The restructuring of Europe according to Russia.La restructuration de l' Europe selon Moscou.Umstrukturierung Europas gemaess Russland. Alcuni giorni fa, le Izvestija sono usciti con il titolo "Medvedev ha iniziato l' Evroremont", titolo sibillino, che si riferiva, da un lato all'articolo "Avanti Russia!"sul giornale elettronico "Gazeta", e, dall' altro, al discorso renuto alla conferenza di Jaroslavl, alla presenza di personalità russe e straniere, fra le quali Zapatero e Fillon. Il termine Evroremont ("ristrutturazione europea") può avere due significati: da un lato "ristrutturazione secondo gli standard" europei, e, dall' altro, "ristrutturazione dell' Europa".Certamente, l' articolo e l' intervento pubblico trattavano prioritariamente il primo tema. Tuttavia, nello stesso periodo, Medvedev aveva espresso il suo apprezzamento per il definitivo abbandono del sistema missilistico americano in Polonia e Repubblica Ceca e aveva lanciato due importanti iniziative a livello internazionale: il progetto di un nuovo trattato sulla pace e la sicurezza in Europa, e la richiesta all'Ucraina e alla Lettonia di riconoscere il Russo come seconda lingua ufficiale.Contemporaneamente, in occasione della commemorazione dell' anniversario dell' inizio della 2a Guerra Mindiale, Vladimir Putin, in visita a Danzica, mentre aveva promesso una rivisitazione storica equilibrata delle colpre dell' URSS verso la Polonia,ed aveva affermato che, oggi, non sussistono reali ostacoli ai buoni rapporti fra Russia e Polonia. Tutto ciò fa parte di un piano complessivo di avvicinamento all' Europa, ma nel rispetto dell' identità e del ruolo della Russia. Restano tra l' altro aperte le trattative per il partenariato Russia-Europa, che dovrebbero riprendere durante il semestre della presidenza svedese. Certo, non tutto è chiaro della posizione russa: certamente, c'è la volontà di stabilire una collaborazione globale con l' Europa,che, se si considera l' attenzione per l' adozione all' interno della Russia di "standard europei", potrebbe andare al di là del "partnenariato".Tutto ciò, sempre nell' ambito della dottrina, ribadita ulteriormente da Medvedev, del multipolarismo.
The American Ideology of Dan Brown. L'idéolègie américaine de dan Brown. Die amerikanische Ideologie von Dan Brown
La maggior parte dei commentatori dei libri di Dan Brown e dei film che ne sono stati tratti sottolinea, usualmente, due aspetti: la palese costruzione commerciale e il totale disinteresse per l' informazione fattuale. Nel caso dell' ultimo libro, "the Lost Symbol", la vastità dell' operazione commerciale si è spinta fino al punto di porre in vendita simultaneamente, nelle librerie di tutto il mondo, la versione inglese del libro, in attesa della traduzione nelle altre lingua. Abbiamo acquistato una copia del libro, la quale ci ha confermato ciò che già pensavamo: -le opere di Brown non sono ingenue, bensì molto colte ed elaborate a tavolino; -la rozzezza di certe tesi e situazioni è voluta per attirare il grande pubblico; -al di là delle esigenze di cassetta, veicolano un messaggio culturale e politico preciso, anche se complesso. Ne "Il Codice da Vinci" l' obiettivo era quello di portare un argomento postmoderno (quello femminista) contro la visione sessuofobica della Chiesa Cattolica (impersonata dall' Opus Dei) In "Angeli e Demoni", l' obiettivo era quello di mostrare l'utilità, per una Chiesa non antimoderna, dell' aiuto della scienza. In "The LOst Symbol", il tema è la missione dell' America, custode, se necessario, anche con la forza, della corrente umanistica della Massoneria, la quale ultima si batte contro le interpretazioni "deviate" del messaggio massonico. La capacità di queste opere di raggiungere il largo pubblico, soprattutto in America, è che esse divulgano dei "topoi" onnipresenti nella cultura popolare americana: l' avversione per i "Papismo"; l' origine massonica dell' America; la "Conspiracy Theory".Per lo stesso motivo, esse sono capaci di provocare delle vere trasformazioni della cultura popolare, non soltanto americana.
