martedì 30 agosto 2011

RICOMINCIARE DAL PENSIERO DEBOLE
















Polemics of "New Realists" Enhance Interest for "Weak Thinking"
La polémique des "Nouveaux Réalistes" réveille l'intéret pur la "Pensée Faible"
Auseinandersetzungen  mit den  "Neuen Realisten"steigern Interesse fuer "Schwaches Denken"








Per quanto non facenti parte della “corporazione” dei filosofi, seguiamo con interesse, come cittadini, la polemica sollevata, nei confronti del “Pensiero Debole”, da Maurizio Ferraris, in quanto è proprio dall’idea di “Pensiero Debole” che noi abbiamo preso le mosse nella nostra campagna a favore del rilancio dell’Identità Europea.


1.   La sintesi di un “non addetto ai lavori”

Non abbiamo l’intenzione di infrangere la sacralità del dibattito accademico, ma ci pare che i fautori del “New Realism” l’abbiano già infranta, proponendo le loro tesi sui giornali con semplificazioni in  puro stile divulgativo e politico. Ci permettiamo, quindi, da cittadini, di riassumere il dibattito così come l’abbiamo capito e interpretato.
A nostro avviso, il venir meno, non solamente dell’“incanto del mondo”, ma anche di qualsiasi forma di “rispecchiamento”, costituisce oramai un elemento ineliminabile (per quanto da molti lamentato) della filosofia contemporanea: "Pensare la filosofia in questo modo significa accettare la rivendicazione di Nietzsche che 'non esistono fatti ma solo interpretazioni'.  Questa affermazione sintetizza il pensiero che nessuna delle parole inventate dagli esseri umani per descrivere se stessi e il loro ambiente gode di un rapporto privilegiato con la realtà. Così non esiste alcuna divisione tra aree della cultura in cui si cerca una corrispondenza con la realtà e quelle in cui ciò non avviene -discipline in cui vi è un 'fatto' da scoprire e altre discipline più 'leggere'. Rinunciare all' idea che sia gli esseri umani che la realtà non umana abbiano una natura alla quale fare corrispondere asserzioni vere significa ammettere che siamo in mano alle contingenze della storia."(Richard Rorty, A sinistra con Heidegger, in MicroMega,5 - 20/2011, 3/28, pag. 29).

Sembra incredibile che gli studi sul cervello e l’evoluzione possano essere invocati  semplicisticamente da qualcuno come capaci di risolvere questo problema, che si pone "prima" dell' approccio al mondo fisico e "prima"  del ricorso al metodo sperimentale.

Addirittura, nella situazione sopra descritta, il “Pensiero Debole” non costituisce, a nostro avviso, un’arbitraria e discutibile scelta di un certo numero di filosofi “continentali” (cioè, sostanzialmente, europei, con la lodevole eccezione di Rorty), per eludere le dure lezioni della realtà, bensì, al contrario, una delle poche strade percorribili per salvare, comunque, proprio una qualche legittimità dell'esercizio della filosofia nella nostra era tardo-contemporanea. Di fronte alla diffusione, addirittura a livello di massa, del "dubbio sistematico", l’alternativa al “Pensiero Debole” non potrebbe essere, oggi, in nessun caso, una nuova "Verspiegelungstheorie (sia essa quella di S. Tommaso o quella di Lukacs), bensì, invece, unicamente il solipsismo di De Finetti.
Il "Pensiero Debole" ci dice che, nonostante che, come dice Vattimo, tutto sia interpretazione ("Ermeneutica"), non è ammissibile ritenere che, in filosofia, “everything goes”. Al contrario, l’“attendibilità” delle affermazioni filosofiche va valutata, da un lato, sulla base della buona fede del loro autore ("alétheia", il contrario di "láthein"), e, dall’altro, dalla loro intima coerenza. Buona fede significa non essere “organici” ad interessi occulti, bensì dialogare con l'obiettivo di arrivare a una soluzione (anche se una qualche forma di "organicità" è comunque inevitabile) . Intima coerenza significa che il discorso dev’essere fornito di una sua logica, e non esclusivamente autoritario, autoreferenziale o fideistico.
Anche per questo, gli ermeneutici fondano i loro discorsi filosofici sul riallacciarsi ad una specifica tradizione, dotata già di per sé di una sua coerenza (quello che noi chiamiamo la “Memoria Culturale”), che, per Rorty, è quella dell’individualismo americano, e, per Vattimo, quella di un  cristianesimo impegnato socialmente. E che, per altri, può essere qualcos’altro ancora.


