sabato 6 febbraio 2010

ALTI E BASSI DELLA TRATTATIVA FRA USA E RUSSIA


News about American Missiles in Poland and in Romania Show Threat to Europe for Exclusion from Strategical Talks. Les nouveautés concernant les missiles américains en Pologne et en Roumainie démontrent risques pour Europe de l' exclusion des négotiations stratégiques. Nachrichten ueber US-Raketen in Polen und Rumaenien zeigen Europa-Risikos wegen Ausschusses aus strategischen Besprechungen.

Le ultime notizie circa la decisione americana di dislocare missili in Polonia e in Romania dimostra due cose:

-le trattative sui missili fra America e Russia sono lungi dall' essere concluse;

-le discussioni sulla politica estera e di difesa comune dell' Europa dovrebbero vertere innanzitutto su argomenti come questo.

Infatti, è difficile intravvedere una minaccia militare più grave per la sicurezza dell' Europa che una guerra nucleare sul suolo europeo per un conflitto fra due potenze che tranquillamente ci ignorano quando discutono di queste cose.

Se ambedue ci considerano alleati, o almeno amici, non possono disporre dei nostri territori e della nostra sicurezza a loro piacimento.

La breccia ai danni dell' Europa è costituita dal fatto che le decisioni circa la politica estera e di difesa possono essere adottate solamente all' unanimità. Tuttavia, il Trattato di Lisbona ha conferito all' Alto Rappresentante il compito di coordinare queste decisioni.Questo, dal punto di vista legale. Inoltre, dal punto di vista politico, nulla ci vieta di fare pressioni su Paesi come la Polonia e la Romania perchè non adottino decisioni che possono essere dannose per l' intera Europa.

I Russi si lamentano del fatto che gli Americani non abbiano rispettato il recentissimo impegno di Obama a discutere preventivamente ogni novità nel campo dei sistemi antibalistici. Ma cosa dovremmmo dire noi circa il comportamento dei governi polacco e romeno? Si sono consultati con Solana e/o Ashton, e/o van Rompuy? Questi li hanno mai convocati? Che cosa serve la Politica Estera e di Difesa Comune se non si parla di queste cose?

In questi giorni, si sta parlando nuovamente, a proposito delle politiche monetaria ed economica, di Europa a più Velocità. Sarebbe urgentissimo che ciò avvenisse anche per la Politica Estera e di Difesa Comune.

venerdì 5 febbraio 2010

UNA POLITICA INDUSTRIALE UE PER L'AUTO

Positions of Marchionne and Tajani Confirm Our Hypotheses.Les positions de Marchionne et de Tajani confirment nos hypothèses.Stellungnahmen von Marchionne und Tajani bestaetigen unsre Hypothesen.


A Natale avevamo reso conto della presa di posizione del Presidente della FIAT, Montezemolo, a favore di una politica industriale europea per il settore automobilistico.In quell' occasione, avevamo proposto di dare a tale politica (che, sulla carta, già esiste, ma, come si vede, non funziona), un ben maggiore "spessore" politico e giuridico, facendone oggetto di un' "azione concertata", non solamente a livello ministeriale.

Più recentemente, avevamo segnalato l'eccezionale opportunità che si sta aprendo all' Italia, la quale dispone, in questo momento decisivo, del Commissario all'Industria, Tajani, il quale, tra l' altro, è anche particolarmente interessato (per il mproprio background e per la propria origine territoriale), alla politica industriale dello spazio, appena entrata a far parte delle sue competenze, e sulla quale si è già pronunziato.

Ieri, si è registrata una significativa convergenza, sulla priorità di una politica industriale, anche già per risolvere il problema di Termini,nel settore dell' automobile.

Avevamo poi anche fatto notare in un altro post che, a nostro avviso, le attuali basi delle politiche industriali UE, anche quando esistono, sono deboli a causa di:

-ottica teorica ed ottimistica, che non tiene conto anche delle realtà negative, come le chiusure;

-insistenza retorica sulla concorrenza, che diviene un tabù, che neppure
il legislatore comunitario può superare;

-mancanza di coordinamento, in quanto le "leve" per fare una politica industriale sono normalmente sparse in 15 Direzioni Generali della Commissione, non permettendo così, né un monitoraggio continuo, né interventi di emergenza.