Recent proposal in Italy: to Teach Dialects.Proposition récente en Italie d' enseigner les dialectes.Neuer Vorschlag in Italien:Die Dialekte lehren
La recente proposta della Lega Nord di insegnare i dialetti nelle scuole può sembrare una goliardata, ma, invece, costituisce un pressante invito a porre attenzione ad una questione di importanza crescente, ed a cui i governi dei vari Paesi del mondo stanno cercando di trovare soluzioni: l'insufficienza, nell' attuale mondo globalizzato, della monoglossia imposta dagli Stati-Nazione. Non era stato sempre così, poiché, nell' antichità, a lingue "universali" (assirobabilonese, Cinese, Greco, Latino, Arabo, Francese), si erano accoppiate lingue nazionali, specialistiche o locali. Tale scelta corrispondeva a quella dello Stato monoetnico e monocetuale, dove l' uso di una sola lingua avrebbe dovuto ridurre lo sforzo dedicato alle competenze linguistiche, incrementando, così, quello dedicato alle competenze scientifiche, politiche, tecniche ed economiche.
Tuttavia, questa scelta, adatta alla fase storica industriale, incomincia a dare segni di stanchezza in una fase post-industriale, quando il problema è quello di comunicare e di vendere anche al di fuori della propria area di appartenenza.Diventano importanti lingue che permettono la comunicazione con altri ambiti culturali: innanzitutto,l'Inglese, ma anche l' Arabo e il Cinese.
E, infine, in una fase successiva, che chiameremmo "postmoderna", non basta più comunicare con l' "Altro", ma anche essere sicuri di non perdere se stessi, la propria "identità": Ed è qui che soccorrono i "dialetti" (o le lingue locali, minoritarie o allogene).Infatti, talvolta, la lingua del cuore è un' altra lingua europea (il Francese, il Tedesco, lo Sloveno, l' Albanese, il Greco), talvolta è una lingua colta ma morta (come il Provenzale).
In tutta Europa questo problema viene affrontato in modo sempre più attivo, ed esistono norme e politiche comunitarie a tutela delle lingue minoritarie.In Italia, alcune regioni, come la Valle d' Aosta, il Trentino Alto Adige, il Friuli Venezia Giulia, la Sardegna) hanno già un regime plurilinguistico complesso.Inoltre, sono tutelati Francoprovenzale, Francese, Provenzale, Walser, Teutone, Cimbro, Sloveno, Croato, Albanese, Greco, Catalano.
Tradurre tutto ciò in una politica legislativa è molto complesso, perchè l' Italia ha moltissime lingue e dialetti, le cui frontiere non coincidono quasi mai con quelle delle attuali regioni.In realtà, il regime linguistico è solo un aspetto del complessivo Sistema Socio-Politico di un Paese, e non può non essere strettamente coordinato con gli altri aspetti, per i quali occorre una visione d' insieme. Tale visione d' insieme, purtroppo, manca.
Balts have always been European.Les Baltes:Européens depuis toujours.Di Balten:Europaeer seit immer.
Con lo scatenarsi della crisi economica dei Paesi dell’Europa Orientale, proprio quelli che Rumsfeld aveva imprudentemente battezzato “New Europe”, ha fatto nascere in molti cittadini, soprattutto della vecchia,"piccola Europa" carolingia, la tentazione di dire: ma che cosa ce ne facciamo di questi Nuovi Europei, che, poi, in realtà, sono Americani, si mettono nei guai per seguire l’America e di ricordano di noi solo quando non sanno più come sbrigarsela?
Seguendo quello che avevamo detto in occasione della crisi dei missili, crediamo che affermare che tutti coloro che stanno al di là dell’Oder-Neisse, dei Sudeti, della Leitha e del Carso non siano "veri europei", a noi pare semplicemente folle, ed una delle principali ragioni per cui non c’è mai stata pace in Europa.
Perciò, stiamo compiendo un excursus su questi territori della Nuova Europa, per verificare in che modo questi Paesi siano europei.
Vediamo oggi i Paesi Baltici in senso stretto (cioè Lituania e Lettonia), che costituiscono il cuore di un’antica civiltà “balto-slava”.Questi popoli, che, nell’Era Volgare, abitavano fra la Bielorussia e la Russia Meridionale (regione di Voronez), sono stati identificati, dalla storiografia locale, come i più antichi fra gli Indoeuropei, e, successivamente, da Marija Gimbutas, come “Il Popolo dei Kurgan”.Questa identificazione trova una propria origine storiche nelle frustrate ambizioni imperiali degli abitanti dell’antico Granducato di Lituania (ed, in primo luogo, dei Cosacchi), i quali si volevano riallacciare agli antichi Sarmati e Traci per rivendicare la loro egemonia sui territori dell’ allora Impero Ottomano.
