lunedì 3 giugno 2013

HOLLANDE IN DIFESA DELLA CULTURA EUROPEA


Simone Weil, intellettuale francese

Europeista e pacifista, con il fucile in spalla




Finalmente una voce fuori del coro. Il Presidente francese Hollande si è deciso a porre un freno alla decadenza degli studi umanistici in quella Francia che pretenderebbe assurdamente di essere uno Stato Culturale e il campione dell’”Exception Culturelle”, e ha lasciato, invece, andare allo sbando, come tutti noi,  il suo apparato culturale.

Se mai vi fu un’area in cui si può produrre, in Europa, una crescita utile, questa è, certamente,  proprio quella culturale.

Siamo i primi a sapere e a difendere la tesi che, invece di reiterare, come fanno, per esempio i Francesi, la vieta  contrapposizione retorica fra la cultura europea e l’ incultura americana, occorrerebbe, invece,  ripercorrere gli esiti delle inutili campagne condotte, in America, negli Anni ’30,  da luminari della letteratura come Irving Babbitt, a favore della vecchia cultura umanistica, nonché all’accorato appello di Simone Weil perché l’ Europa divenisse la punta di diamante nella lotta mondiale inper la difesa di tale  cultura . Secondo la Weil, l’Europa avrebbe potuto (e dovuto), da un lato, rafforzare il suo radicamento nella cultura grazie al contributo della religiosità islamica, e, dall’ altro, sostenere quelle forze, che, in America, si battevano (come, ripetiamo, Irving Babbitt, ma, perché no, anche T.S. Eliot ed Ezra Pound), per il mantenimento della cultura umanistica contro le pressioni del “progetto anticulturale occidentale” iniziato da Emerson e Whitman, e che sta ora trovando coronamento nella nel gruppo dirigente  di Google.

Tornando a noi, se Hollande volesse essere  coerente, dovrebbe proporre, a Bruxelles che, come voleva Simone Weil -d’accordo, in ciò, con altri autori francesi come per esempio Guénon, Padre Foucault e Antoine de Saint Exupéry-,  si uniscano le forze delle varie università sedicenti europee (come il Collegio d’Europa, l’ Università Europea e l’Eurac di Bolzano) , per creare una sorta di “force de frappe” di tutte le culture umanistiche del mondo (comprese quelle nord e sudamericana, indica, islamica, cinese e africana), per contrastare il progetto anti-culturale della Globalizzazione, che è incarnato oggi, come illustrato mirabilmente dal sociologo (sempre francese) Martel, dalla cosiddetta “Cultura Mainstream”.

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