lunedì 10 agosto 2009

I BALTICI:EUROPEI DA SEMPRE


Balts have always been European.Les Baltes:Européens depuis toujours.Di Balten:Europaeer seit immer.

Con lo scatenarsi della crisi economica dei Paesi dell’Europa Orientale, proprio quelli che Rumsfeld aveva imprudentemente battezzato “New Europe”, ha fatto nascere in molti cittadini, soprattutto della vecchia,"piccola Europa" carolingia, la tentazione di dire: ma che cosa ce ne facciamo di questi Nuovi Europei, che, poi, in realtà, sono Americani, si mettono nei guai per seguire l’America e di ricordano di noi solo quando non sanno più come sbrigarsela?

Seguendo quello che avevamo detto in occasione della crisi dei missili, crediamo che affermare che tutti coloro che stanno al di là dell’Oder-Neisse, dei Sudeti, della Leitha e del Carso non siano "veri europei", a noi pare semplicemente folle, ed una delle principali ragioni per cui non c’è mai stata pace in Europa.

Perciò, stiamo compiendo un excursus su questi territori della Nuova Europa, per verificare in che modo questi Paesi siano europei.

Vediamo oggi i Paesi Baltici in senso stretto (cioè Lituania e Lettonia), che costituiscono il cuore di un’antica civiltà “balto-slava”.Questi popoli, che, nell’Era Volgare, abitavano fra la Bielorussia e la Russia Meridionale (regione di Voronez), sono stati identificati, dalla storiografia locale, come i più antichi fra gli Indoeuropei, e, successivamente, da Marija Gimbutas, come “Il Popolo dei Kurgan”.Questa identificazione trova una propria origine storiche nelle frustrate ambizioni imperiali degli abitanti dell’antico Granducato di Lituania (ed, in primo luogo, dei Cosacchi), i quali si volevano riallacciare agli antichi Sarmati e Traci per rivendicare la loro egemonia sui territori dell’ allora Impero Ottomano.

La tematica del Sarmatismo e del cosiddetto “Progetto Greco” sta alla base della rivolta dei Cosacchi contro la Polonia, e del successivo movimento sarmatistico in Polonia ed in Lituania.Questo movimento serviva, allora, per giustificare le ambizioni della Polonia sull’Ucraina (antica patria dei Sarmati) e sulla Moldavia.Inoltre, la “szlachta” (piccola aristocrazia) polacca, che dominava nel Granducato di Lituania, si impadronì del nascente mito ariano per difendere la tesi che l’aristocrazia polacco-lituana fosse la discendente dei più antichi Indoeuropei.

Paradossalmente, l’unico territorio in cui le autorità favorissero l’uso del Lituano (divenuto lingua del popolo), anziché del Polacco e del Latino, era la protestante Prussia.Di qui, l’estensione del “mito ariano” dalla Lituania alla Prussia, e, dalla Prussia, alla Germania.

I Balti sono, dunque, convinti da 600 anni di rappresentare il “nocciolo duro” delle antiche aristocrazie europee.Sta di fatto che, in realtà, le prime tracce di civiltà nei Paesi Baltici non sono baltiche, bensì germaniche (vichinghe), ed i primi testi (dopo la “Germania” di Tacito) sono saghe scandinave.Nel primo Medioevo, l’intera costa dei Paesi Baltici fu, infatti, abitata dai Vichinghi, e soltanto intorno all’Anno Mille le prime tribù lituane cominciarono ad organizzarsi statualmente.

All’inizio del Medioevo, i guerrieri lituani barbari ed analfabeti colonizzarono la Bielorussia, di lingua paleoslava, assorbendone la lingua slavonica e la religione ortodossa.Nel frattempo, i commercianti tedeschi dell’Hansa cominciavano a commerciare con i Vichinghi della costa, ed i principi polacchi indipendenti della Mazovia avevano richiesto ad Hermann Von Salza, Gran Maestro dell’Ordine Teutonico, di indire una crociata contro i Balti ancora pagani (gli antichi Prussiani).Fu così che, nel Nord della Polonia, venne costruita, secondo il modello crociato, la fortezza di Malbork, sede del Gran Maestro dell’Ordine Teutonico. Di lì, i Cavalieri Teutonici, ed i loro confratelli della Croce, Portaspada e di Livonia, mossero alla conquista della Prussia Orientale, della Lettonia e dell’Estonia.

L’avanzata dei Tedeschi sul Baltico spinse i Grandi Principi di Lituania ad avvicinarsi sempre più al Re di Polonia, fino al momento in cui il Gran Principe Jogaila (Jagełło) sposò la Principessa di Polonia Edvige (Jadiviga) e creò l’unione personale fra Polonia e Lituania.Da questo momento, la Lituania si latinizzò e polonizzò sempre di più, giungendo, progressivamente, a spartirsi, con i potentati tedeschi, Prussia e Lettonia.