Il caso dell' industria automobilistica potrà costituire un "banco di prova" per un effettivo miglioramento del sistema sotto la nuova Commissione.

Segnaliamo, per informazione, che l'industria automobilistica costituisce uno dei rami per i quali esiste già un' azione settoriale dell' Unione:"

la Commission européenne entend:

1) Renforcer la compétitivité du secteur

L'objectif est d'identifier et d'évaluer les difficultés politiques significatives ayant trait à la compétitivité de l'industrie automobile européenne et de proposer des solutions qui tiennent compte des enjeux économiques, sociaux et environnementaux.

2) Compléter, adapter et simplifier le cadre réglementaire du marché intérieur

La réalisation du marché intérieur repose sur l'introduction du système communautaire de réception complète (EC WVTA, en anglais, Whole Vehicle Type-Approval), qui permet aux constructeurs d'obtenir une réception pour un «type» de véhicule dans un État membre et de le commercialiser ensuite dans l'ensemble de l'UE, sans avoir à effectuer d'essais supplémentaires.

3) Promouvoir la globalisation du cadre réglementaire technique à travers la CEE-ONU

L'harmonisation technique globale est un facteur clé de la consolidation de la compétitivité de l'industrie automobile européenne au niveau mondial. L'UE est une partie contractante à deux accords de la Commission économique pour l'Europe des Nations unies (CEE-ONU): l'Accord de 1958 concernant l'adoption de prescriptions techniques uniformes applicables aux véhicules à roues et l'Accord mondial de 1998."(http://ec.europa.eu/enterprise/sectors/automotive/index_fr.htm#top)




ISTANBUL CAPITALE EUROPEA DELLA CULTURA


For First Time, non-EU city designated as Ueuropean Cultural Capital. Pour la première fois, une ville non communautaire designée comme "Capitale européenne de la Culture. Fuer den ersten Mal, wird eine aussserhalb der EU liegende Stadt als Kulturhauptstadt ernannt.

Purtroppo, l' istituzione delle "città europee della Cultura", che dovrebbe svolgere un ruolo centrale nella formazione dell' identità europea, si è progrezzivamente snaturato, anche a causa della prassi lottizzatoria, in forza della quale vengono nominate due, se non tre, città.

Quest' anno, sono state nominate tre città: Istanbul, Essen e Pecs.

Mentre Essen e Pecs hanno lasciato poco entusiasti gli stessi Tedeschi e Ungheresi, visto il non eccessivo messaggio culturale legato a tali città, Istanbul campeggia incontrastata, come una scelta importante, che, comunque, farà discutere.

Intanto, è il primo anno che questo titolo verrà attribuito ad una città che non fa parte dell' Unione Europea.In secondo luogo, si tratta di una storia così importante, da costituire per tutti una fonte di riflessione e di confronto.

Intanto, Istanbul (Costantinopoli) è una delle tre città che si proclamarono "successore di Roma", con Veliko Tarnovo (in Bulgaria), e Mosca.Tant' è vero che, in varie lingue orientali, la Turchia è designata come Rum, o Rom.

Poi, è sita geograficamente all' esatta metà fra l'Europa e l' Asia.SE non fosser per questo, essa sarebbe automaticamente, coi suoi 12 milioni di abitanti, la maggiore città d' Europa.

Infine, è, oggi, una città prevalentemente mussulmana, facente parte di uno Stato che ha visto lo scontro più accanito fra tre concezioni dell' Islam: quella ottomana, di monarchia assoluta partimoniale e multiculturale, poco interessata alla supremazia religiosa; quella islamica militante dell' ultimo periodo ottomano, in cui l'Impero Ottomano rivendicò il Califfato (cioè la guida religiosa di tutti i Mussulmani), a partire dal 1774; infine, il periodo laicistico di Kemal Atatuerk, in cui la religione fu strattamente sottoposta al Governo. Il dibattito sull' Islam in corso in Turchia interessa quindi tutti, in Europa e in Medio Oriente.

Infine, come città, Istanbul conserva le memorie della civiltà bizantina, delle popolazioni greca, armena, albanese e italiana (Galata) che la abitavano accanto a quella turca, dell' architettura islamica, dell' Impero, ma anche degli stili europei degli ultimi tre secoli.

