venerdì 17 dicembre 2010

AUTENTICITA' E "COSCIENZA INFELICE"


Potter’s New Book Emphasizes Contradictions of Authenticity Rhetorics. Nouveau livre d’Andrew Potter met en exergue les contradictions des « rhétoriques de l’Authenticité ».Potters letztes Buch emphatisiert Gegensaetze in der "Rhetorik der Autenticität".

Abbiamo già espresso, nel nostro precedente post, il nostro tributo agli Autori americani che collaborano a “The National Interest”, rivista di cui non condividiamo certo, al 100%, l’impostazione, ma di cui non possiamo, tuttavia, non sottolineare l’invidiabilmente alto livello.

Come abbiamo recensito con il massimo interesse l’articolo di Fred Baumann sulla crisi del concetto di umanesimo, così non possiamo neanche passare sotto silenzio l’altrettanto interessante recensione di R. Jay Magill Jr.,The Unreal Thing” (The American Interest, Vol. VI, N. 1, September/October 2010, pag. 104), dedicata ad un altro tema altrettanto scottante per ciò che riguarda le culture che fanno riferimento al “Canone Occidentale”: la "retorica dell’autenticità".

Come giustamente rileva l’Autore, la ricerca dell' autenticità costituisce una costante della cosiddetta "modernità occidentale"-una ricerca che passa attraverso tappe oramai consacrate, come, per esempio, la morte di Socrate, le opere di Lutero, Calvino, Rousseau, Thoreau, l’“alienazione” marxiana, la pittura contemporanea, eccetera.


Come rilevava già Thorstein Veblen, nelle moderne società capitalistiche, la ricerca dell’autenticità è strettamente legata ad un’affermazione di “status”, e, nella postmoderna società del ceto medio, al “feticismo della merce”.

La realtà è che l’idea, intrinsecamente rousseuiana e nietzscheana, dell’“autorealizzazione” è impossibile a conciliarsi, checché ne pensino Rorty e Vattimo, con l’“ideologia dell’eguaglianza” tipica dell’Occidente americanocentrico.

Un “riconoscimento” ben più efficace della propria “autenticità” era garantito, paradossalmente, molto meglio, come osserva l'armeno Ter Levossian, dagli antichi Imperi e dalla loro “integrazione differenziata”, che non dalle attuali democrazie, ove vigerebbe (ma solo teoricamente), l’“individualismo di massa”, ma, invece, si oscilla, di fatto, fra due estremi: da un lato, l’omologazione totale su una “way of life” assolutamente conformistica e meccanizzata, e, dall’altro,il potere incontrollato delle oligarchie del denaro.

Come nel caso precedente, crediamo che Paesi diversi, come, per esempio, l’Europa, ma anche Israele, i Paesi Islamici o l’India, siano (paradossalmente) meglio in grado di fare fronte alla crisi della “retorica dell’autenticità” di quanto non possa fare l’America. Infatti, avendo, l’America, rifiutato “a priori” ogni continuità con la pluralità (e, se si vuole, l’irrazionalità) delle “identità ereditate” delle società tradizionali, essa non è in grado di offrire, ai propri cittadini, alcun punto di riferimento per sfuggire, nella loro “ricerca di autenticità”, alla vuotezza della città tecnologica postmoderna.

Sono, invece, paradossalmente, proprio gli Europei, che sono all’origine delle contraddizioni dei concetti dell’Umanesimo e dell’Autenticità, ad essere quelli che (volendo e potendo), potrebbero pronunziare una parola risolutiva su questa questione.


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