sabato 31 ottobre 2009

LA CADUTA DEL MURO, UN' OCCASIONE MANCATA


The fall of the Wall: a lost opportunity. La chute du Mur: une occasion manquée. Das Mauerfall: eine verpasste Chance.

Fra le varie osservazioni espresse in occasione delle diverse celebrazioni della caduta del Muro di Berlino, ci sembra importante mettere in rilievo quella contenuta nell' editoriale dell' ultimo numero di Limes, secondo cui gli avvenimenti del 1989 dimostrerebbero che una vera unificazioni dell' Europa non sarebbe possibile. Abbiamo già parlato dell' atteggiamento antieuropeo tenuto dalle classi politiche occidentali in quell' occasione.

L' editoriale di Limes vuole riferirsi soprattutto alla scissione intervenuta fra le opinioni pubbliche dell' Europa dell' Ovest, Europa dell' Est e Russia.

Certamente, in teoria i fatti dell' '89 avrebbero potuto fornire una spinta determinante verso una assai più marcata unificazione dell' Europa, dall' Atlantico agli Urali, in quanto la caduta del blocco sovietico avrebbe rimosso i presupposti della divisione culturale, politica, militare e sociale del Continente. Sappiamo come, invece, l' integrazione europea sia proseguita pigramente, con scarso seguito nella popolazione, mentre le opinioni pubbliche dell' Europa Occidentale, dell' Europa Orientale e della Russia si avviavano su strade abbastanza diverse, e dove è impossibile stabilire un consenso autentico si temi fondamentali anche all' interno dui una minoranza attiva.

La ragione di tutto questo sta in una carenza culturale generalizzata, eredità della divisione di Yalta. Gli Europei si erano troppo abituati a scambiare, per loro "identità", l' una o l' altra delle ideologie sovrannazionali che dominavano nei due blocchi. Una volta caduto il blocco orientale, tutto ciò si è tradotto in una serie di diverse sfumature nell' interpretare il modello occidentale.

In ultima analisi, poco ci si cura di ciò che è specificatamente europeo, salvo, paradossamente, che in Russia e in Turchia, dove, però, lo si chiama "russismo" o "turchismo".

Avrebbe potuto andare diversamente? Sì, se i principali attori europei del cambiamento, Gorbaciov e Giovanni Paolo II, avessero stabilito una collaborazione più stretta, comprensiva di un modello culturale paneuropeo, da diffondere grazie alla residua forza dei partiti comunisti e la rinascente forza delle Chiese.

In realtà, l' Europa aveva già perduto tre volte un' occasione per unificarsi: se si fosse potuta evitare, con un accordo fra i sovrani, la 1a Guerra Mondiale, come auspicavano il Papa e i pacifisti; poi, durante la 2a Guerra Mondiale, se, con il successo dell' "Operazione Valchiria", avesse potuto prendere piede in Germania una terza forza, capace di negoziare una pace più onorevole con gli Alleati ed una prosecuzione delle alleanze del periodo dell' Asse; infine, nel 1968, se il Movimento degli Studenti avesse proseguito la sua iniziale vocazione unitaria, riuscendo, così, a fondersi con i movimenti studenteschi e operai non marxisti dell' Europa Orientale, portando gradualmente l' intera Europa nel campo della "neutralità".

Ciò che ci preoccupa è che, con queste lamentele retrospettive, si rischia di perdere anche la quarta occasione, che si apre ora sotto i nostri occhi, grazie alle opportunità di sviluppo economico e di apertura culturale che ci offrono le evoluzioni in corso in Russia e in Turchia. Il rapporto con questi due grandi Paesi potrebbe essere la molla per provocare quei cambiamenti, nel campo delle politiche culturali, economiche, estera e di difesa, che sono necessari per creare un' Europa veramente completa, originale e motivata.

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