Per ultimo, Istanbul è anche una città moderna, pulsante di vita economica e culturale.

Istanbul non è la capitale della Turchia.

Kemal Atatuerk, leader nazionalista, non la amava, per il suo carattere monarchico e cosmopolita, nonché per la facile raggiungibilità da parte degli eserciti e delle flotte di invasione.

Coerente con la sua idea della costruzione di una nazione etnicamente pura, anatolica e turanica, costruì la nuova capitale, Ankara, nel cuore dell' Anatolia.Contemporaneamente, proibì la lingua ufficiale dell' Impero (Osmanli), una koiné di arabo, persiano e turco, modernizzando la lingua, più "turca", usata dai contadini dell' Anatolia.

Nel caso in cui la Turchia entrasse, finalmente, a far parte dell' Unione Europea, sarebbe, quindi, probabilmente, di nuovo la cosmopolita Istanbul a prendere il sopravvento sulla provinciale Ankara.

Ricordiamo che Alpina possiede una propria area di attività, chiamata Evrazija-Avrasya (che utilizza anche come marchio il Ponte Atatuerk, che, nella foto, si intravvede dietro Rumeli Hisari), nell' ambito della quale vorremmo realizzare iniziative anche per il 2011, anno italo-russo.

Saremmo lieti se ci segnalaste iniziative che possono rientrare in queste categorie.

info@alpinasrl.com

Alpina srl
Via Pietro Giuria 6
10125 Torino



giovedì 4 febbraio 2010

IL FUTURO DELLA LIBERTA'

Fini's Book Stimulates Reflexion and Critics.Le livre de Fini stimule la reflection et la critique.Fini's Buch reizt Ueberlegung und Kritik.



Rientra certamente nei compiti delle figure istituzionali, come il Presidente della Repubblica e quello della Camera, esprimere in modo persuasivo le convenzioni culturali che stanno alla base del sistema politico di cui sono rappresentanti, ed invitare le giovani generazioni ad aderirvi.

Perciò, non resta che da applaudire al fatto che i nostri Presidenti lo facciano autorevolmente.

Una tipica espressione di questa attività è il libro di Giancarlo Fini, "Il Futuro della Libertà"(Edizioni Rizzoli).

Tuttavia, è, a nostro avviso, altrettanto ovvio che tale tipo di pubblicistica, proprio per la sua natura e la sua genesi, corra il rischio di lasciare un poco un senso di incompletezza, se si pensa alla complessità delle questioni che essa affronta, e alle rigidità entro cui le posizioni istituzionali in genere sono costrette ( al contrario di quelle dei "bloggers").

La storia della libertà

Concordo con l' idea di fondo di Fini, vale a dire che il tema della libertà sia il più critico per le giovani generazioni, ma credo che visioni irenistiche, come quella offerto dal libro di Fini, corrano il rischio di indebolire, più che rafforzare, la consapevolezza dei giovani per il problema, e la loro disponibilità a battersi per esso.

L'identificazione della storia con la storia della libertà è una grande tradizionieitaliana, di cui il massimo rappresentante fu Benedetto Croce(di cui, stranamente, non si parla più). Un limite di questa impostazione è quella di fare perdere il senso della complessità della storia, ma, soprattutto, del concetto di libertà.

Come Fini giustamente ricorda verso la fine del libro, occorre distinguere una "libertà negativa"(libertà da ingerenze altrui) e una "libertà positiva"(libertà di fare delle specifiche cose concrete). Filosofi e teologi ci ricordano che esiste anche una "libertà morale" (libertà di fare il bene, qualunque cosa questo sia).

Esempio della prima: poter vivere in un' isola deserta, senza seccatori.

Esempio della seconda: poter essere curato in un ospedale.

Esempio della terza: avere il coraggio di rifiutare un ordine disumano, affrontando la morte.

Bene, contrariamente alla "storia della Libertà" che ci viene costantemente insegnata, la storia non procede necessariamente ed incontrovertibilmente verso un incremento indiscriminato della libertà. Anche perchè i tre tipi di libertà non sono paralleli, ma si condizionano (e, talvolta, si escludono) a vicenda.

