Turin has a record of excellence in multiculturalism
Turin a une tradition de multiculturalisme
Turin hat eine Tradition von Multikulturalismus
Le stesse questioni che si pongono nei rapporti fra l’Europa ed il resto del mondo valgono anche per i rapporti infra-europei.
Costituisce, per così dire, un luogo
comune, abbastanza poco significativo, affermare che l’Europa costituisce
un’identità nella differenza. Questo perché tutti gli antichi imperi, come pure
gli Stati Uniti, hanno avuto come motto “l’identità nella differenza”.
A parte il fatto che questo motto è
stato spesso tradito dai suoi sostenitori, come è avvenuto nel caso della
russificazione dell’Impero zarista, della nazionalizzazione della Turchia e
della politica americana di integrazione, l’Europa presenta, rispetto a quegli
esempi, una caratteristica in più: essa non è l’erede storica di un impero,
bensì di almeno tre imperi: quello romano, quello bizantino e quello islamico.
Il carattere pluricentrico
dell’Europa dovrebbe essere, perciò, ancor più spiccato, come espresso
dall’idea stessa delle “Tre Rome” (Roma, Istanbul e Mosca), oggi più che mai
attuale con il riemergere del peso politico, economico e militare della Turchia
e della Russia.
Per questo motivo, l’Europa deve non
solo bandire i suoi vecchi demoni dell’antisemitismo, dell’arroganza
romano-germanica e dell’islamofobia, ma anche, e soprattutto, valorizzare al
massimo la propria pluralità, con forme sempre più avanzate di federalismo, di
scambio fra le popolazioni, di educazione multilinguistica.
Anche nel caso dell’Europa, il
multiculturalismo, lungi dal compromettere l’identità europea, è l’unico a
renderla possibile.
Non è possibile definire l’Europa
solamente nei termini di un’Eredità Giudaico-cristiana. Occorre vedere le
radici eurasiatiche e medio-orientali, gli incontri-scontri con i popoli
precolombiani e con la Cina, la dialettica fra le diverse culture neolitiche,
fra Europa ed Asia, fra Cristianesimo ed Islam, fra Europa Occidentale ed
Orientale.
1. Le identità plurime come base del federalismo
europeo
Anche l’Europa, come ed ancor più che
le Nazioni Unite, è affetta dal vizio del “funzionalismo”, che non le permette
di sfruttare appieno le proprie potenzialità.Autorità, cittadini e “media”
percepiscono l’Europa come un sistema burocratico fatto di norme, di valute, di
borse e di banche. Nessuno si rende conto che, invece, dietro a queste cose ci
sono centinaia di milioni di persone, con le loro storie, con le loro culture,
con i loro progetti. Sono questi milioni a fare prevalere sempre, con la loro
pressione, ma, direi, con la loro stessa esistenza, l’Europa anche nei momenti
più difficili, quando sembra che essa sia sul momento di disintegrarsi.
Anche all’interno dell’Europa, far
funzionare in modo proficuo questo meccanismo significa spezzare la
barriera di silenzio, dare voce alla base ed alle sue identità. Fare parlare di
nuovo la tradizione classica e le culture ancestrali, il patrimonio cristiano e
le nazioni periferiche, i ceti sconfitti dalla storia e le culture minoritarie,
le città ed i territori.
Anche in questo caso, il principio di
sussidiarietà e la cura della diversità si scontrano, di fatto, contro una
tradizione giacobina centralizzatrice e livellatrice, sì che l’Europa delle
Regioni si manifesta spesso come un pretesto per la casta politica e
burocratica per gestire miliardi all’insaputa dei cittadini.
I risultati pratici delle riforme
federalistiche in Italia dimostrano che neppure movimenti apparentemente
localistici, come la Lega, sfuggono alla logica culturale del funzionalismo e
del livellamento burocratico.Anche rilanciare le identità locali significa
ripartire dalla cultura, anzi, dalle culture mediterranea, mitteleuropea,
cristiana, orientale, nordica, o delle steppe, che innervano le diverse regioni
d’Europa. Significa ricercare, attraverso la storia culturale, le specificità
che hanno fatto, dell’Andalusia, qualcosa di diverso dalla Castiglia, del
Piemonte qualcosa di diverso dalla Lombardia, del Brandeburgo qualcosa di
diverso dalla Sassonia.
Solo una volta ristabiliti i diversi
filoni della nostra storia culturale, potremo identificare il corretto tipo di
aggregazione che conviene per realizzare un effettivo federalismo, ed il
particolare tipo di vocazione di ciascun territorio.
2. Il Piemonte: una regione europea multiculturale
Quanto sopra è particolarmente vero
per l’area piemontese, un’area da sempre di confine fra spazi diversi della
cultura europea: Gallia Cisalpina, Liguria e Province Alpine; Regno di Arles e
Regno d’Italia; Stati di Sardegna, Ducato di Milano, Saluzzo e Monferrato;
Impero Francese e Regno d’Italia; minoranze etniche e religiose dei Walser, dei
Franco-Provenzali, degli Occitani e dei Valdesi.
Nonostante che le Autorità locali
abbiano fatto lodevoli sforzi per valorizzare alcuni aspetti dell’eredità
locale, come le residenze sabaude ed il Risorgimento, e che la legislazione
comunitaria e nazionale siano molto generose nei confronti dei popoli
minoritari, molto resta da fare per valorizzare le risorse, a nostro avviso
veramente infinite, del nostro territorio, risorse che comprendono i legami con
Nizza e Savoia, la storia della poesia provenzale, i cammini di fede attraverso
le Alpi, la storia dei piccoli Stati locali, la storia degli intellettuali
europei a Torino, la storia del pensiero sociale e politico, il pieno
sfruttamento delle risorse costituite dalle minoranze immigrate e residenti.
Nella nostra visione, il nostro
territorio potrebbe, e dovrebbe, divenire la sede di un laboratorio speciale di
multiculturalismo, nel quale potrebbero e, a nostro avviso, dovrebbero, essere
rappresentate tutte le varie forme di multiculturalismo che abbiamo in
precedenza citato.
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