La tematica del Sarmatismo e del cosiddetto “Progetto Greco” sta alla base della rivolta dei Cosacchi contro la Polonia, e del successivo movimento sarmatistico in Polonia ed in Lituania.Questo movimento serviva, allora, per giustificare le ambizioni della Polonia sull’Ucraina (antica patria dei Sarmati) e sulla Moldavia.Inoltre, la “szlachta” (piccola aristocrazia) polacca, che dominava nel Granducato di Lituania, si impadronì del nascente mito ariano per difendere la tesi che l’aristocrazia polacco-lituana fosse la discendente dei più antichi Indoeuropei.
Paradossalmente, l’unico territorio in cui le autorità favorissero l’uso del Lituano (divenuto lingua del popolo), anziché del Polacco e del Latino, era la protestante Prussia.Di qui, l’estensione del “mito ariano” dalla Lituania alla Prussia, e, dalla Prussia, alla Germania.
I Balti sono, dunque, convinti da 600 anni di rappresentare il “nocciolo duro” delle antiche aristocrazie europee.Sta di fatto che, in realtà, le prime tracce di civiltà nei Paesi Baltici non sono baltiche, bensì germaniche (vichinghe), ed i primi testi (dopo la “Germania” di Tacito) sono saghe scandinave.Nel primo Medioevo, l’intera costa dei Paesi Baltici fu, infatti, abitata dai Vichinghi, e soltanto intorno all’Anno Mille le prime tribù lituane cominciarono ad organizzarsi statualmente.
All’inizio del Medioevo, i guerrieri lituani barbari ed analfabeti colonizzarono la Bielorussia, di lingua paleoslava, assorbendone la lingua slavonica e la religione ortodossa.Nel frattempo, i commercianti tedeschi dell’Hansa cominciavano a commerciare con i Vichinghi della costa, ed i principi polacchi indipendenti della Mazovia avevano richiesto ad Hermann Von Salza, Gran Maestro dell’Ordine Teutonico, di indire una crociata contro i Balti ancora pagani (gli antichi Prussiani).Fu così che, nel Nord della Polonia, venne costruita, secondo il modello crociato, la fortezza di Malbork, sede del Gran Maestro dell’Ordine Teutonico. Di lì, i Cavalieri Teutonici, ed i loro confratelli della Croce, Portaspada e di Livonia, mossero alla conquista della Prussia Orientale, della Lettonia e dell’Estonia.
L’avanzata dei Tedeschi sul Baltico spinse i Grandi Principi di Lituania ad avvicinarsi sempre più al Re di Polonia, fino al momento in cui il Gran Principe Jogaila (Jagełło) sposò la Principessa di Polonia Edvige (Jadiviga) e creò l’unione personale fra Polonia e Lituania.Da questo momento, la Lituania si latinizzò e polonizzò sempre di più, giungendo, progressivamente, a spartirsi, con i potentati tedeschi, Prussia e Lettonia.
In Prussia, dove gli originali abitanti antico-prussiani, di lingua baltica, erano stati ridotti in schiavitù dai Cavalieri Teutonici, il Gran Maestro, che era anche l’Elettore di Brandeburgo, in seguito all’adesione alla Riforma, divenne altresì Duca laico entro la sfera del Regno di Polonia.La parte occidentale della Lettonia, la Curlandia, divenne un potente Stato semi-indipendente di cultura tedesca, che partecipò alle grandi conquiste intercontinentali.Finalmente, la Svezia conquistò la Lettonia, creando il grande centro universitario di Tartu (Dorpat), ma, poco dopo, Pietro il Grande l’annesse all’Impero Russo.
Mentre Lettonia e Lituania venivano governate, per conto dell’Imperatore russo, dall’aristocrazia svedese e polacca e dalla borghesia tedesca ed ebraica, il mondo contadino baltico rimaneva ai margini.Soltanto alla fine dell’Ottocento, per piegare le ambizioni di potere dei Polacchi, l’Impero Russo permise il riformarsi di una cultura lituana e lettone.Per affermarsi, le nuove nazionalità dovettero combattere su tre fronti: contro i Freikorps tedeschi, che volevano annettere i territori alla Germania; contro l’Armata Rossa, che voleva annetterli alla Russia Sovietica; contro gli eserciti occidentali che tentavano di occupare l’ Impero Russo.
