martedì 28 giugno 2011

UNA NUOVA CAMPAGNA PER I DIRITTI UMANI E CIVILI

E.I.'Campaign for Human and Civil Rights. La campagne d'IE pour les droits civils et humains.
E.I Kampagne fuer Menschen-und Zivilrechte.


Come nostro primo contributo al dibattito che crediamo di avere aperto con il MANIFESTO: IL MONDO DELLA CULTURA CONTRO LO SFASCIO DELL'IDEALE EUROPEO, pubblichiamo questo contributo sul tema specifico dei diritti umani e civili.

E'imprescindibile (anche solo per salvaguardare le condizioni stesse di vivibilità del nostro Continente) la nascita di un movimento culturale e politico capace di analizzare la situazione dell’ Europa nel presente contesto storico, di proporre una cultura a questo adeguata, di coordinare le forze sociali, sparse nel Continente, disponibili a lavorare per l’ Europa (il “PATRIOTTISMO EUROPEO”), e, infine, di guidare una trasformazione del quadro culturale, delle forze politiche e dell’ assetto istituzionale, secondo nuovi orientamenti, da un lato congruenti con l’identità di quest’ ultimo, e, dall’ altro, con l’attuale contesto storico. E’ ovvio che tutto ciò non si potrà fare in un solo giorno, in una sola tappa, con un unico strumento. Ma dovrà essere fatto.

E, come dicevano I Padri Fondatori, andrà fatto “ripartendo dalla cultura”, cioè non già dalla fotografia sociologica degli attuali abitanti dell’ Europa, né dalle attuali istituzioni, bensì da una libera riflessione su ciò che siamo, su ciò che vogliamo essere, con quali percorsi poterlo conseguire.

Detto così, quanto sopra potrebbe sembrare un compito immane, che può spaventare. Perciò, vorrei invece attirare almeno la Vostra attenzione su un tema che non è solo prioritario tanto dal punto di vista tattico, quanto da quello strategico, ma è addiritura improcrastinabile: IL RUOLO DELL’ EUROPA QUALE BALUARDO DI LIBERTA’ E DI CULTURA PER IL MONDO INTERO.

Le vicende della storia contemporanea, che ci vengono vendute come una storia di progressivi ampliamenti della libertà per tutti, rivelano, in realtà, giorno per giorno, una perdita sempre maggiore di quest’ultima, travolta dalla convergenza sempre più stretta fra tecnologia, ideologia, mass media, conformismo e complesso burocratico-militare, che rischiano di cancellare addiritura l’umanità, se non come specie, almeno come portatrice di identità..

Già le tecnologie attualmente in uso (“intelligence elettronica”, internet, sistemi d’ arma “intelligenti”,multimedialità), insieme alle ideologie della “modernizzazione” e dell’ “esportazione della democrazia” rendono possible, ad un unitario centro ideologico, politico, culturale e militare mondiale, di controllare, e, potenzialmente, reprimere, i comportamenti e i pensieri di miliardi di abitanti del globo, senza che questi praticamente neppure se ne accorgano, il che comporta anche una militarizzazione competitiva di tutti i Paesi del mondo. In America, il numero degli addetti ai servizi segreti (più di 1 milione) supera quello dei membri delle Forze Armate. La convergenza delle ideologie verso un imprecisato “centro” ha ridotto enormemente, rispetto agli Anni ’70, l’offerta di progetti politici. Gli sviluppi in corso, nell’ intelligenza artificiale, nella bioingegneria e nella cibernetica renderanno possible, fra brevissimo, addiritura condizionare dall’ esterno una gran parte dell’ Umanità, a mano a mano che questa farà ricorso a social networks più sofisticati e alle nuove scoperte della biomedica, come i trattamenti elettronici del cervello, che collegheranno direttamente quest’ultimo con il “sistema” dell’intelligenza artificiale centralizzata e con varie forme di automatismi, fino a che (si dice nel 2030), le machine prenderanno finalmente il sopravvento sull’uomo.

La mancata riduzione del bilancio militare americano sta provocando in tutto il mondo una nuova corsa agli armamenti, soprattutto per ciò che concerne la guerra cibernetica, il controllo digitale del territorio, i“robot in grigioverde”, i droni, la militarizzazione dello spazio. In questo contesto, le possibili nuove proposte culturali vengono sommerse dalle opposte propagande, che impongono rumorosamente i loro temi nello spazio pubblico.

