mercoledì 4 febbraio 2009

Un paese ci vuole...

Cesare Pavese and Piedmont Identity. Cesare Pavese et la identité Européenne. Cesare Pavese und Europäische Identität.

Quando parliamo di “Identità Europea” intendiamo riferirci ad un fenomeno che, all’interno della cultura contemporanea, ha una valenza di carattere generale, le “Identità Collettive”.
L’attenzione, da parte della cultura, per le identità collettive si intreccia con quella per le identità individuali.
In epoca preromantica e romantica, al “Culto dell’Eroe”, cioè dell’individuo dotato di una grande personalità, si accompagnava la “ricerca dell’anima dei popoli”, da scoprire, attraverso la lingua e le tradizioni, sotto le incrostazioni della cultura ufficiale.
Nel XX secolo, alla ricerca dell’identità individuale attraverso la psicanalisi, fa seguito la ricerca delle identità collettive, intese non più, come in epoca romantica e dai nazionalismi, come un qualcosa di dato ed immutabile, tendenzialmente totalitario, bensì come qualcosa di fragile e sfuggente, da “rivalutare” e “sostenere” come l’identità individuale.
Ci si rende conto anche del fatto che le identità sono un fenomeno multiplo, che va dall’individuo all’Umanità, passando per il quartiere, il luogo, gli orientamenti culturali e di genere, le regioni, le denominazioni religiose, le ideologie, le tradizioni etnoculturali…
L’identità di ciascuno di noi, come pure quella delle collettività, è, pertanto, molteplice e mutevole.
Ciascuno di noi appartiene ad una famiglia, ad un quartiere, ad una città, ad una professione, ad una o più comunità linguistiche, ad una o più tendenze culturali e/o religiose, ad una regione, ad un Continente.
Anche le regioni e le città ricercano la loro identità.
Il Centenario della nascita di Pavese ha costituito un’ottima occasione per riavviare il dibattito sull’“identità piemontese”, che non può più essere compresso entro le tematiche risorgimentale, modernistica e tecnica.
La vicenda di Cesare Pavese è semplicemente emblematica di quella di molti intellettuali, piemontesi di nascita o d’adozione, ai quali il paradigma dell’impegno politico e della razionalità tecnico-scientifica risultava stretto, da Alfieri a Salgari, da Ginzburg a Jesi, oppure era, addirittura, inaccettabile, come per De Maistre e Del Noce.
La realtà è che la storia culturale del Piemonte è di un’enorme complessità, in quanto il Piemonte fu sempre un’area di confine, in cui confluivano le tradizioni feudali del Sacro Romano Impero, una Chiesa spesso inquieta e talvolta eretica, l’influenza della vicina Francia, una campagna ed una montagna profondamente radicate in tradizioni ancestrali tipiche di paesi di confine e la grande metropoli scientifica e produttiva con ramificazioni culturali, industriali e finanziarie in tutto il mondo.
In questa fase di profonda trasformazione degli assetti mondiali, che ha un impatto diretto sul tessuto socio-economico del Piemonte, è giunto il momento di fare comprendere, ad Autorità ed opinione pubblica, che questa complessità delle tradizioni della nostra Regione costituisce una grande ricchezza, tanto dal punto di vista della capacità, da parte della stessa, di costruirsi un nuovo futuro, quanto da quello di attrarre l’interesse di persone e soggetti collettivi provenienti da altre parti del mondo.
Avremo, quindi, un Piemonte centro-europeo, che si rispecchia nelle sue minoranze etnolinguistiche e religiose; un Piemonte storico, che non è solamente risorgimentale, ma anche feudale e localistico; un Piemonte contadino e provinciale, che è stato cantato, in forme diverse, da Pavese e Gozzano e che oggi attrae piemontesi e stranieri; un Piemonte modernista e d’avanguardia, ancora proteso verso gli scambi a livello mondiale; e, infine, un Piemonte cosmopolita, che ha ospitato, e continua ad ospitare, intellettuali, imprenditori, tecnici e lavoratori di ogni parte del mondo.
Non crediamo che questa identità piemontese sia in contrasto né con l’identità europea, di cui tutti facciamo parte, né delle diverse identità locali della nostra Regione, impregnate, quale più dell’una, quale più dell’altra, di queste tante eredità.

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