centri mondiali; i grandi Stati, le multinazionali; l' omologazione dei consumi e della comunicazione; la fede nell' avanzare omogeneo e lineare di una Ragione Universale; la semplificazione del discorso pubblico; il conformismo culturale;i condizionamenti da parte degli apparati tecnologici e burocratici, portano ad una riduzione del margine di autonomia, critica e creatività.

L'avanzare dell' integrazione internazionale, delle tecnologie, delle ideologie e religioni globali, l'uniformazione delle classi, l' incertezza economica, il carattere sempre più artificiale della vita biologica, restringeranno ulteriormente i margini di autonomia.

Al conformismo degli "intellettuali organici" si sovrappone quello, più trasparente, e, quindi, più indistruttibile, dei "funzionari culturali" (magistrati supremi, grandi accademici, managers di multinazionali del settore comunicazione, funzionari internazionali e governativi, direttori di giornale, responsabili delle pubbliche relazioni, ecc..), tutti "intellettuali" che hanno come "deontologia professionale" quella di esprimere la posizione ufficiale della propria Istituzione.

Che resta dell' intellettuale che esprime una propria fantasia, che provoca i concittadini, che insegna una nuova dottrina, che sperimenta un nuovo modo di vivere o creare, che polemizza con i costumi prestabiliti, che si batte e muore per le proprie idee?

Certo, la lotta diventa sempre più diseguale. Certo, l' intellettuale indipendente dovrà sobbarcarsi una dose di "rivalità mimetica" superiore a quella dei propri avversari.

Per esempio, se Dante fu costretto a iscriversi alla Corporazione degli Speziali e Nietzsche riuscì a farsi dare una pensione svizzera, bisognerà escogitare un qualche modo per entrare nelle segrete cose del complesso tecnologico, informatico e comunicazionale.

Tuttavia, in ultima analisi, gli intellettuali indipendenti hanno ancora delle "chances" (almeno finché il fattore umano resterà rilevante), perchè la società postmoderna è alla ricerca spasmodica di nuove idee da "spendere" sul mercato o nel "circo mediatico", e gli "intellettuali indipendenti" sono la maggiore fonte di nuove idee. I plagi aumenteranno esponenzialmente, come nel campo della tecnologia, dove è ben noto che buona parte delle scoperte furono "rubate" ad altri scienziati.

E, tuttavia, queste idee cammineranno.

Certo, ci sarebbe un ruolo anche per la politica.Una politica di difesa delle procedure liberali e democratiche, dei diritti civili, non fine a se stessa, ma come difesa della cultura, e dell' umano, contro gli eccessi della modernità e contro l' avanzare di un' era completamente meccanizzata.

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