L’indipendenza dei due paesi non durò neppure 20 anni, ché, in seguito al Patto Molotov-Ribbentrop ed alla guerra russo-tedesca, i due paesi furono occupati da Tedeschi e Russi.L’Unione Sovietica trasformò Lituania e Lettonia in due Repubbliche Sovietiche, in cui, pur riconoscendo il principio della nazionalità, si imponevano anche diversi principi, come la cittadinanza sovietica, il nazionalismo russo e la tutela delle minoranze nazionali, per esempio, polacche.
L’indipendenza dall’URSS significò la vittoria del principio piccolo-nazionale e piccolo-borghese, di recente origine, vista la storia essenzialmente multietnica ed aristocratica di questi territori.
Nella speranza di ingigantire il ruolo delle identità baltiche a spese delle comunanze con i vicini tedeschi, russi, scandinavi, polacchi e bielorussi, i governi di Lituania e Lettonia adottarono politiche e politiche economiche di impronta nettamente americana.Cominciarono anche assurde politiche di discriminazione nei confronti delle minoranze etniche, in primo luogo quella russa, accusata di essere stata, in realtà, una longa manus della politica comunista sovietica, dimenticando, con ciò, che i Paesi Baltici sono stati russi per duecento anni prima dell’indipendenza, e che, in questo periodo, le classi dirigenti russe si sono semplicemente affiancate alle precedenti classi dirigenti scandinave, tedesche ed ebraiche.In nessun momento, nei Paesi Baltici, l’elemento baltico è stato l’esclusivo dominatore del territorio.Questo elemento composito, baltico-slavo-germanico-ebraico, non può essere disconosciuto, se non disconoscendo tutta la storia del mondo baltico, e penalizzando circa la metà degli abitanti dei Paesi Baltici, che è di origine “non-baltica”.
Tutto ciò, senza alcuna avversione per i Popoli Baltici e per le loro tradizioni culturali, a cui appartengono grandissimi Europei, anche se non solo di lingua baltica, come, per esempio, Jogaila, Kant, Herder, Mickiewicz, von Ungern-Sternberg e Marija Gimbutas.I caratteri di universalità di quelle terre meglio non potrebbero esprimersi se non attraverso il verso inimitabile del loro più grande figlio, lo scrittore polacco Adam Mickiewicz, nato in Bielorussia, a Navahradac (Novogrodec), antica capitale della Lituania, il quale scrisse la più famosa frase della letteratura polacca, che suona, paradossalmente, così: “Litwa, Oicyzna moja” (“Lituania, Patria mia”).
Resetting relationships between USA and Russia-Relance des rapports entre Etats Unis et Russie- Neues Start zwischen Vereingten Staaten und Russland "Perezagruzka", in Russo, significa "Reset". Questa è la parola-chiave scelta da Hillary Clinton per rilanciare il dialogo fra i due Stati.Peccato che nella scatola-regalo consegnata al collega Lavrof fosse scritto "Peregruzka", che significa "sovraccarico". Quindi, difficile il rilancio del dialogo, che tenta di coprire una quantità veramente enorme di temi:dalla riduzione delle testate nucleari al sistema anti-missili; dal diritto di transvolata del territorio russo alle limitazioni alla guerra informatica; dall' allargamento a Est della NATO ai rapporti Russia-Paesi della CIS. Certamente, le posizioni sono ancora lontanissime: gli USA non hanno rinunziato alle basi in Polonia e Cechia, e negano ogni riconoscimento dell' indipendenza di Ossetia e Abkhasia; la Russia pretende che venga garantito il carattere smilitarizzato dei suoi vicini, e pretende che il trattato sulla guerra elettronica sia gestito da un organismo internazionale. E' incredibile che, su temi che riguardano così da vicino l' Europa, nessuno si sia sognato di chiedere il parere dell' Europa. Quando avremo anche noi la nostra Perezagruzka?
How to recover a European Poland? Comment revenir à une Pologne européenne? Wie kommt das Europäische Polen zurück?