In Prussia, dove gli originali abitanti antico-prussiani, di lingua baltica, erano stati ridotti in schiavitù dai Cavalieri Teutonici, il Gran Maestro, che era anche l’Elettore di Brandeburgo, in seguito all’adesione alla Riforma, divenne altresì Duca laico entro la sfera del Regno di Polonia.La parte occidentale della Lettonia, la Curlandia, divenne un potente Stato semi-indipendente di cultura tedesca, che partecipò alle grandi conquiste intercontinentali.Finalmente, la Svezia conquistò la Lettonia, creando il grande centro universitario di Tartu (Dorpat), ma, poco dopo, Pietro il Grande l’annesse all’Impero Russo.

Mentre Lettonia e Lituania venivano governate, per conto dell’Imperatore russo, dall’aristocrazia svedese e polacca e dalla borghesia tedesca ed ebraica, il mondo contadino baltico rimaneva ai margini.Soltanto alla fine dell’Ottocento, per piegare le ambizioni di potere dei Polacchi, l’Impero Russo permise il riformarsi di una cultura lituana e lettone.Per affermarsi, le nuove nazionalità dovettero combattere su tre fronti: contro i Freikorps tedeschi, che volevano annettere i territori alla Germania; contro l’Armata Rossa, che voleva annetterli alla Russia Sovietica; contro gli eserciti occidentali che tentavano di occupare l’ Impero Russo.

L’indipendenza dei due paesi non durò neppure 20 anni, ché, in seguito al Patto Molotov-Ribbentrop ed alla guerra russo-tedesca, i due paesi furono occupati da Tedeschi e Russi.L’Unione Sovietica trasformò Lituania e Lettonia in due Repubbliche Sovietiche, in cui, pur riconoscendo il principio della nazionalità, si imponevano anche diversi principi, come la cittadinanza sovietica, il nazionalismo russo e la tutela delle minoranze nazionali, per esempio, polacche.

L’indipendenza dall’URSS significò la vittoria del principio piccolo-nazionale e piccolo-borghese, di recente origine, vista la storia essenzialmente multietnica ed aristocratica di questi territori.

Nella speranza di ingigantire il ruolo delle identità baltiche a spese delle comunanze con i vicini tedeschi, russi, scandinavi, polacchi e bielorussi, i governi di Lituania e Lettonia adottarono politiche e politiche economiche di impronta nettamente americana.Cominciarono anche assurde politiche di discriminazione nei confronti delle minoranze etniche, in primo luogo quella russa, accusata di essere stata, in realtà, una longa manus della politica comunista sovietica, dimenticando, con ciò, che i Paesi Baltici sono stati russi per duecento anni prima dell’indipendenza, e che, in questo periodo, le classi dirigenti russe si sono semplicemente affiancate alle precedenti classi dirigenti scandinave, tedesche ed ebraiche.In nessun momento, nei Paesi Baltici, l’elemento baltico è stato l’esclusivo dominatore del territorio.Questo elemento composito, baltico-slavo-germanico-ebraico, non può essere disconosciuto, se non disconoscendo tutta la storia del mondo baltico, e penalizzando circa la metà degli abitanti dei Paesi Baltici, che è di origine “non-baltica”.

Tutto ciò, senza alcuna avversione per i Popoli Baltici e per le loro tradizioni culturali, a cui appartengono grandissimi Europei, anche se non solo di lingua baltica, come, per esempio, Jogaila, Kant, Herder, Mickiewicz, von Ungern-Sternberg e Marija Gimbutas.I caratteri di universalità di quelle terre meglio non potrebbero esprimersi se non attraverso il verso inimitabile del loro più grande figlio, lo scrittore polacco Adam Mickiewicz, nato in Bielorussia, a Navahradac (Novogrodec), antica capitale della Lituania, il quale scrisse la più famosa frase della letteratura polacca, che suona, paradossalmente, così: “Litwa, Oicyzna moja” (“Lituania, Patria mia”).

venerdì 7 agosto 2009

PEREZAGRUZKA


Resetting relationships between USA and Russia-Relance des rapports entre Etats Unis et Russie- Neues Start zwischen Vereingten Staaten und Russland
"Perezagruzka", in Russo, significa "Reset". Questa è la parola-chiave scelta da Hillary Clinton per rilanciare il dialogo fra i due Stati.Peccato che nella scatola-regalo consegnata al collega Lavrof fosse scritto "Peregruzka", che significa "sovraccarico".
Quindi, difficile il rilancio del dialogo, che tenta di coprire una quantità veramente enorme di temi:dalla riduzione delle testate nucleari al sistema anti-missili; dal diritto di transvolata del territorio russo alle limitazioni alla guerra informatica; dall' allargamento a Est della NATO ai rapporti Russia-Paesi della CIS.
Certamente, le posizioni sono ancora lontanissime: gli USA non hanno rinunziato alle basi in Polonia e Cechia, e negano ogni riconoscimento dell' indipendenza di Ossetia e Abkhasia; la Russia pretende che venga garantito il carattere smilitarizzato dei suoi vicini, e pretende che il trattato sulla guerra elettronica sia gestito da un organismo internazionale.
E' incredibile che, su temi che riguardano così da vicino l' Europa, nessuno si sia sognato di chiedere il parere dell' Europa.
Quando avremo anche noi la nostra Perezagruzka?