2.   Pensiero Debole e Identità Europea

Per noi, per esempio, la "memoria culturale" in cui ci riconosciamo è quella di una trasversale “Memoria Culturale Europea”, ciò che giustamente Gianni Vattimo aveva definito come il nostro “ecumenismo europeistico”, una "Memoria Culturale" che comprende a buon titolo la Civiltà Danubiana e Gilgamesh, la Bibbia e i classici, il Cristianesimo e la poesia medievale, l'Umanesimo e l'Illuminismo, il Mito del Progresso e l'Antimodernismo, la psicanalisi e le Avanguardie, la cultura alta  e il Sistema Sociale Europeo.

Questo anche perché, in quanto cittadini  di quest’“Europa allo stato nascentepensiamo che essa abbia bisogno di un “ubi consistam” culturale che possa essere soddisfacente almeno alla maggior parte delle persone colte europee, le quali sono proprio quelle per cui è così attuale il "dubbio sistematico".
Coerentemente con quanto sopra detto sulla buona fede e sulla coerenza, nel ricostruire questa “Identità Europea” non riteniamo ci si debba fare guidare da pregiudizi nazionali, ideologici, confessionali o di classe, né, infine, da personali idiosincrasie. Al contrario, occorre rintracciare, fra i tratti comuni delle diverse tradizioni e delle diverse scuole di pensiero europee, quelli che abbiamo i caratteri più generali e condivisi. Solo così si potrà ipotizzare che popoli e persone così diversi possano realizzare insieme fondamentali progetti, il che presuppone, come minimo, che incomincino, innanzitutto, a dialogare e a confrontarsi, senza la pretesa pregiudiziale di avere ragione. Un dialogo su questioni astratte, come quello che ha in mente Habermas, di fatto non avviene, ed è proprio per questo che l' Europa è oggi così debole.
Cosa che invece il pensiero debole permette di fare, perché elimina il motivo  numero uno del mancato dialogo: l’altezzosa pretesa di alcuni di possedere la verità, di giudicare gli altri dall’alto in basso. E'un ppò questo il difetto fondamentale che vediamo nella posizione del "New Realism".

3.   Punti di disaccordo dal “New Realism”

Certo, anche il Pensiero Debole, come tutte le scuole filosofiche realmente esistite, ha i suoi limiti, ed è storicamente situato, né nega di esserlo. Perciò, è del tutto normale che nuovi filosofi lo critichino, ed auspichino l’avvento di nuove, diverse, scuole filosofiche, più idonee, a loro avviso,  ad affrontare le sfide del futuro. Anzi, il fatto che, in una materia come la filosofia, vi siano ancora dibattiti e proposte, va considerato come un fatto positivo, se messo a confronto con la piattezza e la mancanza di originalità del dibattito su altri temi, ma anche e soprattutto all'intolleranza dei fautori della "Fine della Storia" (siano essi post-hegeliani, post-marxisti, teo-con ,ecc..).

Ciò detto, non possiamo condividere il tipo di critiche che  vengono mosse dai sostenitori del cosiddetto “New Realism”.
Intanto, gli argomenti utilizzati per criticare il “Pensiero Debole” non sono né nuovi, né intimamente coerenti. La critica di carattere generale è quella, vecchia di oramai molti anni, secondo la quale il pensiero debole, per il suo carattere che si pretende irrazionalistico, sminuirebbe la forza persuasiva del tradizionale discorso “progressista”, e, in tal modo, anche il fronte politico del “progresso” rispetto a quello della “reazione”. Argomento inquisitorio ed "a priori", ripreso di peso dalla critica di Lukács a tutta la filosofia tedesca dell’Ottocento e del primo Novecento, la quale ultima , con la  fuoriuscita dalla ferrea dialettica hegeliana e marxiana, avrebbe, addirittura, posto  le basi del nazismo. Accusa che Ferraris ribalta pedissequamente su Vattimo:
 "Il problema è che però bisogna decidersi facendo i conti realisticamente con quello che c'è, e che, quando si è deciso, Heidegger si è deciso per Hitler. E' a dir poco stupefacente, insieme, rivendicare la superiorità della decisione sull' oggettività e cerrcare di corroborare questa tesi con l' esempio di uno che ha aderito al nazismo"(Massimo Ferraris, Epistemologia ad personam, in Micromega 5, 20/11, pag. 95).Si noti che, con queste premesse, Lukács, che era stato nominato, nel frattempo, ministro della cultura dell’Ungheria, aveva trasformato le tesi di cui sopra, esposte nel libro “La distruzione della Ragione”, in una circolare ministeriale, in base alla quale, con il sistema che era stato già della Santa Inquisizione, i libri non graditi al Ministro della Cultura erano stati fatti sparire da tutto il paese. Qualcosa di simile a ciò che si dice stia nuovamente accadendo in quel Paese ora.
Anche i seguaci del “New Realism” criticano il “Pensiero Debole” soprattutto come possibile fonte di teorie reazionarie,  di amicizie con il "nemico di classe", di possibili “riscritture della storia”,e, comunque, di un'accettabile eterodossia : "Oltre alla rimozione del nazismo di Heidegger è problematica in Vattimo la tardività della conversione al marxismo, che avviene proprio nel momento in cui il marxismo è scomparso dalla scena politica, e Marx è diventato uno spettro buono per farci conferenze o scrivere libri. L'adesione al comunismo da parte di Vattimo (che è successiva al 2003, ossia alla morte di Gianni Agnelli) è avvenuta senza un accenno di autocritica - essere stato negli anni della marcia dei quarantamila un intellettuale vicinissimo alla Fiat è una Dummheit, sia pure debole?"(Ferraris, ibidem).

