giovedì 28 gennaio 2010

ALLA RICERCA DELL'IDENTITA' (LATINO) AMERICANA


Debates on Federalism in the World go beyond what Originally Assumed. Les débats sur les fédéralismes dans le monde portent plus loin de ce qu'on aurait imaginé.Debatten ueber unterschiedliche Foederalismusformen in der
Welt kommen zu unerwarteten Blickwinkeln an.


Dobbiamo ringraziare il Dipartimento di Studi Politici dell' Università di Torino e il Centro Studi sul Federalismo per l'eccellente convegno di ieri 27 gennaio su Il processo di integrazione dell'America del Sud in prospettiva comparativa, con i Professori Mariana Luna Pont e José Paradiso dell' Università Tres de Febrero di Buenos Aires.

La Lectorìa dell' Università di Buenos Aires in integrazione latinoamericanasi distingue per un approccio comparatistico alle questioni dell' integrazione internazionale, mutuato, da un lato, dallo studio dell' integrazione europea, e, dall' altro, dal metodo strutturalista (per esempio, Stein Rokkan). Secondo quanto affermato dal Prof. Paradiso, un peso rilevante viene attribuito alla sociologia.

Da tutto questo è derivato, forzatamente, un'illustrazione molto concentrata sulla storia recente dell' integrazione, in particolare dell' integrazione del "Cono Sud"(Mercosur), e con particolare riferimento alla collaborazione a livello locale.

Tuttavia, le domande del presidente della riunione, il Prof. Lucio Levi, e del pubblico, hanno allargato il dibattito ad alcuni temi che sono strettamente affini a quello affrontato direttamente dai relatori, vale a dire, il rapporto con gli Stati Uniti e con i nuovi governi di sinistra, fino ad avvicinarsi al tema dell' identità latinoamericana.

Tema che è stato sfiorato in varie sue componenti: nazionalismo particolarista dei singoli Stati sudamericani, "nazionalismo continentale", questione india, rapporto con gli Stati Uniti.

Intanto, prendiamo atto con soddisfazione che, mentre, ancora un paio di anni fa, l' atteggiamento prevalente negli ambienti accademici era quello di respingere l' "identità" come un fatto spurio della dialettica politica postmoderna, dominata dalla sociologia, dall' economia e dalla razionalità, oggi tutti danno per scontato che non si possono costruire realtà politiche, e, quindi, neppure modificare le realtà politiche esistenti, senza che vi sia un sostegno emotivo di almeno una parte della popolazione. Infatti, la forza di inerzia conferisce già sempre un supporto emotivo a non fare nulla; e, comunque, i progetti politici rivali dispongono anch'essi di un capitale emotivo, che viene utilizzato per paralizzare progetti concorrenti.

Quanto sopra vale, in particolare, per il federalismo, che, volendo promuovere modelli di autogoverno concertato a vari livelli, ha bisogno che, tanto i cittadini, quanto le élites, abbiano degli incentivi a partecipare a tali forme di autogoverno, e tanto più occorre incentivarli quanto più si intende promuovere un livello rispetto ad un altro.Ciò è ancora più terribilmente vero quando, come nel caso delle Americhe, esistano progetti di federalismo in forte concorrenza fra di loro relativi alla stessa area geografica.

Quanto sopra è esemplificato magistralmente dalla situazione americana.La "scoperta" dell' America era già sovraccarica di tensioni identitarie, che spingevano a superare le difficoltà e i sacrifici dell' "esplorazione", dell' emigrazione e della conquista: realizzare un nuovo cielo e una nuova terra, aggirare l' Islam, sconfiggere l' Impero Ottomano.

Le diverse visioni dell' identità americana sono già presenti nei conflitti fra spagnoli, portoghesi e olandesi per la gestione e spartizione dell' Impero Mondiale asburgioco, nel conflitto fra coloro che, come De Las Casas ,Vieira e Campanella, intendevano rivitalizzare le concezioni imperiali medievali, riconoscendo una dignità agli abitanti delle Americhe, e i Conquistadores, che volevano sottometterli ad una forma di sfruttamento pre-capitalistico, fra i colonizzatori inglesi e francesi, portatori dell' ideologia protestante e anti-asburgica, e i Gesuiti che vedono nelle Reducciones la realizzazione della promessa messianica, fra i Puritani che, proprio al momento dell' emigrazione, esprimono l'utopia di egemonia mondiale della "casa sulla collina", e i discendenti della Dinastia Inca, come Blas Valera e Tùpac Amaru, che rivendicano un "Regno delle Americhe", o "del Perù", all' interno della Corona di Spagna.