Uno dei Paesi che ha costituito uno dei più seri problemi per la definizione unitaria di una politica europea è stata la Polonia.Si tratta di una situazione paradossale, in quanto, da sempre, la Polonia ha fatto, della sua europeità, un punto di forza della propria ideologia. In definitiva, la Rzeczpospolita (Res Publica) polacco-lituano-rutena ha, da sempre, avuto l’ambizione di costituire l’immagine speculare del Sacro Romano Impero -Romano, Germanico e Slavo-.
La Polonia nasce come parte indifferenziata del “Barbaricum” (cfr. Karol Modzelewski, I Barbari), quella vastissima parte dell’Europa che andava dal Limes romano agli Urali, ma dove l’influenza della cultura romana non era indifferente, come dimostra, per esempio, la città preistorica fortificata di Biskupin.
La Polonia rinasce a nuova vita grazie alle invasioni unne ed avariche, che suscitano le migrazioni germaniche e slave. Nel 3° secolo d.C., un’infinità di popoli germanici attraversa il Baltico, in provenienza dalla Scandinavia (la “Scanzia oficina gentium”, di Jordanes): Goti, Gepidi, Longobardi, Eruli; essi si incontrano con Rugii, Svevi, Vandali, e migrano verso Sud, in Moravia, in Pannonia, in Dobrugia, e, poi, da lì, in Illiria e Roma, e nel resto dell’Occidente.
Anche il mito fondatore della Polonia, legato alla prima capitale (Gniezno), ed alla bandiera (l’Aquila Bianca, “Orel Biały”), è di origine gotica: i tre fratelli gotici, Lech (Polacco), Czech (Ceco) e Rus (Russo), si separano a Gniezno, presso il nido dell’Aquila Bianca.
Il Re di Polonia viene battezzato cristiano dai Cechi, ma diviene vassallo dell’Imperatore di Germania.Per contrastare i Cavalieri Teutonici, alleati dell’indipendente Ducato di Mazovia, si allea con i Lituani pagani e li difende in quel Concilio di Basilea dove viene bruciato Jan Hus. Jogaila di Lituania diviene re di Polonia; più tardi, i due paesi costituiscono, nell’ambito di un’unione personale, un enorme stato, di cui fanno parte Polacchi, Ucraini, Bielorussi, Lituani, Moldavi, Tedeschi, Lettoni, Ebrei, Tartari.
Il Regno di Polonia si trasforma sempre più secondo il modello di una repubblica aristocratica, in cui anche il più piccolo aristocratico è sovrano, come nella Germania Post-Vestfalica. È l’“aurea libertas” che costituisce il modello politico per i Polacchi. Tuttavia, l’Aurea Libertas ha un risvolto negativo: il “Liberum Veto”, il diritto di ogni nobile polacco di bloccare le decisioni della Dieta.
La Repubblica Polacca viene governata da Re stranieri eletti dall’aristocrazia: questo modello costituzionale degenera sempre più nel conflitto fra i grandi vicini, Russia, Prussia ed Austria, per la supremazia in Polonia, finché si giunge alle tre spartizioni ed alla “Finis Poloniæ”. Fine relativa, ché a partire da Napoleone, e, poi, all’interno dell’Impero Russo, la Polonia mantiene una propria identità, come Granducato e/o come Regno.
Con la 1ª Guerra Mondiale, rinasce la Grande Polonia, con le sue appendici tedesca, lituana, bielorussa ed ucraina.
La sconfitta nella 2ª Guerra Mondiale e l’occupazione sovietica significano anche la vittoria della politica piccolo-nazionalista, di uno Stato etnicamente puro, con enormi scambi di popolazioni alle frontiere, ai danni della Germania, ma non soltanto.
Con Papa Giovanni Paolo II (battezzato “Rex Polonorum”) rinascel’illusione di una Grande Polonia mitica, europea e lontana dallo sciovinismo piccolo-nazionale. Purtroppo, il modo in cui è stata gestita la transizione dal socialismo all’Europa, in modo ferocemente ideologico, capitalistico e piccolo-borghese, non poteva portare se non ad un’interpretazione restrittiva della storia nazionale, in cui le grandi lezioni di Czartoryski, di Mickiewicz, di Piłsudski e di Miłosz vennero abbandonate a favore dei teorici più fanaticamente nazionalisti, come Hoëne-Wroński e Dmowski.