Osserviamo,tra parentesi, che gli storici non hanno certo bisogno dei filosofi per riscrivere la storia, ché, anzi, tutta la storia, dai tempi più antichi, non è altro che “riscrittura”(in buona o in mala fede), dalla cancellazione del nome di Ekn-Aton alla trasformazione di Elohīm in Adonai, dalla' obliterazione  delle persecuzioni cristiane contro i pagani alla trasformazione, in un “democraticoe” e "antiautoritario", del monarchico assolutista e schiavista Voltaire, fino alla negazione della nascita delle radici del patriottismo ottocentesco dalla prassi e dalla teoria della Restaurazione. E, viceversa, ci sono ancor oggi ancora tantissimi autori che stanno giustamente riscrivendo la storia appoggiandosi alla scoperta di  fatti nuovi, come, per esempio, quegli archeologi che stanno scavando a Göbekli Tepe, e anticipando così la data della sedentarizzazione di popoli primitivi,  a Schlomō Sand, che, sulle orme di Köstler, sta riscrivendo la storia etnica del Popolo d’Israele.

D'altronde, Ferraris dichiara apertamente la propria dipendenza dal testo di Lukacs, che fu la base per la persecuzione dei dissidenti e dei deviazionisti (chiamati, allora, guarda caso,  "Revisionisti") nel Blocco Sovietico:  "E' con esattezza la situazione rilevata dal Lukacs nella Distruzione della Ragione, quando osservava che gli intellettuali sentono l'ingiustizia sociale e avvertono la necessità di una trasformazione, ma al tempo stesso non se la sentono di fare nulla di reale, per cui riforme e rivoluzioni avvengono in un cielo mitico, quello, poniamo, della critica della ragione scientifica e calcolante come strumento di dominio. O sotto un cielo religioso."(Ferraris, ibidem).E, in realtà, l'attacco a Vattimo è tutto qui: è un filosofo cattolico, per quanto progressista, ma, per i "New Realists" un cattolico non può essere progressista: "Quella di Vattimo è davvero una post-filosofia, nel senso che è un'eresia cattolica in senso etimologico e paradossale: una scelta personalissima che vuol essere universale"(Ferraris, ibidem).
Peccato che tutta la storia europea (dall' Islam al protestantesimo, dal progresso al comunismo, ai fascismi) possa agevolmente essere ricondotta ad una pluralità di eresie cattoliche.

4.   Qualche nostro suggerimento

A nostro avviso, altre sono le critiche da farsi alla teoria del “Pensiero Debole”. Infatti, una volta lodevolmente enunziati i propri grandi principi, che fondano la possibilità di una ricerca e di un dibattito fuori dello spirito censorio degli autentici “detentori della verità”, il Pensiero Debole deve ancora dimostrare la propria capacità di costituire la chiave di volta di una costellazione di discipline (filosofiche e non filosofiche), di cui la società ha bisogno per il proprio funzionamento (come, per esempio, gnoseologia, etica, scienze politiche e filosofia della scienza, eccetera),  che, tradizionalmente, costituivano come delle "branche" della filosofia, e che,  oggi sono dominate da principi dogmatici di varia origine.
Senza questa dimostrazione, gli avversari del Pensiero Debole avranno sempre vita facile nel sostenere che quest’ultimo, non solamente non è in grado di incidere profondamente sulla realtà, ma, addirittura, costituisce una sorta di alibi per non agire, così come, a suo tempo, secondo Lukacs, la “filosofia della vita”, avrebbe costituito un alibi per non opporsi alla nascita del nazismo.
A nostro avviso, il Pensiero Debole ha ancora molto lavoro da compiere, soprattutto nell’ambito del “dialogo interculturale”, dove l’analogia fra il Pensiero Debole e la filosofia ebraica (Maimonide), il confucianesimo (“revisione dei nomi”) e, soprattutto, le filosofie indiche (dialettica fra realtà ed apparenza), potrebbe portare ad un nuovo “background” condiviso, capace di guidare il mondo di fronte alle sfide del nostro comune futuro globalizzato. Un esempio di questo sforzo è costituito dall'eredità teologica di Raimòn Panikkar, che ci ha recentemente lasciati.


