lunedì 25 luglio 2011

L'ECCESSO DELLA RAGIONE GENERA MOSTRI

The Theo-Conservative Risk
Le risque du théoconservatisme
Das theokonservative Risiko






Non dovrebbe essere necessario che si verifichino gravi fatti di cronaca perché si ritenga il momento di riflettere su importanti fenomeni sociali. Purtroppo, è divenuto, per tutti noi, quasi  un riflesso  condizionato l' operare in questo modo, anche perchè, così, abbiamo più "chances" di farci ascoltare. E' un meccanismo perverso, che costituisce esso stesso, oggi,  la principale, se non l' unica, molla per il terrorismo. Visto che l' "establishement" controlla metodicamente i mezzi di comunicazione, e l'unica occasione in cui esso permette che si parli dei suoi più accaniti oppositori è quando questi commettono dei delitti, più tali  delitti sono efferati, più aumenta l' "audience"di chi li commette, più il terrorismo diviene appeetibile.

Questa è la logica dichiarata espressamente dall' attentatore norvergese Breivik, che ha definito su Facebook il proprio attentato come l' inizio della "fase di propaganda".Ma, di fatto, questa era anche la logica dei filmati di Bin Laden.

E, certamente, gli attentati norvegesi hanno fatto molto parlare di Breivik e delle sue teorie, espresse sul web tanto in forma dettagliata quanto in forma riassuntiva. Teorie che non sono certo nuove, né originali, in quanto sono il distillato, ampio anche se non molto accurato, delle dottrine neo-conservatrici  in voga negli ultimi vent'anni, tutte  concentrate sul timore che l'immigrazione medio-orientale trasformi l' Europa in un paese islamico.

Intorno a questa paura, che si nutre dei pregiudizi degli Europei esposti alla crisi mondiale, si muovono altri tasselli dell' ideologia teo-con, non sempre fra di loro coerenti.

Innanzitutto, l'invocazione di una vaga identità europea e cristiana, che non si comprende mai bene in che cosa dovrebbe consistere, mescolando i suoi fautori elementi tipicamente americani e puritani (come l'individualismo), altri tipicamente massonici (i Templari), altri, ancora, tipicamente giacobini (il nazionalismo).

Poi, l'ossessione del marxismo, che sarebbe complice dell'invasione islamica (mentre, come noto, Marx non fu tenero verso le civiltà extraeuropee, e i postmarxisti sono, in fin dei conti,  i principali  fautori di un'evoluzione occidentalistica nei Paesi islamici).

Infine, la giusta invocazione di una rinnovata assertività dell' Europa, che, per altro, non si capisce come si sposi con l'accettazione dell'ideologia dell' Occidente, che lo stesso Reivik riconoscere essere un elemento di paralisi della vitalità europea.

La realtà è che la dittatura dei "media", con la frenesia di commentare l'ultimo avvenimento e con l'imposizione di usare un linguaggio e una logica stereotipati, impedisce, oramai, proprio  a tutti, di svolgere una riflessione motivata e completa su qualunque argomento.

Per quel che ci riguarda, non possiamo che richiamare come sempre, pure all' interno dei limiti di un blog, i nostri lettori allo studio ed alla riflessione, indicando qui di seguito semplicemente alcuni temi.

Il primo di questi è una riflessione sul rischio "teocon". Pericoloso, questo,  non solo e non tanto perchè può dar luogo a casi di violenza inconsiderata, ma soprattutto perchè "dirotta" verso temi assurdi, distruttivi e suicidi, la giusta rabbia dei giovani europei contro  l'invadenza della globalizzazione, la distruzione della loro cultura, la mancanza di risposte da parte di intellettuali e autorità. Il "teoconservatorismo" sfiora,. così,  alcuni problemi veri dell'attuale evoluzione sociale (disumanizzazione, mancanza di guida, declino dell' Europa), ma perde di vista gli aspetti più gravi (la società del controllo totale , la conflittualità ideologica e tecnologica generalizzata), per concentrarsi su altri, come quello della rinascita islamica, che non solo non incidono su quei problemi più importanti per l'Europa, ma offrono a quest'ultima, addirittura, delle opportunità di soluzione, aiutando l' Europa a tentare di "fare deragliare" il corso di una  globalizzazione che non le appartiene.

Il conservatorismo teologico è un fenomeno tipicamente americano, che già in America ha mostrato i suoi risvolti sanguinosi.Non ha nulla a che fare con i problemi dell' Europa, e men che mai con le loro soluzioni.