Si giunge, infine, alle tragicommedie dei Fratelli Kaczynski, edella Lustracja, contro cui così nobilmente si era battuto il nostro amico Bronisław Geremek.
Come far sì che la Polonia ritorni al suo antico europeismo?
A nostro avviso, lì come qui, si impone uno studio approfondito sulle identità, con una lente d’ingrandimento su una preistoria veramente pan-europea, con un’attenzione particolare alla protostoria del Barbaricum, con un interesse rafforzato per il Regno di Polonia, e con grande apertura verso la cultura romantica, verso l’eredità culturale dell’antica Rzeczpospolita e del dissenso anti-sovietico.
Europewide shift towars right? Glissement généralisé vers la droite? Europaweites Erdbeben nach Recht?
Le elezioni europee del 2009 hanno confermato i trend in corso da tempo a livello europeo: diminuzione a livello storico della partecipazione al voto: rafforzamento continuo dei grossi partiti a-ideologici di centro-destra, che, per altro, perseguono una politica sempre più "di sinistra" (dirigista e sociale); indebolimento dei partiti socialdemocratici (sempre più indistinguibili dal centro-destra), emergenza di partiti xenofobi o etnodifferenzialisti; confusione totale all' estrema sinistra. Confermata anche la caduta dell' interesse per i temi specificatamente europei. D' altronde, abbandonata la politica estera e di difesa, bocciata la Costituzione e arenatosi l' allargamento, che cosa resta dei temi europei? Nessuno ha il coraggio di proporre agli Europei obiettivi coerenti con le loro tradizioni, con la loro cultura e con i loro interessi. Nessuno vede più a che cosa serva l' Europa. E' vero che i problemi ci sono: ma, quando essi arrivano, siano essi la crisi economica, le guerre in Medio Oriente o nel Caucaso, l' immigrazione, ogni Governo li affronta per conto suo, dialogando, se del caso, con l' America, con la Russia, con la Cina, con i Paesi Arabi. In questa situazione, la rituale invocazione ai parlamentari e ai cittadini perchè prendano sul serio l' Europa è sempre meno plausibile. Per questo, la proposta che emerge da alcune parti, vale a dire quella di "ripartire dalla cultura", resulta sempre la più appropriata.Solo se cittadini, intellettuali e politici si fermassero un momento a riflettere su quali siano gli obiettivi e le potenzialità dell' Europa, allora tutti capirebbero che la posta in gioco è elevata, e che vale la pena di discuterne sul serio. A nostro avviso, l' Europa si sta avviando verso una fase di declino, culturale ed economico, non tanto perchè non adotta questa o quell' altra politica sociale o economica, bensì perché, contrariamente ad altre parti del mondo, manca di chiari obiettivi e di entusiasmo. Attraverso adeguate forme di collaborazione con altre parti del mondo, l' Europa può ancora esercitare la propria creatività. La Russia ha bisogno dell' Europa, per gestire l' enorme sfida siberiana insieme alle nostre multinazionali, ma anche, e soprattutto, per dare un senso alle sue ambizioni di contare nel mondo. Un Medio Oriente in continua ebollizione ha bisogno di un punto di riferimento esterno che non sia pregiudizialmente ostile ai suoi valori. L' Islam è parte anche della storia e della cultura europee: perciò, l' Europa può svolgere autorevolmente questo ruolo. Un ' Europa integrata con la Russia e con il Medio Oriente ha enormi prospettive economiche. Anche la sua cultura potrebbe, grazie ad un più approfondito dialogo con realtà diverse, uscire dalla sclerosi in cui essa si sta impantanando. Infine, costruire adeguate basi di dialogo con i grandi vicini servirebbe anche per creare un dibattito più adeguato all' interno della stessa Europa, dove i piccoli nazionalismi nascono soprattutto da non sopiti strascichi dell' era sovietica, o dalla mancata comprensione delle rispettive culture fra Europei ed immigrati. Certo, restani problemi istituzionali: Costituzione e competenze europee. Però, senza un chiarimento sui punti di cui sopra, le istutuzioni e le competenze restano come un guscio vuoto. Speriamo che i neo-parlamentari europei, il cui compito precipuo sarebbe quello di occuparsi di Europa, prendano finalmente sul serio il loro ruolo, e partecipino a questo processo di elaborazione.