giovedì 14 ottobre 2010

TORINO CAPITALE (5): ESAURIMENTO DELLA STRATEGIA DI LISBONA

Exhaustion of Turin’s Strategical Plans mirrows Exhaustion of Lisbon’s Strategy of the EU. L’épuisement des “Plans Stratégiques” de Turin reflète l’ épuisement de la “Stratégie de Lisbonne”. Erschoepfung von Turins “Strategischen Plaenen” verspiegelt Erschoepfung von Europa’s Lissabons Strategie.



Soprattutto, la cultura che stava dietro alla Strategia di Lisbona non aveva tenuto conto della crisi del sistema occidentale e dell’ emergere dei BRIC.
I “Piani Strategici di Torino” e l’azione politica ed amministrativa che ne è conseguita, che ha trovato il suo momento determinante della politica culturale della città, volta alla trasformazione, da grande città industriale ed operaia, grande capitale della cultura e dei servizi, era anch’essa fondata sulla “Strategia di Lisbona”.Anche a Torino, le supposizioni troppo ottimistiche sul fatto che l’industria italiana avrebbe mantenuto il suo peso si stanno infrangendo contro i “trends” economici e politici.

Riusciamo finalmente ad essere presi sul serio  quando ci sforziamo di spiegare che cosa volevano dire i “Padri Fondatori” dell’Europa, quando affermavano - per altro molto sibillinamente - che, qualora si fosse dovuto ricominciare a ricostruire l’Europa, si sarebbe dovuto “ricominciare dalla Cultura”.
Nell’interpretare il loro messaggio, cerchiamo  gli strumenti per andare decisamente “oltre”.Come detto, a nostro avviso, nelle tradizioni culturali di Torino esiste un bandolo della matassa. Solo, bisogna andarlo a cercare.

La nascita della “cultura postmoderna” ha costituito  un primo tassello di questo superamento, anche se essa risulta già superata dalle culture “contemporanea”, “tardo-contemporanea”, e tutte queste sono già, addirittura, minacciate dalla “Società delle Macchine Intelligenti”.Inoltre,giustamente, Jean Daniel ha lanciato, qualche giorno fa, su “La Stampa”, la “parola d’ordine”: “Canone Post-Occidentale”.

Pur ritenendo limitativa la definizione fornita da Darnel, è, per noi, assolutamente evidente che, nel futuro, non riusciremo, a nostra volta, a produrre cultura rilevante in Europa (“Identità Europea”) se non nella misura in cui riusciremo a studiare, capire, metabolizzare e dialettizzare le culture di tutte le parti del mondo.

Un problema ancora più scottante è costituito dalle diversità interne dell’Europa.Le idiosincrasie classiche del razionalismo sono nulla rispetto alle passioni che vengono scatenate, per esempio, dalla presenza dei Rom, degli Europei dell’Est, e/o delle minoranze russofone, che pure appartengono tutte, “lato sensu”, all’Europa.

Questo non è un compito ideologico, astratto, né, tanto meno, moralistico. Al contrario, esso è l’unico modo per rimuovere pregiudizi ideologici e ristretti, spesso di origine extraeuropea, e incominciare a comprendere come funzionano fenomeni come la “Società della Scienza e della Tecnica”, la “Globalizzazione”, gli “Scontri di Civiltà”, le “Globalizzazioni”, le “Delocalizzazioni”.

Per arrivare al concreto, facciamo presente che, in seguito all’assunzione della carica da parte di una nuova Commissionedella Cipriota Androulla Vassiliou, la Commissione ha lanciato, per questi mesi di ottobre e novembre, ben tre Consultazioni Pubbliche sul futuro della Politica Culturale Europea.
Ovviamente, noi parteciperemo, ed invitiamo tutte le Istituzioni e la Società Civile ad unirsi a noi per farlo.

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