L’Europa, obiettivamente “defilata” rispetto a questa dialettica, ha l’enorme opportunità di mobilitare il suo formidabile apparato culturale per svelare le vere ragioni di quella conflittualità generalizzata, tentando di elaborare un’ autentica sintesi, capace di fondare una politica comune di controllo delle sue pericolose tendenze. Tale sintesi non potrà essere fondata su un unico filone culturale, sviluppatosi in alcuni Paesi dell’ Occidente, bensì sulla retta comprensione di tutte le grandi tradizioni culturali.

Per poter esercitare, in questo processo, un ruolo attivo, l’ Europa dovrà, per prima, ripristinare, al suo interno, le necessarie condizioni di libertà culturale e politica, ed aprire uno spazio di dibattito di livello europeo. Per questo motivo, occorre aprire innanzitutto una battaglia sui diritti umani e civili, che sono sanciti, dal Diritto Europeo, con il massimo di precisione, ma che sono, in realtà, talmente disapplicati da provocare una vera e propria alterazione dell’equilibrio sociale e politico a favore di un ristretto “establishment” .Basti pensare alla pratica inesistenza dei diritto alla privacy e dell’antitrust (il che impedisce un’espressione veramente libera del pensiero e ci assoggetta alle grandi concentrazioni dell’ industria culturale), e al non riconoscimento dei diritti delle “nazioni senza stato”(il che trasforma addiritura in “minoranze” quelle che in realtà sono “maggioranze”- come per esempio, gli Scozzesi, i Russofoni, ecc..-), e comunque altera sostanzialmente gli equilibri politici (i 10 milioni di Rom e i molti milioni di islamici, cittadini europei, i quali non hanno certo una rappresentanza adeguata al loro numero), contribuendo cos’ sempre più ad uno sbilanciamento culturale e politico del Continente verso Occidente.

Un movimento che sapesse appropriarsi di questi temi potrebbe avere un seguito in Europa, e che un’ Europa che li facesse propri potrebbe farsi sentire nel mondo, unica dimensione in cui si può contrastare l’ inaudito attacco in corso contro i diritti effettivi, il quale viene oggi condotto nel nome di diritti inventati, che interessano, semmai, ristrette minoranze di privilegiati dalla globalizzazione.

MANIFESTO: IL MONDO DELLA CULTURA CONTRO LO SFASCIO DELL' IDEA EUROPEA


Manifesto: Culture's World against Jettison of European Ideal.Le Manifeste: Le monde de la culture contre la ruine de l' idéal européen.Manifesto:Kulturwelt gegen die Ruine des europaeischen Ideals






Il livello di fiducia nell’Unione Europea (UE) ha raggiunto oramai i suoi minimi storici.
ALL’UE NON E’ STATA, FINO AD ORA, ATTRIBUITA UNA CAPACITA’ DECISIONALE ADEGUATA A  VALORIZZARE LE  CARATTERISTICHE DELL'UNIONE, UNICHE AL MONDO: il PIL complessivo più elevato;la valuta più forte; il più elevato “surplus” nell’ export di beni culturali (salvo che per gli audiovisivi); le Forze Armate più numerose.
MA, NONOSTANTE TUTTI I DIFETTI DELLA UE, L’ EUROPA SIAMO NOI; QUINDI, NON POSSIAMO USCIRNE, QUAND'ANCHE LO VOLESSIMO.
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1.Un antico ideale

E’questo ciò che intendiamo quando affermiamo che, senza mai essere stata, né una nazione, né un impero, “L’EUROPA E’ STATA ED E’ UNA COMUNITA’ DI DESTINO”. In particolare, come gli altri Continenti e Sub-Continenti del mondo, l’Europa ha sviluppato, nei secoli, un suo specifico modo di essere (il “Modello Socio-Economico Europeo”), non solo è il più consono al modo di pensare e di vivere degli Europei, ma che potrebbe anche costituire un prezioso contributo, da parte dell’ Europa, al resto del mondo, a condizione che essa fosse  capace di ascoltare le esigenze degli altri e di trarne  idee innovative, proponendole senza arroganza eurocentrica.