E' così che, paradossalmente, le Americhe, che, sotto Filippo II, erano tutte parte della Corona di Spagna,e, ancora duecento anni fa, erano in gran parte unite, sono, attualmente, divise in una trentina di Stati, che stentano a trovare un'identità comune.

Vi sono, in realta, identità fortemente concorrenti.L'idea semplicistica diffusa, del federalismo mondiale, da Coudenhove Kalergi, secondo cui le varie federazioni (tranne quella europea) avrebbero ricalcato i confini arbitrari dei continenti tracciati dai geografi, non può reggere, perchè le discriminanti fra le grandi aree del mondo non passano necessariamente per quei confini.Anzi, ciò su cui non c'è accordo sono proprio quei confini.

Evo Morales ha prestato il proprio giuramento, prima che al Parlamento di Bogotà, in abiti Inca al tempio di Tiawanaco della dea Pachamana, in cima alle Ande, in una città che, per alcuni, è la più antica del mondo.

I Paesi del Mercosur,salvo il Paraguay,residuo delle Reducciones gesuitiche, mantiengono tracce molto modeste delle popolazioni originarie.

Secondo José Valladao, nel corso del 21° secolo, gli Stati Uniti "sudamericanizzati "guideranno più che mai il mondo (l'"America-Mondo"), in quanto, grazie alla massiccia immigrazione, rappresenteranno tutti i popoli della Terra.Basti pensare il modo in cui viene gestita l' "emergenza Haiti". Infine, non possiamo dimenticare neppure la passeggera infatuazione per l' idea del G2, un'inedita alleanza fra USA e Cina, che richiama progetti del 19° Secolo (Taiping, Gordon Pascià).

I dibattiti sull' integrazione del Continente non possono non tenere conto di queste realtà, fino al punto che si possono contrapporre addirittura tre visioni assolutamente diverse del futuro dell' America: una, espressa, per esempio, dalla Presidenza Obama, basata ancora sulla Dottrina di Monroe e sull' impero Democratico ,di un'America cosmopolita, egemonizzata dal Nord, ma con elites largamente afroamericanizzate, latinizzate o asiatico-americane, che continua ad essere la guida quindi, del del mondo; un'altra, che riprende le vecchie idee di una Corona delle Americhe, a leadership india, e con un sincretismo fra neo-paganesimo e religiosità controriformista; una terza, che è quella che viene normalmente evocata, con una pluralità di federazioni, soprattutto diverse fra Nord e Sud, ma tutte di orientamento genericamente europeo-occidentale.Anche qui, i rapporti fra il Nord e il Sud, come pure fra Sudamerica e Europa, sarebbero tutti da definire.

Come si vede, la Postmodernità pone il dibattito culturale di fronte ad una contraddizione difficilmente sanabile:

-da un lato, con la sua franesia di consumo, ci costringe a concentrare il pensiero in unità ristrettissime, come i blog e i "talk shows", che offrono minor spazio di approfondimento della tradizionale cultura libresca e accademica;

-dall' altro, la realtà è più complessa, più multidisciplinare e più "bipartisan" di quanto lo stesso approfondimento accademico sia disposto ad ammettere.

Per questo, ricerchiamo un dibattito serrato con sostenitori e lettori, intellettuali ed Autorità, perfino con gli avversari, per individuare, con la massima pragmaticità, quelle forme di approfondimento e di dibattito che la realtà sociale di fatto, e anche le nuove tecnologie, ci permettano.

Anche per questo abbiamo convocato la riunione del 9 febbraio presso Alpina, per confrontarci con Voi su questi temi.

Martedì 9 febbraio 2010, presso Alpina Srl, Via Pietro Giuria, 10125 Torino
Progetti 2010

Verranno presentati filmati sulle principali aree progettuali e verrà aperto il ìdibattito.

E.mail: riccardo.lala@alpionasrl.com
Telefono
0116688758
3357761536

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