martedì 21 settembre 2010

I "NUOVI BARBARI"


Italian Debate on Extinction of Modern Culture Misses Full Extent of Question. Le débat en Italie sur l'exhaustion de la culture de la modernité néglige le cadre de référence. Italienische Debatte ueber Erschoepfung der Kultur der Modernitaet laesst Gesamtbild ausser Sicht.


Il dibattito fra Scalfari e Baricco

Anche in Italia, la "Rentrée Littéraire" impone agli autori più affermati l'esigenza di qualche lacerante dibattito. E' il caso, ad esempio, di Scalfari e di Baricco, sulle pagine de "La Repubblica", circa "Barbari" e "Imbarbariti".

Scalfari deve lanciare il suo Nell' ampio mare aperto (Einaudi, Torino, 2010 ), in cui si tratta di temi parzialmente affini a quelli del saggio di Baricco comparso "a puntate" per diversi anni consecutivi su "La Repubblica".

Le tesi centrali di Scalfari:

-la modernità è finita con Nietzsche, anche se ha continuato una sua vita residuali per circa settant'anni dopo la sua morte;

-la caratteristica principale di Nietzsche è la "perdita del centro", giacché il Centro è in qualunque punto, non vi è più una "cosa ultima", e, di conseguenza, tutto si svolge in superficie;

-dopo i Moderni, non è venuta una nuova civiltà. I Postmoderni, se esistono, non sono un movimento vitale;

-i "Nuovi Barbari", destinati a riempire il vuoto di civiltà così lasciato, non sono ancora nati.

Anche per Baricco, ci troviamo di fronte ad una crisi di civiltà. Anche per lui, la società che va verso la sua fine è quella classicistica e borghese della Modernità. Tuttavia, per lui, i nuovi barbari ci sono già: sono, da un lato, gli imprenditori della New Technology, che, com il Web, impongono una nuova forma di cultura, e, dall' altro, le nuove generazioni educate alla Rete. Di fronte a questi "Nuovi Barbari", starebbero gli "Imbarbariti", i conservatori che difendono la civiltà ormai morta. Non si tratterebbe altro che una nuova vicenda dell'eterna dialettica fra Progresso e Reazione.


La Modernità è sempre stata in crisi

Tutto ciò può essere parzialmente vero, ma, intanto, non è,certo, nuovo.

Non è nuovo il passaggio dalla "profondità" classicistica alla "superficialità" postmoderna. Sembra poco più di una trascrizione in altre parole dell' idea nicciana di "spirito di leggerezza" ("alleggerimento") contro "spirito di gravità". Esso è già stato declinato in tutte le salse, dai futuristi, dai surrealisti,da Benjamin, da Schuon, da Calvino, da Vattimo, da Lipovetzki, ecc....

A nostro avviso, la Modernità tutta intera è un' "epoca di transizione" (cfr. p.es., St. Simon, Comte, Marx, Juenger, che, tutti, avevano in mente "una nuova età organica"). Questa transizione comincia, di fatto, intorno al 1750, quando gli Europei smettono di ammirare incondizionatamente l'Oriente e incominciano a prendere posizione nella civilissima India, saccheggiandone l' economia e le tecnologie. Spunta solo allora l' idea dell' "eccezionalità dell' Occidente", che si sviluppa, in epoca rivoluzionaria e napoleonica, con la messa in discussione (più teorica che pratica) dei ceti dell' "Ancien Régime"; essa giunge a maturazione solo intorno al 1850, quando, dopo le guerre dei Cipays e dei Taiping e quella messicano-americana, l' "Occidente" comincia a guardare agli altri popoli e alle altre civiltà come a realtà inferiori. E, tuttavia, contemporaneamente, nasce già l' idea di un superamento della modernità occidentale nella "fine della Storia", come la ritroviamo in Hegel, Comte e Marx. All' inizio del Novecento, la nascita di una vera e propria civiltà della scienza e della tecnica va di pari passo con con lo sviluppo del Decadentismo, così come la nascita delle società di massa con la fortuna del filone "nicciano").