2.Un progetto “dirottato”
 
Non riteniamo che l’Unione dei nostri giorni corrisponda alla vera e propria  Idea Europea -la quale ultima un progetto culturale millenario, che, fin dal Medio Evo, ha voluto  dare forma alla “Comunità di Destino”europea che l'Europa costituiva e ancora costituisce-
Quegli antichi  intellettuali e politici, come Dubois, Podiebrad, Sully, St.Pierre, Leibniz,
Kant, Rousseau, Novalis, Mazzini e Nietzsche, nonostante le loro diversità, condividevano già  la visione dell’ Ideale Europeo come indispensabile baluardo di un'unica Comunità di Destini.
Durante la “Guerra Civile Europea” (1914-1945), diversi intellettuali federalisti, come Coudenhove Kalergi, Galimberti e Spinelli,  avevano già anche abbozzato le strutture di una Federazione Europea, comprensiva di tutta l’ Europa, dotata di poteri politici, economici e militari.
In realtà, la “Crisi dell’ Europa” è soltanto la crisi della “Cultura Funzionalistica” dell’ Unione, non già quella dell’ Europa come Comunità di Destino. I Padri Fondatori avevano compreso che la strategia “funzionalistica” (basata sull’ attribuzione, alle Istituzioni, di limitati poteri economici) costituiva solo un compromesso.Perciò, essi avevano già anche previsto che, se la costruzione europea fosse giunta ad uno stallo, gli Europei avrebbero dovuto riprendere  il loro percorso comune, ma partendo, stavolta, dalla cultura, non dall’ economia. Si deve quindi tenere  anche conto dalla necessaria autocritica degli errori ed omissioni dei politici e degli  intellettuali europei negli ultimi cinquant'anni.
Oggi, di fatto, rimangono da costruire tutti e cinque i Pilastri dell’ Idea Europea:la Costituzione; la Politica Estera e di Difesa Comune;la Politica Europea Economica e Industriale;il Sistema Socio-Politico Europeo;l’allargamento a tutto il Continente.
Nel frattempo, le “Comunità Europee” create dai Padri Fondatori, sono state sostituite da un’ “Unione” senz’anima, sempre più simile a una mera “sezione europea ” della Globalizzazione, e sempre meno capace di resistere agli eccessi di quest'ultima.

3. Sfida all’ Europa.

Alla fondazione delle Comunità,l’Europa era ancora immersa in un “guscio protettore” di  Eredità Culturale Europea, che, nelle intenzioni dei Padri Fondatori, le Comunità avrebbero dovuto promuovere, non già cancellare. La sfida, oggi, ci viene, invece, dagli esiti estremi della Globalizzazione, che rischiano di cancellare, con il declino dell’ Europa, anche i residui stessi dell’Eredità Culturale Europea. Sfortunatamente, il “Metodo Funzionalistico” è inefficace contro questa minaccia, sicché la cultura europea è chiamata ad elaborare soluzioni alternative da proporre alla politica.

4.Ripartire dalla Cultura.

Le statistiche dimostrano che l’ Europa è il continente più acculturato del mondo. Se, fondandosi su questa propria eccellenza, l’Europa riuscisse a pensarsi come il baluardo non solo dell' ’Eredità Culturale Europea, ma perfino dell' Eredità Culturale Mondiale , essa avrebbe tutte le potenzialità per divenire una   forza trainante per tutto il mondo, capace di rispondere alle tre questioni fondamentali in cui si articola la sfida della Globalizzazione: l’avvicinarsi dell’era delle “Macchine Spirituali”, in competizione, per la supremazia, con la stessa Umanità; la consapevolezza che l’Eredità Culturale europea non è che una delle grandi tradizioni dell' Eredità Culturale Mondiale; la consapevolezza del Modello Socio-Politico Europeo come l'unico strumento per consolidare, nel contempo,e la nostra comune forza economica, e la nostra solidarietà sociale.

5.La missione degli intellettuali .
 