Per esempio, la libertà negativa tende a diminuire sempre più, a mano a mano che il legame sociale si fa intenso, ed aumenta la "libertà positiva", qualla di ricevere "prestazioni" dalla società.Infine, la "libertà morale", difesa da Catone, Seneca, i Martiri della Legione Tebana, Bonhoeffer, Kolbe, ecc.... in genere ha modo di manifestarsi in tempi duri, in cui tanto la libertà positiva che quella negativa vengono negate.

La libertà oggi

Orbene, come si stanno muovendo, oggi, i tre tipi di libertà, e che cosa ci attende per il futuro?

La libertà negativa si sta certo affievolendo sempre più.Come rileva Conrad Lorenz, lo stesso sovraffollamento del pianeta costituisce l' attacco più violento a questa libertà. Non parliamo degli orari senza interruzione, delle luci e delle musiche sempre accese, della regolamentazione del traffico, ecc..

La libertà positiva, dopo avere conosciuto un vertice nell'Europa Comunitaria di fine secolo, dove si cumulavano le prestazioni materiali dell' "affluent society" di tipo capitalistico, con la più completa gamma delle prestazioni sociali del socialismo, sta subendo bruschi contraccolpi, in quanto, né il mercato è più in grado di garantire agli Europei una crescita quantitativa continua, né lo Stato è in grado di mantenere le vecchie prestazioni sociali.

Quanto, infine, alla libertà morale, essa è, oramai, praticamente inesistente, in quanto la stessa struttura antropologica che la sosteneva (fondata sulla civiltà classica)è stata minata in tuttio i suoi aspetti (rifiuto dei modelli dell' antichità e delle religioni trascendenti, funzionalizzazione e giuridicizzazione di tutte le decisioni, mancanza di veri margini di manovra per il singolo).

I pericoli per la libertà

Nel futuro, questo panorama tenderà a peggiorare in modo drastico.

La libertà negativa tenderà a scomparire nel modo più assoluto in un mondo di dieci miliardi e più di persone. Tutto sarà razionato e regolamentato. Qualunque atto ostile o di sabotaggio potrebbe provocare catastrofi immani: le Autorità saranno obbligate a controllare e reprimere senza remore qualunque anomalia. La robotica, la cibernetica e le tecniche elettroniche di controllo stanno fornendo strumenti spaventosi, come i "centri di ascolto" intercontinentali, la censura del web,i campi di concentramento "segreti",i "robot guardiani", i droni, lo "scanner del pensiero", ecc...

La libertà positiva, se ci sarà, si tradurrà in una progressiva sostituzione della macchina all' uomo.Per rendere tutti più intelligenti, e possibilmente egualmente intelligenti, si accrescerà la simbiosi fra l' uomo e il computer.Per garantire la salute e la longevità, si sostituiranno tutti gli arti, e perfino il cervello, con delle protesi. Lo stesso uomo verrà programmato biologicamente, poi tramutato gradualmente in un cyborg, e infine connesso ad una rete intelligente, di cui sarà solamente un "terminale"....L'eccesso di prestazioni tecnologiche e sociali si tradurrà cosìnella dipendenza totale da un universo macchinico organizzato a livello mondiale.Ideologia, informatica, cibernetica, finanza e tecnica saranno uniche a livello mondiale, e tutto ciò che si muove nel mondo sarà controllato centralmente in modo elettronico.

Le profezie di Zamiatin, di Capek, di Asimov, di Lem, di Huxley e di Oorwell si sono già realizzate: il futuro potrebbe essere molto peggio!

Un programma di battaglia per la libertà morale

La libertà diventa cruciale proprio perchè tende a sparire.In queste condizioni, quella che torna ad essere determinante è la libertà morale.

La fine della libertà negativa può essere scongiurata innanzitutto da una cultura critica, che veda i limiti dello sviluppo, e da un' educazione alla sostenibilità, che abitui ad accontentarsi di poco, come gli antichi.Poi, da un' attenzione accresciuta per gli aspetti anche procedurali della libertà. Per esempio: il diritto di parola, anche contro i dettati del "politicamente corretto"; il diritto alla "privacy" contro gli arbitri polizieschi e informatici; la tutela di tutti contro i trattamenti inumani e contro la detenzione abusiva, ecc.....Infine, la democrazia non già come "dittatura dei sondaggi", o "apoteosi della mediocrità", bensì come partecipazione quotidiana,agita e combattuta.

