L'Europa e la crisi
Il Presidente della Banca Centrale Europea Mario
Draghi è probabilmente il migliore fra gli attuali dirigenti europei.
Interpreta la sua funzione con il massimo di coerenza, e, entro i limiti della
stessa, non esita a collocarsi anche in posizione eccentrica per servire al
meglio gli interessi dell’ Europa.
Il 30 Aprile, Draghi, nell’annunziare le
previsioni dell’ Istituto di due anni di recessione per tutto il Continente, ha
anche annunziato la riduzione del tasso di sconto a 0,5% per favorire la ripresa.
Tutti danno per
scontato che “Europa” corrisponda a “economia”; che bisogni “dare fiducia ai
mercati”; che l’unica scelta ancora possibile sia quella fra “liberismo” e
“Keynesismo”.
Tutti questi luoghi comuni hanno il difetto di
dimenticare che noi Europei siamo circa un miliardo di persone (come gli
Islamici e tre volte gli Americani), che la nostra cultura influenza
pesantemente (nel bene e nel male) quelle di tutti gli altri Continenti; che il
nostro PIL aggregato è ancora superiore a quello di tutti gli altri Continenti;
che in Europa vi sono ben tre potenze nucleari: la Russia, la Francia e
l’Inghilterra; che la nostra spesa militare complessiva è comunque più della
metà di quella americana e ben al disopra di quelle della Cina e della Russia.
In definitiva, saremmo un partner di primissimo livello nel mondo, se non
gestissimo come ora in un modo semplicemente demenziale, il nostro inimitabile patrimonio culturale,
etnico, economico, tecnologico e militare.
Ciò richiederebbe semplicemente coordinare le
enormi energie dell’ Europa.
Quindi, anche in campo economico, “fare l’Europa” non già per superare la crisi, bensì per conseguire un livello di eccellenza in un ambito mondiale, come sarebbe logico per un’antica e veneranda civiltà come la nostra.
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