Da una siffatta iniziativa degli intellettuali, dovrebbe poter nascere un Nuovo Discorso Europeo, capace di attualizzare l’Eredità Culturale Europea nel nuovo ambiente della Globalizzazione. Per potervi contribuire, gli intellettuali europei riconoscentisi nell’approccio qui suggerito dovrebbero porsi in grado, utilizzando tanto i nuovi mezzi di comunicazione, quanto i meccanismi finanziari dell’ Unione, di proporre, entro tempi stretti, alla classe politica, a nuovi soggetti politici e ai movimenti dei giovani, nuove formule -concettuali, filosofiche, politologiche - per fronteggiare la Sfida all’ Europa–, i cui punti fondamentali potrebbero essere tratti dalle tradizioni del Federalismo Europeo: un dialogo autentico con tutte le culture mondiali; l’individuazione di un nuovo equilibrio mondiale, accettabile da tutti; un nuovo quadro istituzionale –una “Grande Europa”, in cui le nostre specificità venissero adeguatamente rappresentate e promosse-, un compiuto Ordine Giuridico Europeo, che realizzasse autenticamente i diritti sociali, umani e civili affermati, ma solo in teoria, dall’ “Acquis Communautaire”; un federalismo europeo e interno che costituisse un’effettiva rappresentanza di tutti, non già la moltiplicazione di inutili nomenklature.

Solo sfidando il qualunquismo, gli Intellettuali Europei potrebbero ricuperare una “leadership” morale e intellettuale ormai perduta, tramandando alle nuove generazioni un esempio vivente, fornendo un ideale per cui combattere ai giovani che protestano contro il presente, e restituendo ai cittadini la fiducia, che essi stanno perdendo, nell’ Europa, nella democrazia –e, infine, nella vita stessa-.
NON CHIEDETE COSA L’ EUROPA POSSA FARE PER VOI, MA COSA VOI POTETE FARE PER L’ EUROPA
Per Alpina srl,
(Lina Sarich)
Per AICCRE
(Alfonso Sabatino)
Per Poesia Attiva
(Bruno Labate)
Per l’Associazione Culturale Dialexis
(Riccardo Lala)
Per IPSEG
(Stefano Commodo)
Per Il Laboratorio
(Mauro Carmagnola)

sabato 18 dicembre 2010

SINGULARITY


Kurzweil’s Theories Shade Confused Threat on Future of Mankind. Les théories de Kurzweil jettent une certaine confusion sur l’avenir de l’humanité.Kurzweils Theorien verursachen gewisse Unsicherheit über Menschheits Zukunft.

Un tema che non è fino ad ora sufficientemente conosciuto è quello relativo agli sforzi, attualmente in corso, soprattutto da parte di una serie di scienziati e di fondazioni della California, per accelerare al massimo i tempi dello sviluppo della cibernetica e dell’intelligenza artificiale, fino al momento in cui le “Macchine Intelligenti” (ma, ora, è invalsa l’abitudine di chiamarle “Macchine Spirituali”) supereranno, come intelligenza e come creatività, l’uomo stesso.

Il teorico di questa evoluzione, Ray Kurzweil (autore del libro “Singularity”), sostiene addirittura che, grazie all’applicazione del “Reverse Engineering” (cioè, di quella tecnica che permette di progettare un apparato attraverso l’imitazione delle sue caratteristiche esterne e la ricerca, con l’intelligenza artificiale, dei parametri utilizzati nel suo funzionamento interno), il momento in cui la macchina raggiungerà l’uomo va situato non già, come Kurzweil aveva ipotizzato in un primo tempo, nel 2050, bensì, addirittura, già nel 2030.

Questo è il momento che viene definito, da Kurzweil come “Singularity”, cioè quello in cui l’uomo e la macchina divengono una cosa sola. L’idea della “Singularity” esce, così, dal campo delle definizioni tecniche, per allargarsi sempre più alle sfere della futurologia, della sociologia, e, perfino, della religione e della mistica.Le incredibili nuove capacità delle macchine dovrebbero, infatti, permettere all’uomo non solamente di realizzare compiti fino ad ora perfino inimmaginabili, ma perfino di trasferire l’aspetto psicologico, e perfino... “l’anima”, individuali in una macchina, o in un programma di software, rendendola, così, “eterna”.

L’insieme delle implicazioni di siffatte evoluzioni non è stato ancora adeguatamente studiato.