Che la libertà positiva non si traduca nella "trasfusione senza spargimento di sangue" , dall' umano alla macchina, può essere scongiurato solo da un rinnovato pensiero teologico, il quale, dedicandosi alla "cosa ultima", fornisca una leva contro l' autoreferenzialità della tecnocrazia. Tale pensiero, per essere operativo, non potrà essere disgiunto da una robusta cultura scientifica e tecnologica, capace di penetrare a fondo la dialettica delle "macchine intelligenti", di proporre alternative, di intervenire in tale dialettica, di limitarla, di condizionarla. Anche qui, bisogna difendere la "libertà delle religioni", cioè una laicità ben intesa, con creazione di uno spazio difeso, in cui la tecnocrazia non possa entrare, e la "libertà di ricerca", intesa come accesso agli aspetti più esoterici della tecnica, e libertà di critica della tecnocrazia.

Tutte queste cose si potranno realizzare solamente nella misura in cui si saprano utilizzare al massimo le sinergie fra le tradizioni liberali (che garantiscono l' "habeas corpus", il "due process of law" e la certezza del diritto), e quelle democratiche, che partono dall' originaria libertà positiva (il "diritto naturale"), per riconoscere il ruolo insostituibile delle formazioni sociali storiche (famiglia, città, professione), per poi costruire sistemi storici e concreti di partecipazione attiva di circolazione delle élties, di formazione dell'opinione, di deliberazione e di controllo. Quanto gli attuali strumenti normativi permettano tutto questo, va riverificato in ogni momento, soprattutto in una fase che, come dice Fini, è "costituente" (ma, a nostro avviso, più per l' Europa che per l' Italia).Vorrei solo ricordare, a quest'ultimo proposito, che l' unico soggetto politico che abbia seriamente intrapreso autonomamente l' impresa di scrivere la costituzione europea (nel 1944), il comandante partigiano piemontese Duccio Galimberti, lo fece scrivendo "in simultanea" (prima di essere ucciso), e la Costituzione Europea, e la nuova Costituzione Italiana. E' ovvio, infatti, che le due non potrebbero essere in contrasto fra di loro.

Come si vede, c' è un enorme programma di intervento culturale, educativo, scientifico, imprenditoriale, politico e giuridico.

A nostro avviso, solo sul presupposto di un siffatto programma sarà possibile lanciare un appello concreto ai giovani per la difesa della libertà.

Giacché la libertà è un valore tipicamente europeo, crediamo anche che il livello giusto per proporre un programma come quello sopra sia quello europeo.








LA POLITICA INDUSTRIALE NEI PROGRAMMI DEI COMMISSARI

Analysis of Programmes for Hearings Shows Insufficient Development of New Concept.L'analyse des programmes pour les auditions des Commissaires montrent un développemement inadéquat du nouveau concept. Analyse der Programme der Kommissaere fuer EP-Pruefung zeigt unzulangende Entwicklung des neuen Konzepts.

Come anticipato, al fine di pervenire al risultato di un' analisi critica della nuova idea di "una politica industriale per l' Europa, abbiamo ritunuto prioritario compiere un' analisi a volo d' uccello dei programmi esibiti dai neo-commissari in occasione delle audizioni dinanzi al Parlamento Europeo.

La "rivoluzione culturale" in corso, sottolineata dalla modifica apportata al concetto di "concorrenza" dal nuovo "wording" dei Trattati Istitutivi, non trova espressione se non nel linguaggio dei due commissari all' Industria e alla Concorrenza, che parlano di "economia sociale di mercato". In realtà, si torna all' ispirazione originaria delle Comunità Economiche Europee, che era tutt'altro che liberista.Si ricordi che l' Europa era appena uscita dalla pianificazione imperativa attuata dall' economia di guerra, e che in molti Paesi, in primis la Francia e l' Olanda, vigeva un sistema economico altamente dirigista.

Lo stesso Jean Monnet, che viene spesso presentato come fautore del neo-liberismo perchè era imprenditore e aveva lavorato anche ibn America, era, in realtà, un grande esperto di ppianificazione economica, aveva lavorato all'economia di guerra con il Presidente americano ed era stato nominato da De Gaulle "Hauc Commissaire au Plan", cioò il massimo funzionario per la pianificazione dell' Economia francese. Infine,il tanto esaltato "Ordoliberalismus" di Ehrardt altro non era se non la traduzione del termine "Orderly Liberalism" che, in America, aveva caratterizzato le politiche dirigistiche del "New Deal".

