venerdì 9 gennaio 2009

Lavorare in Europa sui Diritti Umani


Working on implementation of Human Rights: Pope and President express critical news. Travailler les droits de l’homme: Le Pape et le Président expriment une position critique. Arbeiten für Menschenrechte: Papst und Präsident aüssern kritische Gesichtspunkte.

I Diritti dell’Uomo costituiscono, prima che una realtà, un problema, come si evince dall’eccellente opera recentemente pubblicata da Marcello Flores, e come confermato dalle prese di posizione delle massime autorità in occasione dei 60 anni della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo: il Papa ha sottolineato come tali diritti, senza un adeguato fondamento spirituale, rischino di essere svuotati, e il Presidente italiano ha fatto rilevare come, alla loro affermazione teorica, non corrisponda un’effettiva attuazione.
La posizione espressa dal Papa non si discosta da quella tradizionale della Chiesa cattolica, che i giuristi medievali avevano mutuato dal Diritto Romano, secondo il quale i diritti umani erano originari, anche se comprimibili nel corso della storia: vigeva il principio “in dubio pro libertate”, come aveva rilevato, per esempio, Monsignor De las Casas.
La critica papale si rivolge soprattutto contro la visione laicistica del diritto, e, quindi, anche dei diritti dell’uomo, secondo la quale il diritto, in quanto realtà umana, avrebbe un valore solamente “trascendentale”, cioè nella società e nella storia, e non, invece, “trascendente”, cioè assoluto, e, quindi, fuori della storia. Se i diritti umani sono “trascendentali”, essi possono essere cambiati, e, quindi, tali diritti non sono garantiti per sempre.
Con questa obiezione si tocca un punto molto delicato dell’intera dottrina dei diritti umani, che, da un lato, pretendono ad un valore assoluto, ma, dall’altro, si scontrano contro i due opposti vincoli, da un lato, della storicità, e, dall’altro, del loro carattere intrinsecamente “metafisico”, non fondabile su criteri che non siano fideistici. Quanto alla storicità, ricordiamo che nel Vecchio Testamento, libro sacro comune alle tre religioni monoteistiche, i diritti umani nel senso attuale del termine non venivano neppure presi in considerazione, mentre, al contrario, venivano esaltati, come volontà di Dio, lo sterminio dei pagani e degli eretici, il divieto della libertà religiosa e la schiavitù. La stessa proposizione dei Dieci Comandamenti (che, in quanto Doveri verso Dio, potrebbero essere il rovescio positivo dei Diritti Umani) è misteriosamente legata, nella vicenda del Vitello d’Oro, a un’orrenda strage ad opera di Mosè e dei sacerdoti.
Per ciò che riguarda il carattere fideistico, occorre ricordare che altre religioni, per esempio l’Islām, hanno visioni diverse dei diritti umani, derivate dall’interpretazione del loro “pacchetto” di libri sacri.
Quanto al grado di attuazione dei diritti umani, mentre diamo per scontato che essi non siano rispettati integralmente in nessun Paese, come rivelano i rapporti annuali di Amnesty International, possiamo affermare che essi non sono molto rispettati neppure in Occidente, e neppure in quell’Europa che pretende di essere alla guida in questa materia e che, con la Convenzione di Nizza, ha posto in essere il catalogo più esauriente di tali diritti. Ed è su questo, su ciò che accade in Europa, che dovremmo concentrarci, in quanto, da un lato, su esso possiamo operare effettivamente, e, dall’ altro, non può essere il sospetto che il nostro intervento sia motivato dalla semplice volontà di indebolire e omologare Paesi che consideriamo diversi od ostili. Infine, solo così l’Europa potrebbe pretendere quel ruolo di guida morale a cui aspira.
Basti pensare alle condizioni discriminatorie nei confronti dei migranti, con o senza documenti, e perfino cittadini comunitari; basti pensare al diniego del diritto alla differenza culturale ai cittadini europei di lingua e cultura russa, turca ed araba, che non possono usare ufficialmente le loro lingue, pur se parlate da un numero di cittadini europei superiore a quello di uno Stato membro di medie dimensioni, e, anzi, vengono spesso discriminati ed esclusi proprio con pretesti linguistici. Ricordiamo soprattutto l’attacco frontale, non solamente alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, lanciato in America dalla Presidenza Bush, ma estesosi a tutto l’Occidente, in concomitanza con il Patriot Act, che ha negato, tra l’altro, diritti sanciti da testi costituzionali di tutti i tempi e di tutti i paesi: il diritto alla Resistenza della Magna Charta, il diritto ad un equo processo sancito dall’Habeas Corpus, il diritto di eguaglianza sancito dalla Dichiarazione di Indipendenza americana, la Convenzione contro la tortura, il diritto alla Privacy, e tanti altri. Tali limitazioni ai diritti dell’uomo riconosciuti fin dai tempi antichi non sono ancora state sanate.
Crediamo che i tre problemi chiarezza di definizione, fondamento e concretezza nell’attuazione pratica, debbano andare di pari passo.
Il miglior modo di commemorare questo anniversario appare, dunque, quello di varare un energico programma di lavoro, che parta dalla riflessione filosofica e teologica, attraversi una rivisitazione del diritto europeo e costituzionale in concomitanza con la ratifica del Trattato di Roma e le discussioni sulla Costituzione Europea, per pervenire a precise azioni - legislative ed applicative - sul piano dei diritti “interni”.
Ci sembra che la già citata opera di Flores costituisca un buon punto di partenza, proprio perché non nasconde in alcun momento la storicità e la problematicità della questione.

1 commento:

  1. Ciao
    Ricordo che i diritti umani sono un bel banco di prova per una questione antica in filosofia: i valori si fondano su qualcosa di comune e indiscutibile, o dipendono dai diversi punti di vista (ad esempio: dalle diverse culture umane che si sono susseguite nel tempo o che oggi si diversificano nello spazio)? Il primo approccio, fondazionalista, sembra essere alla base della Dichiarazione Universale che festeggiamo: ci sono diritti inalienabili, comuni a tutti gli esseri umani in quanto tali. Ma spesso il fondazionalismo ha sconfinato nel fondamentalismo e nell’integralismo. Ecco allora che la “svolta” linguistica della filosofia del Novecento ha cercato di costruire una visione più pluralista, di dialogo tra culture. Credo che essa possa far fare un passo avanti in quel percorso della difesa dei diritti umani che è iniziato forse con l’Habeas Corpus Act nel Seicento, ma che di strada deve farne ancora molta.

    RispondiElimina