Ma c’è di più: quei futurologi ed autori di “science fiction” che si erano, a loro tempo, occupati della questione, ne avevano concluso che, molto probabilmente, l’esito di questi sviluppi sarebbe stato catastrofico. Primo e fondamentale esempio: secondo Asimov, che scriveva negli Anni ’20, il tentativo, da parte degli uomini, di impedire che la creatività dei “Robot” si rivolgesse contro gli uomini stessi, sarebbe stato necessariamente destinato a fallire. Infatti, almeno secondo il punto di vista darwinista (che è quello adottato dalla cyberingegneria), ogni specie finisce per sviluppare quelle capacità che meglio si prestano alla sua sopravvivenza, e, ciò, attraverso degli scostamenti dal suo codice genetico originario. Orbene, nel caso in cui, come si presume, i progettisti umani inserissero, nel “codice genetico” dei robot la prescrizione che ogni attività di questi dev’essere rivolta al bene dell’umanità, la legge dell’evoluzione della specie farebbe sì che si sviluppino, e prevalgano, piuttosto quei “robot” che, forse anche solo a causa di un errore di progettazione, non rispettassero tale requisito, ed, anzi, al contrario, privilegiassero, nei loro comportamenti, la sopravvivenza ed il benessere dei robot.

Il famoso (e controverso) “principio di precauzione” impone, di certo, un momento di riflessione.

Ma, purtroppo, il “momento di riflessione” non può neppure essere lungo, in quanto il 2030 è alle porte. Oltre tutto, a nostro avviso, una questione come questa, la coesistenza fra uomo e robot, non è certo qualcosa che possa risolversi con una riflessione, per così dire, “puntuale”, vale a dire utilizzando, semplicemente nel momento del bisogno, le capacità culturali e politiche al momento esistenti.I nfatti, quando parliamo di “crisi della cultura” e di “crisi della politica”, intendiamo dire proprio che non c’è, ad oggi, con l’attuale cultura e con gli attuali sistemi politici, la capacità di affrontare efficacemente e tempestivamente le grandi emergenze. Anzi, al contrario, secondo quanto affermano autori come Emanuele Severino, i meccanismi politici, economici e sociali attuali fanno sì che, in ultima analisi, tutte le realizzazioni tecniche che sono fattualmente possibili in un dato momento, vengano pressoché puntualmente realizzate, senza alcuna valutazione preliminare.

Occorre pertanto partire subito ad ideare una riforma della cultura e della politica che permetta di affrontare questi temi in modo più efficace.

L’idea, da noi lanciata, di un’“Accademia Europea” mira proprio a creare i presupposti, culturali, ma anche tecnici e sociali, per questo tipo di riflessioni.

venerdì 17 dicembre 2010

DA LISBONA A VLADIVOSTOK


Recent Days Proposals from Russia Ignored by European Media. Les propositions russes des derniers jours ignorées par les médias. Russlands Vorschläge der letzten Tagen von europäischen Medien ignoriert.

Mentre pagine e pagine dei quotidiani italiani (ed anche di alcuni altri Paesi europei) vengono dedicate alle fughe di notizie di Wikileaks, ed, in particolare, alle assolutamente non provate irregolarità che circonderebbero i notevolissimi affari realizzati negli ultimi anni in Russia dalle imprese italiane, quegli stessi media ignorano nel modo più sistematico le proposte estremamente articolate (che possono piacere o non piacere) dello Stato russo agli Europei, per fare avanzare la stessa costruzione europea, che sembra praticamente bloccata dalle incertezze e dai dissidi interni sulle principali questioni economiche, istituzionali e di politica estera.

Innanzitutto, sono alcuni anni che il Presidente Medvedev continua a proporre, anche se con scarsi risultati, la definizione, attraverso trattati, di un nuovo sistema di sicurezza e di difesa in Europa, che sostituisca gli schemi, anche giuridici, dei tempi della Guerra Fredda, che non sono più attuali. Medvedev non si è limitato a questo, ma ha compiuto ancora un altro, grandissimo, passo in avanti per ciò che concerne lo scudo anti-missile, per il quale la Russia si è dichiarata disposta a collaborare alle stesse condizioni dei Paesi membri della NATO. Orbene, tali condizioni erano state fissate, nel Vertice di Lisbona, il giorno prima dell’arrivo di Medvedev, su richiesta del Primo Ministro turco Erdogan:

- lo “scudo” deve, ovviamente, coprire il territorio di tutti i Paesi partecipanti;

- ogni Paese partecipante deve partecipare a tutte le informazioni ed alla gestione del segmento relativo al suo territorio;

- lo scudo non deve essere indirizzato contro alcun Paese in particolare.