Anche la concezione originaria della concorrenza, quale espressa dal Trattato di Roma, non era la concorrenza "senza se e senza ma", bensì la "workable competition", cioè una sorta di "concorrenza sostenibile"-compatibile, cioè, con le realtà effettive della società e dello stesso mercato-.

La situazione attuale, di graduale uscita dalla crisi, può essere paragonata, sotto certi aspetti, a quella del dopoguerra.Vi è una generale sfiducia nella possibilità dell' economia mondiale, così come l' abbiamo conosciuta negli ultimi vent'anni, di dare risultati soddisfacenti per gli Europei.

E' chiaro che, perchè si possa dispiegare in tutta la sua pienezza il concetto di "politica industriale europea", occorre previamente una rivisitazione senza veli ideologici di tutta la storia economica degli ultimi secoli , delle teorie economiche, anche quelle meno conosciute (come quelle di Fichte, di Stein, di Kujper, di Latouche), rileggendo quelle più note ma interpretate in senso distorto (come quelle di Weber, di Hilferding, di Schumpeter).

Per ora, limitiamoci a segnalare gli aspetti, dei programmi dei Commissari, che più strettamente si conmnettono all' idea di "politica economica".

TAJANI

INDUSTRIA

POLITICA INDUSTRIALE EUROPEA

PMI

SPAZIO

TURISMO


ALMUNIA

CONCORRENZA

Riforma del sistema europeo di finanziamenti


KROES

DIGITAL AGENDA

EUROPEANA


KALLAS

TRASPORTI

Trasporto sostenibile ecologicamente


ANDOR

LAVORO, AFFARI SOCIALI E INCLUSIONE

Strategia 2020


BARNIER

MERCATO INTERNO

Mercati finanziari

Crisis management

Appalti


CIOLOS

AGRICOLTURA

Sviluppo agricolo sostenibile


DALLI

SALUTE E CONSUMATORI

e-commerce


HEDEGAARD

CLIMA

Green economy


OETTIGER

ENERGIA

gasdotti


PIEBALGS

SVILUPPO

Ripensamento dell’ aiuto internazionale allo sviluppo


VASSILIOU

FORMAZIONE, CULTURA,GIOVANI

Industria culturale








mercoledì 3 febbraio 2010

ISRAELE IN EUROPA?


Berlusconi's Offer Reopens Debate on Israel in Europe. L'offre de Berlusconi rouvre le débat sur Israel en Europe.Berlusconi's Angebot oeffnet die Debatte ueber Israel in Europa wieder

Il dibattito aperto dal discorso di Berlusconi a Gerusalemme costituisce un' esemplificazione di come il tema delle identità stia entrando con un ruolo centrale nel dibattito quotidiano.

Secondo Luca Caracciolo (La Repubblica, 3 gennaio 2010), la proposta di Berlusconi dimostrerebbe che "Berlusconi non ha una visione identitaria dell' Europa, tant'è vero che vorrebbe farci entrare tutti, dalla Russia, alla Turchia alla Bielorussia".

Il problema è che prendere posizione per le identità continentali significa precisamente definire che cosa fa parte di ciascun continente, in modo da inserire questi popoli nella rappresentanza a livello globale del continente stesso.

Ciò di cui si sta dibattendo fra il Governo cinese e il Dalai Lama non è certo la democrazia, visto che né l' uno né l'altro sono democratici, bensì del sé il Tibet faccia parte del Tien Xia cinese, a quali condizioni, e quante provincie cinesi facciano parte del Tibet.

Nello stesso modo, ciò per cui si sta disputando in America è se i latinoamericani debbano associarsi con gli USA, se debbano federarsi fra di loro, e, infine, gli Stati a prevalente influenza europea possano associarsi con quelli a prevalente cultura india.

Lo stesso vale, a nostro avviso, per l' Europa, dove, a un "nocciolo duro" (l' "Europa Centrale"), si stanno aggregando aree (come l'arcipelago Britannico, la Penisola Iberica, l' area baltica, i Balcani),che hanno forti collegamenti con realtà esterne (America del Nord o del Sud, Medio Oriente, Russia).In un futuro, anche alcune di queste realtà potrebbero associarsi all' Europa. Anzi, la maggior parte di questi territori sono già associati, in un modo o nell' altro.