CIRCA L’EUROPEITÀ DELLA POLONIA



How to recover a European Poland? Comment revenir à une Pologne européenne? Wie kommt das Europäische Polen zurück?

Uno dei Paesi che ha costituito uno dei più seri problemi per la definizione unitaria di una politica europea è stata la Polonia.Si tratta di una situazione paradossale, in quanto, da sempre, la Polonia ha fatto, della sua europeità, un punto di forza della propria ideologia. In definitiva, la Rzeczpospolita (Res Publica) polacco-lituano-rutena ha, da sempre, avuto l’ambizione di costituire l’immagine speculare del Sacro Romano Impero -Romano, Germanico e Slavo-.

La Polonia nasce come parte indifferenziata del “Barbaricum” (cfr. Karol Modzelewski, I Barbari), quella vastissima parte dell’Europa che andava dal Limes romano agli Urali, ma dove l’influenza della cultura romana non era indifferente, come dimostra, per esempio, la città preistorica fortificata di Biskupin.

La Polonia rinasce a nuova vita grazie alle invasioni unne ed avariche, che suscitano le migrazioni germaniche e slave. Nel 3° secolo d.C., un’infinità di popoli germanici attraversa il Baltico, in provenienza dalla Scandinavia (la “Scanzia oficina gentium”, di Jordanes): Goti, Gepidi, Longobardi, Eruli; essi si incontrano con Rugii, Svevi, Vandali, e migrano verso Sud, in Moravia, in Pannonia, in Dobrugia, e, poi, da lì, in Illiria e Roma, e nel resto dell’Occidente.

Anche il mito fondatore della Polonia, legato alla prima capitale (Gniezno), ed alla bandiera (l’Aquila Bianca, “Orel Biały”), è di origine gotica: i tre fratelli gotici, Lech (Polacco), Czech (Ceco) e Rus (Russo), si separano a Gniezno, presso il nido dell’Aquila Bianca.

Il Re di Polonia viene battezzato cristiano dai Cechi, ma diviene vassallo dell’Imperatore di Germania.Per contrastare i Cavalieri Teutonici, alleati dell’indipendente Ducato di Mazovia, si allea con i Lituani pagani e li difende in quel Concilio di Basilea dove viene bruciato Jan Hus. Jogaila di Lituania diviene re di Polonia; più tardi, i due paesi costituiscono, nell’ambito di un’unione personale, un enorme stato, di cui fanno parte Polacchi, Ucraini, Bielorussi, Lituani, Moldavi, Tedeschi, Lettoni, Ebrei, Tartari.

Il Regno di Polonia si trasforma sempre più secondo il modello di una repubblica aristocratica, in cui anche il più piccolo aristocratico è sovrano, come nella Germania Post-Vestfalica. È l’“aurea libertas” che costituisce il modello politico per i Polacchi. Tuttavia, l’Aurea Libertas ha un risvolto negativo: il “Liberum Veto”, il diritto di ogni nobile polacco di bloccare le decisioni della Dieta.

La Repubblica Polacca viene governata da Re stranieri eletti dall’aristocrazia: questo modello costituzionale degenera sempre più nel conflitto fra i grandi vicini, Russia, Prussia ed Austria, per la supremazia in Polonia, finché si giunge alle tre spartizioni ed alla “Finis Poloniæ”. Fine relativa, ché a partire da Napoleone, e, poi, all’interno dell’Impero Russo, la Polonia mantiene una propria identità, come Granducato e/o come Regno.

Con la 1ª Guerra Mondiale, rinasce la Grande Polonia, con le sue appendici tedesca, lituana, bielorussa ed ucraina.

La sconfitta nella 2ª Guerra Mondiale e l’occupazione sovietica significano anche la vittoria della politica piccolo-nazionalista, di uno Stato etnicamente puro, con enormi scambi di popolazioni alle frontiere, ai danni della Germania, ma non soltanto.

Con Papa Giovanni Paolo II (battezzato “Rex Polonorum”) rinascel’illusione di una Grande Polonia mitica, europea e lontana dallo sciovinismo piccolo-nazionale. Purtroppo, il modo in cui è stata gestita la transizione dal socialismo all’Europa, in modo ferocemente ideologico, capitalistico e piccolo-borghese, non poteva portare se non ad un’interpretazione restrittiva della storia nazionale, in cui le grandi lezioni di Czartoryski, di Mickiewicz, di Piłsudski e di Miłosz vennero abbandonate a favore dei teorici più fanaticamente nazionalisti, come Hoëne-Wroński e Dmowski.

Si giunge, infine, alle tragicommedie dei Fratelli Kaczynski, edella Lustracja, contro cui così nobilmente si era battuto il nostro amico Bronisław Geremek.

Come far sì che la Polonia ritorni al suo antico europeismo?

A nostro avviso, lì come qui, si impone uno studio approfondito sulle identità, con una lente d’ingrandimento su una preistoria veramente pan-europea, con un’attenzione particolare alla protostoria del Barbaricum, con un interesse rafforzato per il Regno di Polonia, e con grande apertura verso la cultura romantica, verso l’eredità culturale dell’antica Rzeczpospolita e del dissenso anti-sovietico.