Il secondo di questi è l'urgenza di una guida per i giovani europei. La classe politica e gli intellettuali sono assolutamente sordi a quelle ansie delle giovani generazioni. Le quali sono del tutto demotivate dinnanzi alle sfide che l' Europa deve affrontare. Ma non sono le sfide a spaventare: di sfide ce ne sono sempre state, dalle invasioni barbariche all' anarchia feudale, dall' islam alle guerre di religione, dalle rivoluzioni all' industrializzazione, dalle guerre mondiali ai totalitarismi, dalle crisi al terrorismo. Sarebbe sufficiente che qualcuno fosse capace di spiegare le crisi, di proporre degli obiettivi, di coagulare il consenso, di guidare la gioventù verso le necesarie trasformazioni. Anzi, la lotta per la trasformazione diviene, di solito,  una motivazione ad operare e a crescere. Se, invece, manca  una siffatta azione propositiva, almeno qualcuno, fra i giovani, finisce per  inventarsi un' "ideologia fai da te", e una "rivoluzione-fai-da te", con gli esiti che si vedono.

Il terzo è l'inaccettabile ingerenza dei "media", che debbono dare immediatamente un'interpretazione, e, addirittura, un giudizio, su qualunque fatto, quand'anche  non ancora chiarito. Quest'elemento è risultato in modo particolarmente evidente nel caso degli attentati norvegesi, quando i "media", immediatamente dopo l'attentato di Oslo, si sono affrettati a ricercare i colpevoli nel terrorismo islamico, quando solo poche ore dopo i fatti stessi hanno rivelato la ben diversa matrice dei fatti.

L'ultimo è una riflessione approfondita sulla capacità dell'attuale mistica della tecnologia e della razionalità a fornire un quadro sostenibilie alla convivenza umana. Quadro che non può certo essere eguale a quello di 10.000 anni fa, o di 1000, di 100 o di 10 anni fa, e neppure eguale a quello dell' anno scorso, ma che deve comunque avere una  sua profondità storica, un suo progetto per il futuro, una sua  precisa articolazione e un suo  sistema per il presente.
Pur essendo consapevoli che gli anni che ci attendono non saranno certo più dominati dai problemi del passato, quelli dell'avarizia della natura, o  dell'anarchia militare, o  della disciplina produttiva fordista, bensì da quello dalla lotta con il crescente potere delle macchine intelligenti, nessuno ci vieta di formulare un nuovo progetto storico, che fornisca una razionalizzazione di quei futuri scenari, che ricerchi i suoi modelli di soluzione nelle tradizioni culturali, e fornisca, infine, in esito a ciò,  principi di organizzazione  sociale e di legame emotivo adeguati ai vincoli e agli obiettivi del futuro.
Invece, nonostante che la cultura europea abbia già decostruito esaurientemente il mito del progresso indefinito, ed abbia mostrato che la semplice applicazione meccanicistica delle regole del senso comune non serve a garantire una convenienza armoniosa, invece, qui si continua a dare per scontato che le uniche soluzioni consistano nel  rilancio della crescita economica, nel rendere "moderati", per silenziare i conflitti, gli interlocutori più ostici,   e, soprattutto, nel non arrestare mai la martellante propaganda del "politicamente corretto".

Per questo, noi non ci stupiamo affatto, come, invece,  moltialtri, che  nella "Civilissima Norvegia" possano avvenire fatti di fanatismo come gli attentati di Oslo. E' ovvio che una società come quella scandinava attuale, dove vige il mito della "stabilità" e dove occorre "mettere la sordina" ad ogni problema scottante, reprime il carattere naturalmente problematico e tragico della natura umana, finché alcuni dei più deboli "esplodono". Questo è particolarmente vero in una cultura, come quella scandinava, dove l' asprezza a della natura e il carattere severo delle tradizioni culturali ha sempre fatto  inclinare verso il  pessimismo.

Pensiamo alla mitologia scandinava, e in particolare norreno-islandese, che va dalla spaventosa grandiosità dei miti di creazione al ciclo finale della "Caduta degli Dei" ("Ragnaroekr"). Pensiamo ai metodi genocidari di conversione adottati da Re Harald,  o alla cupezza della teologia luterana. Pensiamo alla drammaticità di autori come Ibsen e Hamsun.Proprio perchè la Norvegia è "un paese civilissimo", non si può rispondere alla sua  cultura  solo con il mito della crescita, con l'assistenzialismo sociale o l'educazione all'integrazione.

Occorrono miti positivi, progetti mobilitanti, leaderships riconosciute, che oggi non ci sono.

Come sempre, non possiamo che guardare con preoccupazione alla sproporzione fra i compiti immani che attendono i politici e gli intellettuali del domani e la pochezza del presente.

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