Il problema è di stabilire come ciascun'area debba venire associata.

La scelta circa gli obiettivi storici determinanti per l' Europa condiziona anche le scelte circa i ruoli delle aree associate, e, quindi, anche sulle modalità di una loro associazione.

Coloro che ritengono che l' attuale orientamento culturale e politico dell' Europa debba continuare quanto più possibile privilegiano una "Comunità Euroatlantica". Coloro i quali vogliono contrastare o equilibrare questa Comunità vogliono inserire un rapporto privilegiato con il Sudamerica o il Medio Oriente. Coloro che puntano sulla centralità dell' Europa in un'area "occidentale" sono favorevoli all'associazione con Russia e Turchia.Tutto ciò, ovviamente, non già sotto la forma di una collaborazione assolutamente omogenea, bensì attraverso il concetto di "Europa a cerchi concentrici".

La proposta berlusconiana ci sembra volta in quella direzione. Non per nulla, l' offerta a Israele è connessa a quelle a Russia e Turchia.Infatti, in una "Comunità da Vancouver a Vladivostok", all' Europa spetterebbe un ruolo di baricentro fra il "messianesimo" americano e il "conservatorismo" russo, fra l'estremismo cristiano degli Americani e il sunnismo moderato dei Turchi.

In questo contesto, quale ruolo per Israele?Qui, il problema non è solamente di come l' Europa veda Israele, ma anche di come Israele veda se stessa.

Quanto all' Europa, a noi sembra che non vi sia dubbio che essa concepisca, a torto o a ragione, Israele come una parte di se stessa, sia quando essa sottolinea le "radici giudaico cristiane", sia quando, invece, ricerca le radici di una cultura laica, e perfino quando vede in Israele ceri aspetti e tendenze della storia europea che gli stessi Europei non condividono.Questo, per esempio, quando molti condannano il sionismo e non vogliono essere coinvolti nel conflitto con i Palestinesi.

Quanto a Israele, è noto quanto la sua identità sia lacerata. Tuttavia, in ultima analisi, si direbbe che l' orientamento fino ad ora prevalente sarebbe quello che si riallaccia al concetto di "Civiltà Ebraica", formulato dall'americano-israeliano Shmuel Eisenstadt.Eisenstadt, utilizzando, fondamentalmente, idee che erano state già di Spengler e di Toynbee, vede, come Huntington, diviso in "civiltà", che si identificano, essenzialmente, con le grandi religioni.Israele sarebbe, quindi, una civiltà distinta tanto dall' Europa, quanto dall' America e dal Medio Oriente.

Tuttavia, la concezione delle "civiltà" viste in questo modo incomincia a incrinarsi. Non sembra che vi siano, contrariamente a quanto previsto da Huntigton, problemi di integrazione dei Greci, dei Rumeni e dei Bulgari, ortodossi, nell' Unione Europea; le "identità continentali" sono più ampie e più flessinili delle "civiltà" .

Il dibattito su questi temi costituisce un poco il "nocciolo" della nostra battaglia culturale.

Senza anticipare conclusioni che potrei trarre solo al termine dello sforzo di completamento dei tre volumi di "10.000 Anni di Identità Europea"(cfr. http://www.alpinasrl.com/catalogo/cat_baustellen/cat_10000_anni_identit%E0.htm ;http://books.google.it/books?id=yECaemzMbREC&printsec=frontcover&dq=riccardo+lala&client=firefox-a&cd=1#v=onepage&q=&f=false ), a me sembra di potere affermare che il sionismo rappresenterebbe un' interpretazione evolutiva, modernistica e rivoluzionaria dell' Ebraismo, non diversamente da come il Puritanesimo rappresenta un' interpretazione estremistica del Cristianesimo. Ambedue hanno avuto come momento culminante l' emigrazione. Il recente riflusso delle "grandi narrazioni" messianiche dovrebbe giocare anche qui a favore di una rivalutazione di quei tradizionali orientamenti rabbinici, che, come ricordato recentemente da Jehoshua', erano sostanzialmente contrari all' "Aliyà", vista come qualcosa di simile alle sette pseudo-messianiche.