5.   Le sfide del futuro

Confidiamo nell’Ermeneutica soprattutto  per gli indispensabili approfondimenti sull’Identità Europea.In questo campo, una maggiore attenzione per la memoria culturale ci permetterebbe forse di accorgerci di fenomeni fondamentali e trascurati, come le molteplici influenze medio-orientali sullo sviluppo della nostra cultura, il continuo interscambio culturale fra Europa Occidentale e Orientale, la lunghissima gestazione dei progetti di integrazione europea, il ruolo centrale, nella cultura del Continente, dell’ultimo secolo, del dibattito sui significati impliciti della scienza e della tecnica.
E, soprattutto, un’ermeneutica capace di affrontare, in chiave europea, ma in un’ottica multiculturale, le sfide del Post-Umano, oramai incombente e determinante, potrebbe dare, a nostro avviso, un contributo decisivo alla messa sotto controllo di un processo di automatizzazione dei processi sociali, che sta mettendo in pericolo non solamente il legame sociale e l’ambiente naturale, bensì la libertà, e la stessa sopravvivenza, del Genere Umano.

La fondamentale debolezza del dibattito fra Pensiero Debole e "New Realism" ci sembra essere la sua assoluta inattualità. A leggere l'ultimo numero di MicroMega, sembrerebbe di essere negli Anni Cuinquanta: che Lukacs abbia appena scritto la Distruzione della Ragione, e che l'unica scelta politica che gli intellettuali sono chiamati ad adottare sia quella fra il fronte del proletariato e del progresso e quello della reazione - capitalistica, vaticana o nazista-.Come se non ci fossero,oggi, l'intelligenza artificiale, i droni, Echelon, le guerre neo-colonialistiche, il dominio della finanza globale, la disoccupazione di massa, il furto informatico delle identità. Gli anni che ci attendono saranno caratterizzati dal controllo totale su ogni nostro movimento da parte di un sistema informatico generalizzato, dall'assolutizzazione dei dogmi del Pensiero Unico, da una conflittualità globalizzata fondata su rivoluzioni teleguidate, guerre umanitarie, cyberguerre, uso a fini bellici dello spazio, degli automi e delle neuroscienze, canalizzazione del consenso mediante la rete. Le previsioni di Tocqueville e di Baudelaire, di Nietzsche e di Zamiatin, di Capek e di Huxley, di Anders e di Asimov, di Lem e di Tarkovski, di Burgess e di Kubrik, si realizzaranno tutte insieme contemporaneamente.


Sono queste le grandi sfide a cui l'Umanità dovrà fare fronte. Di fronte a un "destino della tecnica" che sembra inverare le più catastrofiche visioni del  "Servo Arbitrio", di fronte ad una somma disumanizzazione che si presenta come supremo progresso, l'Umanità ha bisogno della filosofia per motivare le proprie scelte. Che cosa ci dicono di queste cose i filosofi?

Per questo, inviterei il Professor Vattimo e tutti quei filosofi che restano fedeli alle posizioni del Pensiero Debole, da un lato, a non farsi intimorire dalle critiche (per ora poco convincenti) dei sostenitori del New Realism, e, dall’altro, a proseguire le loro ricerche, soprattutto  nelle direzioni sopra indicate (filosofie comparate, filosofia della scienza e della tecnica, postumano, memoria culturale europea).
Per parte nostra, siamo a disposizione per favorire questo dibattito, invitando innanzitutto il Prof. Vattimo a confrontarsi con il nostro pubblico su questi temi. Essendo noi, tra l'altro, impegnati sul fronte dell' identità territoriale (cfr. http://www.torino2019.blogspot.com), ci permettiamo di considerare questi temi un po' come legati all'identità torinese, grazie anche e soprattutto al fecondo dialogo fra il pensiero di Nietzsche (ospite d'eccezione della nostra Città) e la scuola filosofica torinese.
 
Ovviamente, siamo aperti anche al dialogo anche con i sostenitori del “New Realism”, che inviteremmo, per altro, visto che sono Italiani ed Europei, ad illustrare le loro tesi anche qui da noi, e non solamente agli Americani (come sembra vogliano fare lanciando il dibattito a New York).
Siamo pronti, perciò, ad organizzare al più presto un dibattito anche con loro.


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