Pochi giorni dopo, ad un incontro con le forze economiche tedesche, Vladimir Putin ha lanciato un ambizioso progetto di cooperazione economica e culturale, atto a colmare le lacune sentite da tutti gli Europei nell’attuale fase di integrazione dell’Unione Europea: l’assenza di una politica economica, di una politica energetica e di una politica culturale comuni. La complementarietà fra Europa e Russia, soprattutto in campo economico (materie prime contro tecnologia e macchinari) è così spiccata, che una politica programmata di interscambio privilegiato (un Mercato Comune Euro-Russo) permetterebbe, agli Stati Europei, di superare la crisi, ed, alla Russia, di fare fronte al deficit di tecnologia che rallenta il suo processo di “modernizzazione”.

Questo accordo globale dovrebbe essere integrato da un accordo di interscambio culturale (professori e studenti), e da un accordo sulla liberalizzazione dei visti.

Ancora più recentemente, alcuni illustri economisti russi hanno proposto che la Russia garantisca anche, con un accordo-quadro, all’Unione Europea, l’assorbimento di certe sue produzioni, e, perfino, una partecipazione alla stabilizzazione dell' Euro.

Nel recentissimo vertice UE-Russia, è stato superato anche l’ostacolo dell’opposizione della UE all’ingresso della Russia nel WTO.

Infine, nell’ancor più recente incontro annuale fra Italia e Russia, tenutosi a Sochi ed a Krasnaya Poljana, sono stati firmati innumerevoli accordi, relativi, fra l’altro:

- alla costruzione in Russia di automobili della Fiat ed autoblindo dell’Iveco;

- alle centrali nucleari.

L’insieme di questi accordi dà indubbiamente, insieme a quanto già operativo (come il superjet fabbricato dalla Sukhoi con il supporto di Finmeccanica e Giugiaro), una grossa spinta alla ripresa dell’economia italiana, inserendosi nel quadro della collaborazione rafforzata con la UE.Anche i Francesi stanno finalizzando in questi giorni la vendita alla Russia di quattro portaelicotteri Mistral.

È veramente singolare che, a parte la Sueddeutsche Zeitung, che ha lanciato il tema con un articolo dello stesso Putin, nessuno dei mezzi di comunicazione europea abbia conferito il necessario rilievo a queste notizie.

Questo, soprattutto, in un momento in cui, a causa della crisi economica, la UE sta cercando disperatamente, ma, ahimé, in gran parte ancora infruttuosamente, nuove strade per rilanciare la propria economia, e, nel contempo, anche la collaborazione fra gli Europei.

AUTENTICITA' E "COSCIENZA INFELICE"


Potter’s New Book Emphasizes Contradictions of Authenticity Rhetorics. Nouveau livre d’Andrew Potter met en exergue les contradictions des « rhétoriques de l’Authenticité ».Potters letztes Buch emphatisiert Gegensaetze in der "Rhetorik der Autenticität".

Abbiamo già espresso, nel nostro precedente post, il nostro tributo agli Autori americani che collaborano a “The National Interest”, rivista di cui non condividiamo certo, al 100%, l’impostazione, ma di cui non possiamo, tuttavia, non sottolineare l’invidiabilmente alto livello.

Come abbiamo recensito con il massimo interesse l’articolo di Fred Baumann sulla crisi del concetto di umanesimo, così non possiamo neanche passare sotto silenzio l’altrettanto interessante recensione di R. Jay Magill Jr.,The Unreal Thing” (The American Interest, Vol. VI, N. 1, September/October 2010, pag. 104), dedicata ad un altro tema altrettanto scottante per ciò che riguarda le culture che fanno riferimento al “Canone Occidentale”: la "retorica dell’autenticità".

