mercoledì 8 maggio 2013

IL MERCATO CINESE DELL'AUTO

Il mercato cinese dell'auto

supera quello americano



La Repubblica del 9 maggio ha pubblicato un supplemento dedicato esclusivamente al mercato automobilistico cinese.
I costruttori europei, soprattutto Volkswagen, stanno facendo affari d’oro.
Per PSA, la Cina è divenuta il primo mercato.
Come si vede, non è detto che l’Europa sia penalizzata dai nuovi equilibri economici mondiali.

Basta concentrarsi sulle nuove opportunità invece di continuare a lamentarsi per il passato.
Non è un caso se siamo fautori di un multiculturalismo multipolare.
Infatti, l’”Occidente”, paralizzato, com’esso è, dalla “Società dell’ 1%”, non può, concretamente, fare nulla per modificare verso il  meglio gli equilibri mondiali.

Non è chiaro, certo,neppure che cosa possano fare, a questo proposito, le potenze extraeuropee. In particolare, il Giappone, dopo molti decenni di letargo, che lo avevano visto decadere, dal ruolo  di speranza dell’ avvenire, a quello di paese in crisi, si è finalmente svegliato, rivendicando quel “diritto di auto-affermazione” che, in quanto Paese sconfitto nella 2° Guerra Mondiale, gli era stato negato.

E, ciò, mettendo in discussione il “Politically Correct”,sfidano gli attuali equilibri con l’ America, rilanciando il proprio ruolo economico e geopolitico.

Perché l’ Europa non potrebbe fare lo stesso?

ABENOMICS


ABENOMICS, BANZAI!


Il nuovo Primo Ministro giapponese Abe ha dato, a nostro avviso, una dimostrazione, di come un grande Paese, ridotto allo stremo dalla speculazione, dalla crisi  mondiale e dallo tsunami, possa invertire la rotta, dal declino al rilancio, grazie all’ opzione di uscire dal “politicamente corretto”, applicando, almeno all’ economia, un’ottica combattente, che ponga fine al ruolo permanentemente passivo di chi accetta senza discutere trasformazioni degli equilibri globali che, lungi dall’ essere il verdetto imparziale della geopolitica, sono il frutto delle scelte dei poteri forti.

Non è un caso se siamo fautori di un multiculturalismo multipolare.Infatti, l’”Occidente”, paralizzato, com’esso è, dalla “Società dell’ 1%”, non può, concretamente, fare nulla per modificare verso il  meglio gli equilibri mondiali.Non è chiaro, certo, neppure che cosa possano fare, a questo proposito, le potenze extraeuropee. 

In particolare, il Giappone, dopo molti decenni di letargo, che lo avevano visto decadere, dal ruolo  di speranza dell’ avvenire, a quello di paese in crisi, si è finalmente svegliato, rivendicando quel “diritto di auto-affermazione” che, in quanto Paese sconfitto nella 2° Guerra Mondiale, gli era stato negato.

E, ciò, mettendo in discussione il “Politically Correct”,sfidano gli attuali equilibri con l’America, rilanciando il proprio ruolo economico e geopolitico. 

Perché l’ Europa non potrebbe fare lo stesso?

L'EUROPA E LA CRISI

L'Europa e la crisi


Il Presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi è probabilmente il migliore fra gli attuali dirigenti europei. 

Interpreta la sua funzione con il massimo di coerenza, e, entro i limiti della stessa, non esita a collocarsi anche in posizione eccentrica per servire al meglio gli interessi dell’ Europa. 

Il 30 Aprile, Draghi, nell’annunziare le previsioni dell’ Istituto di due anni di recessione per tutto il Continente, ha anche annunziato la riduzione del tasso di sconto a 0,5% per favorire la ripresa.

Certo, è poco rispetto a quello che fanno altri territori, come per esempio il Giappone


Tutti danno per scontato che “Europa” corrisponda a “economia”; che bisogni “dare fiducia ai mercati”; che l’unica scelta ancora possibile sia quella fra “liberismo” e “Keynesismo”.



Tutti questi luoghi comuni hanno il difetto di dimenticare che noi Europei siamo circa un miliardo di persone (come gli Islamici e tre volte gli Americani), che la nostra cultura influenza pesantemente (nel bene e nel male) quelle di tutti gli altri Continenti; che il nostro PIL aggregato è ancora superiore a quello di tutti gli altri Continenti; che in Europa vi sono ben tre potenze nucleari: la Russia, la Francia e l’Inghilterra; che la nostra spesa militare complessiva è comunque più della metà di quella americana e ben al disopra di quelle della Cina e della Russia. In definitiva, saremmo un partner di primissimo livello nel mondo, se non gestissimo come ora in un modo semplicemente demenziale,  il nostro inimitabile patrimonio culturale, etnico, economico, tecnologico e militare.

Ciò richiederebbe semplicemente coordinare le enormi energie dell’ Europa.
 
Quindi, anche in campo economico, “fare l’Europa” non già per superare la crisi, bensì per conseguire un livello di eccellenza in un ambito mondiale, come sarebbe logico per un’antica e veneranda civiltà come la nostra.