Perciò, un' idea di "ritorno" all' indietro, se non in senso fisico, almeno culturale, verso la vecchia Europa, non è da escludersi.

La domanda che tutti si pongono è: come giocherebbe una simile scelta nei confronti dei Palestinesi? Diventerebbe impossibile un' integrazione speciale con essi? Certamente, non è passata inosservata la frase di Nethaniyahu, secondo cui "il modello dei due Stati sarebbe superato".La questione di Israele nella UE avrebbe anche a che fare con quella dell' affermazione di un Euroislam, con quella di un Grande Medio Oriente, e con quella di una garanzia Internazionale dei Luoghi Santi.

Tornando a Caracciolo, a noi non pare che un' Europa più ampia, "a Cerchi Concentrici" toglierebbe identità all' Europa attuale. Anzi, quest' ultima, divenndo il centro di un' aggregazione più vasta, sarebbe, a nostro avviso, più protetta dalle ondate della globalizzazione, le quali verrebbero, per così dire, "filtrate" dalle regioni "decentrate", mentre il "nocciolo duro" potrebbe preservare un suo autonomo sviluppo ed un'autonoma capacità propositiva.






martedì 2 febbraio 2010

EQUILIBRI PUNTEGGIATI


Transformations of Last Weeks open up Expectation of an Epocal Change. Les transformations des dernières semaines ouvrent le champ à l' attente d'un changement épocal. Die Umwandlungen der letzten Wochen oeffnen die Tuer fuer Umfangreichen Wandel



Secondo la teoria di Gould e Eldredge, detta degli "equilibri punteggiati" (cfr. grafico allegato), l'evoluzione non segue un percorso graduale ("natura non facit saltus"), bensì, al contrario, le trasformazioni, per quanto preparate lungamente nel tempo, si verificano in una forma che potremmo definire "repentina".

Gli avvenimenti dell' inizio di quest' anno 2010 ci stanno portando alla convinzione che ci stiamo avvicinando ad uno di quei momenti che, secondo la teoria di Gould e Eldredge, sarebbero caratterizzati dalla cosiddetta "linea punteggiata", quando, cioè, ci si avvicina ad un mutamento improvviso.

I sintomi di ciò sono, tra gli altri, i seguenti:

a)una generalizzata "inversione di ruoli" (la Cina riabilita Confucio e tratta sdegnosamente gli Stati Uniti; la Russia proclama il "conservatorismo" quale sua "ideologia ufficiale"e lancia un programma accelerato di trasformazioni in senso europeo; in Italia, i politici di maggioranza il mercatismo, chiedono il posto fisso, organizzano manifestazioni contro le grandi aziende , vogliono una "Grande Europa", parteggiano, sostanzialmente, per la Russia, ecc...);

b)torna in voga il "primato della politica sull' economia"(che viene invocata da Sarkozy e Tremonti), mentre il Trattato di Lisbona, dopo 50 anni, toglie alla politica della concorrenza il suocarattere assoluto e proclama la doverosità di una "politica industriale");

c)"l'autocritica generalizzata" ,che ha fatto parlare, a Barbara Spinelli ,di "voltagabbana" (anche se non si capisce che cosa dovrebbe fare chi si è accorti di essersi sbagliati).

Quali orizzonti potrebbe dischiudere questa "linea punteggiata"?

Non crediamo che si possa dare una risposta, perchè non crediamo che il destino dell' Umanità sia scritto negli astri, bensì che esso dipenda, almeno in parte, dalle nostre libere scelte. Crediamo, tuttavia, di non sbagliare ipotizzando che si vada verso:

-una lotta sempre più serrata fra l' ipotesi di un "impero mondiale" e quella del "pluricentrismo";

-un interesse più approfondito per natura, cultura e tradizioni;

-una fase di violenti dibattiti interni, in tutti i continenti, circa quale sarà il loro ruolo nel futuro del mondo.

Questo è, per noi, lo stimolo maggiore a studiare, a dibattere, ad essere presenti: se la cultura dev'essere, almeno in parte, partecipazione ai destini della propria comunità, quale migliore occasione, se non quella in cui la storia cambia direzione, e ciascuno può esprimere il proprio parere, cercando di influenzare gli eventi.