Come giustamente rileva l’Autore, la ricerca dell' autenticità costituisce una costante della cosiddetta "modernità occidentale"-una ricerca che passa attraverso tappe oramai consacrate, come, per esempio, la morte di Socrate, le opere di Lutero, Calvino, Rousseau, Thoreau, l’“alienazione” marxiana, la pittura contemporanea, eccetera.


Come rilevava già Thorstein Veblen, nelle moderne società capitalistiche, la ricerca dell’autenticità è strettamente legata ad un’affermazione di “status”, e, nella postmoderna società del ceto medio, al “feticismo della merce”.

La realtà è che l’idea, intrinsecamente rousseuiana e nietzscheana, dell’“autorealizzazione” è impossibile a conciliarsi, checché ne pensino Rorty e Vattimo, con l’“ideologia dell’eguaglianza” tipica dell’Occidente americanocentrico.

Un “riconoscimento” ben più efficace della propria “autenticità” era garantito, paradossalmente, molto meglio, come osserva l'armeno Ter Levossian, dagli antichi Imperi e dalla loro “integrazione differenziata”, che non dalle attuali democrazie, ove vigerebbe (ma solo teoricamente), l’“individualismo di massa”, ma, invece, si oscilla, di fatto, fra due estremi: da un lato, l’omologazione totale su una “way of life” assolutamente conformistica e meccanizzata, e, dall’altro,il potere incontrollato delle oligarchie del denaro.

Come nel caso precedente, crediamo che Paesi diversi, come, per esempio, l’Europa, ma anche Israele, i Paesi Islamici o l’India, siano (paradossalmente) meglio in grado di fare fronte alla crisi della “retorica dell’autenticità” di quanto non possa fare l’America. Infatti, avendo, l’America, rifiutato “a priori” ogni continuità con la pluralità (e, se si vuole, l’irrazionalità) delle “identità ereditate” delle società tradizionali, essa non è in grado di offrire, ai propri cittadini, alcun punto di riferimento per sfuggire, nella loro “ricerca di autenticità”, alla vuotezza della città tecnologica postmoderna.

Sono, invece, paradossalmente, proprio gli Europei, che sono all’origine delle contraddizioni dei concetti dell’Umanesimo e dell’Autenticità, ad essere quelli che (volendo e potendo), potrebbero pronunziare una parola risolutiva su questa questione.


INTERMINABILE DIBATTITO SULL'UMANESIMO


Important Article in The American Interest reopens debate.Le débat est réouvert par un intéressant article de « The American Interest ».Ein wichtiger Artikel in „The American Interest“ öffnet Debatte wieder.

Come non abbiamo mancato di porre in evidenza in tutte le possibili occasioni, il fatto che nostro interesse culturale prevalente sia costituito dall’Identità Europea non può significare in alcun modo che ci disinteressiamo a ciò che sta avvenendo negli altri Continenti.

Ciò, in particolare, quando le evoluzioni in corso sono strettamente legate al dibattito sull’Identità Europea, come è il caso, “in primis”, del dibattito fra gli intellettuali americani circa l’avvenire dell’“idea di umanesimo” e del “mito dell’autenticità”.

Ciò che troviamo di particolare interesse, del documentatissimo articolo di Fred Baumann in “The American Interest” (Vol. VI, N. 1 September/October 2019), intitolato “Humanisms’s Four Stages - The struggle to define what we mean by human has not succeeded. But that’s no reason to give up now, Men & Machines," pag. 83),è la sua capacità di ripercorrere, con estrema precisione, profondità e criticità, a partire dalle “radici classiche” dell’Europa, fino alla “Tarda Contemporaneità” occidentale, la contraddittoria idea di “Umanesimo”.

Risparmiamo, ai nostri lettori, da un lato, la sintesi della complessa (anche se interessantissima) ricostruzione storica di Baumann, e veniamo alla conclusione dell’Autore, secondo la quale, nonostante che la storia del concetto dimostri che i suoi teorizzatori non avevano (e non hanno) alcuna idea chiara in proposito (e, ciò, in particolare, nella nostra era “Tardo-Contemporanea” in cui gli intellettuali “umanisti” sono confrontati con il “post-umano”), il tema è essenziale ancora oggi e merita di essere riproposto.

A noi pare che quest’ analisi puntuale, documentata ed obiettiva, valga tanto per l’America, quanto per l’Europa.