Nel momento stesso in cui, nel 1945, con l' occupazione di tutto il mondo da parte di sistemi socio-politici "moderni", la vittoria della Modernità sembrerebbe compiersi, ecco che i due più grandi Imperi "premoderni" (che comprendono circa la metà dell' Umanità) si dichiarano indipendenti, sotto due leaders come Gandhi (che veste come un sannyasi del 1000 a.C. e fila con un arcolaio di tecnologia neolitica), e Mao che veste, come si dice in Cina, "alla Mandarina", antepone le campagne alle città e conferma il primato della lingua ideogrammatica).



Lo sviluppo delle macchine intelligenti e la "Singularity"

Infine, nel momento in cui internet anticipa già una società ed una cultura diverse da quelle della Modernità, si annunzia anche una "leadership" asiatica sulla cultura, sulla politica e sull' economia mondiali. Il mondo che ci attende si porrà alla confluenza di due grandi tendenze: la bioingegneria, sospinta, almeno fino ad oggi, dal capitalismo e dallo scientismo occidentale, e, dall' altra, la riscoperta delle culture tradizionali in corso in Asia (un mix che già vediamo nei cartoons giapponesi). Non è escluso che questo incontro abbia un andamento catastrofico.

Secondo i teorici della "Singularity", in "Occidente" si perverrebbe entro il 2030 al predominio delle macchine intelligenti. Secondo altri, intanto, il "blocco asiatico" tenderà ad autonomizzarsi dal resto del mondo, intorno al suo originale esperimento culturale (cfr. l'ultimo articolo di Rampini su "la Repubblica"). Nel medio-lungo termine, tutto cio potrebbe acuire ulteriormente gli aspetti di "controllo" già insiti tanto nell'impostazione tecnocratica dell' Occidente quanto in quella "neo-imperiale" orientale.

Tuttavia, tutto ciò sembrerebbe riguardare solo una prima fase del "Mondo Nuovo" che ci attende:"Steve Rayhawk, matematico e bioinformatico che coordina il lavoro degli studenti del Singularity Institute, sostiene che un sistema d' intelligenza artificiale programmato male potrebbe considerAre gli esseri umani una semplice materia prima"(Yves Eude, Alla conquista dell' immortalità", Le Monde, trad. Internazionale, 24/30 settembre 2010, pag. 60).L'unità del mondo verrebbe realizzata dalle macchine, sottoposte solo più al controllo di un unico enorme ordinatore (che realizzerebbe così la "Singularity", la riunificazione gnostica, o neo-platonica, o cabbalistica), nell'Uno originario. Queste tesi "californiane" riecheggiano per altro, singolarmente, quelle del "comunismo magico" dei "Bogostroiteli" bolscevichi di Lunacarskij.



I "nuovi barbari" sono le "Macchine Intelligenti".

In ogni caso, i "Nuovi Barbari" non saranno degli umani, ma le "Macchine Intelligenti", a meno che non vengano contrastate da una cultura ed una politica adeguate. Se lasciati a se stessi, i profeti californiani dell' "Ideologia di Internet" e della "Singularity"ci porteranno al dominio delle "Macchine Intelligenti," finché verranno anch'essi da queste spazzati via.

Si pone allora un problema enorme, che va ben al di là di dispute circa i più recenti "trend" letterari, anche se, in un certo senso, li ricomprende e li spiega.E' il problema della continuazione (o meno) dell' Umanità. Problema, in ultima analisi, teologico (perchè qualcosa è piuttosto che non essere?), ontologico (che cosa è l' Uomo?), antropologico (che cos'ha l'uomo in più rispetto alla "Macchina Intelligente"?), politico (le "Leggi della Robotica" di Asimov), e, infine (ma, direi, soprattutto, con urgenza), culturale: come affrontare questi dibattiti?; come coltivare l' Umanità nell' epoca delle Macchine Intelligenti?.

Anche i teorici della Singularity pensano a qualcosa di simile alle asimoviane "Leggi della Robotica". Tuttavia, ciò dimostra il loro dilettantismo: già Asimov aveva già dimostrato plasticamente nelle sue opere degli Anni '20 e '30 che queste "leggi" non funzionano. Non è un semplice fatto di " cattiva programmazione", bensì, invece, che l' "errore umano è talmente inevitabile", che l'errore, lo "scostamento", il "clinamen" è -proprio, per le teorie materialistiche e darwiniste- quell' elemento di libertà che porta all'evoluzione della specie.



Tornando al dibattito culturale.

Dal punto di vista strategico, è proprio lì che si pone la questione di come (ammesso che lo si voglia) fermare quella china che, fra tecnica, volontà di potenza, centralizzazione e Macchine Intelligenti, ci sta portando verso lo scontro finale fra Est e Ovest, fra robot e umani, o alla guerra fra robot (satelliti-spia, droni, macchine belliche semoventi, sistemi di controllo integrati di teatro, nano-macchine, ecc....):"Ma gli adepti della Singolarità hanno davanti anche un' altra sfida, probabilmente la più difficile: l' umanità deve capire cosa vuole davvero e provare a ottenerlo con l' aiuto delle macchine"(Eude, cit).

Dal punto di vista culturale, si tratterebbe forse di individuare un "uovo umanesimo", capace di giustificare filosoficamente ed esistenzialmente la scelta per la continuazione dell' Umanità (anziché quella del "passaggio di consegne" alle macchine).Dal punto di vista politico, si tratterebbe di studiare le "linee di faglia" all' interno dei diversi Moloch, che permettesse la sopravvivenza di soggetti collettivi improntati ad una logica diversa dalla pura Volontà di Potenza.L'Europa è una di quelle "linee di faglia".Come osservato da molti (cfr. p.es, Goethe, Gramsci, Nisbett, Rifkin, Gress), pur essendo posta all' interno dell' Occidente, essa non ne condivide le motivazioni di fondo. In particolare, essa è più impermeabile al "destino della Tecnica", e, per questa ragione, le è più facile dialogare con l' Oriente, ma anche porre un freno agli entusiasmi del tecnicistico. Le opere di Zamiatin, Capek, Lem, Burgess, sembrerebbero dimostrarlo. Ciò imporrebbe, però, una completa rivisitazione della nostra tradizione culturale (l'"Identità Europea"), per scoprirvi quegli elementi che si distaccano dal "mainstream" e che possono farvi contrasto.Tale ricerca è solo parzialmente in corso.

Il dibattito sulle nuove tendenze letterarie si rivela, così, come uno degli infiniti "tasselli" necessari per mettere in moto questo nuovo dibattito culturale. Occorre innanzitutto capire verso dove si sta andando. E, tuttavia, se, come abbiamo ragione di temere, la tendenza è verso la Fine dell' Uomo, allora anche il dibattito letterario dovrebbe venire sottratto ai frivoli umori delle "rentrées littéraires"e dei "tak shows", e canalizzato in questo dibattito più vasto.

In generale, si impone, a nostro avviso, un drastico ridimensionamento proprio del "carattere superficiale" della cultura contemporanea, tanto esaltato da Calvino e da Baricco, e oramai divenuto un malcostume collettivo del "mondo della cultura".Gli "Imbarbariti" sono proprio gli intellettuali contemporanei, che perdono il loro tempo dietro a questioni irrilevanti, mentre incombono scelte fondamentali per l'Umanità.

La cultura deve essere riportata alla sua drammatica serietà, imposta dal permanere, e dall' ampliarsi, non già l'estinguersi, della tragicità dell' esistenza e della storia.

E' questo, per altro, ciò che noi stiamo facendo con l'insieme delle nostre attività, e, più in particolare, con le iniziative che abbiamo lanciato con le altre Associazioni culturali torinesi in concomitanza del Progetto per la Candidatura di Torino a Capitale Europea della Cultura. Ci riferiamo soprattutto aprogetti come "Ricominciare dalla Cultura" e "Network della Cultura Europea".



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