Diremo di più. Proviamo una grande invidia dinanzi alla capacità di intellettuali, come Baumann, ed a riviste come “The National Interest”, di formulare in modo così chiaro temi così scomodi per i propri lettori e per le proprie “constituencies”.

In effetti, si tratta, in gran parte, di una “genealogia” particolarmente critica nei confronti degli intellettuali europei ed americani degli ultimi anni e della loro inconcludenza.

E condividiamo anche (e come potrebbe essere diversamente?) l’idea di Baumann che, nonostante tutti questi fallimenti, qualcosa vada tentato, tutti insieme, per salvare (e/o fare rivivere), se non l’“Umanesimo”, quelle esigenze e quei valori ai quali gli intellettuali “umanisti”, seppure vagamente, aspiravano.

Per quanto in forma problematica e tentativa, crediamo esista un modo di concepirci come “difensori dell’umano” nell’“Era delle Macchine Spirituali”: proprio e soltanto rievocando culture, come quelle mitiche, nelle quali la compresenza di Umano e Non Umano (Divino, Semi-divino, Sub-umano, Diabolico, eccetera) era ben radicata.

Un “ritorno” che, per l’America, un Paese “assolutamente nuovo”, che avrebbe voluto fare “tabula rasa” del passato, non è, probabilmente, possibile quanto può esserlo qui da noi.

venerdì 29 ottobre 2010

NAPOLITANO: BISOGNA IMITARE LA CINA

During China Trip, Napolitano Invites Italians to Take Lessons from that Country. Dans son voyage en Chine, le Président Napolitane invite les Italiens à prendre des lecons de ce pays. Waehrend seiner Kinareise, laedt Praesident Napolitano die Italiener an, von jenes Landes Erfahrungen zu lernen.

Si inaugurano l' anno della cultura cinese in Italia e della cultura italiana in Cina.

Il Presidente Napolitano ha avviato le celebrazioni visitando in varie città cinesi la mostra celebrativa del leggendario gesuita italiano, che tentò una forma di sincretismo fra Confucianesimo e Cattolicesimo.

Napolitano ne ha tratto l'opportunità per invitare gli Italiani a prendere ispirazione dalla Cina:


"14:13 29 OTT 2010

(AGI) - Macao, 29 ott. - Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha visitato oggi la mostra dedicata al missionario gesuita Matteo Ricci, e al termine si e' brevemente intrattenuto con i cronisti. "Non bisogna travestirsi da cinesi come Matteo Ricci - ha detto Napolitano - per comprendere i cinesi. I tempi sono cambiati. Basta avere volonta' di capire".
Secondo il presidente, l'Italia possiede tale volonta' di capire: "Credo che tale volonta' ci sia, e non solo per l'Italia. La Cina di oggi, la sua trasformazione, impone tale forza di comprendere di per se'. Se non ci fosse volonta' di capire la Cina, significherebbe essere miopi, non avere il senso ne' dell'oggi ne' del domani". La mostra dedicata al missionario gesuita Matteo Ricci in occasione del 400esimo anniversario della sua morte ha toccato Pechino, Shanghai, Nanchino e si conclude proprio a Macao dove il gesuita parti' alla scoperta della Cina alla fine del XVI Secolo. La mostra ha avuto un grande successo in Cina, con piu' di 700mila visitatori, e nell'edizione di oggi visitata dal Presidente Giorgio Napolitano con il Presidente della Regione Marche Gian Mario Stacca ospita un pezzo d'eccezione, mostrato in prima assoluta a Macao, detto "La Misteriosa Mappa Visiva delle due forme". Il presidente Giorgio Napolitano ha espresso il suo apprezzamento per la mostra, che rappresenta un ulteriore strumento per portare le relazioni Italia-Cina ad un livello ancora superiore. Nel corso della sua visita in Cina Napolitano ha piu' volte richiamato alla mente come i primi due ambasciatori dell'Italia in Cina siano stati Marco Polo e Matteo Ricci, che in Cina e' conosciuto con il nome di Li Madou, ed e' molto studiato nelle scuole cinesi. La visita del presidente Napolitano, che ha gia' toccato Pechino e Shanghai, si chiudera' domani a Hong Kong. (AGI) Cli/Clo"