giovedì 25 marzo 2010

BRITISH TRIBES

A Study about Scottish Identity Raises Attention on Complexity of Bitish Isles. Une étude sur l' identité écossaise reveille l' intéret sur la complexité de l' Archipel Britannique.Ein Studium um schottische Identitaet erweckt Aufmerksamkeit fuer Komplexitaet des britischen Archipelags


Presso la Yale University Press sono stati ripubblicati, sotto il titolo"The Invention of Scotland: Myth and History", una serie di saggi del famoso storico Hugh Trevor-Roper, dedicati alla tesi, cara anche a Hobsbowm, secondo cui il caso della Scozia costituirebbe un esempio molto eloquente del carattere "costruito" delle identità nazionali.

Carattere che, certamente, riconosciamo, se non fosse che la Scozia è una nazione dentro una nazione più grande, la Gran Bretagna.

Ci si domanda perchè la questione dell' "invenzione della nazione" si ponga solo per la Scozia, non
per l' intera Gran Bretagna.

Ché, se è vero che molte delle caratteristiche più uniformemente riconosciute come "scozzesi" (per esempio, il "Kilt") risalgono a circa duecento anni fa, è pur vero che, trecento anni fa, la Scozia costituiva un grande e potente regno, con una sua lingua e un suo diritto, mentre "il Regno Unito" non esisteva.

E' impressionante come le "piccole nazionalità" celtiche riescano a sopravvivere, ed, anzi, ultimamente, ad espandersi.

La realtà è che descrivere la storia "del Regno Unito" come una storia unitaria è ancor più arduo che scrivere le storie separate di Inghilterra, Irlanda, Scozia, Galles, Isola di Man, Cornovaglia, Isole Normanne.

Come hanno brillantemente illustrato Norman Davies, in The Isles: a history, e Bryan Sykes, in Saxons, Vikings, and Celts: the genetic roots of Britain and England, la storia dell' arcipelago è il risultato dell' interazione di lungo perioodo fra popoli ed influenze molto diversi: celtiche, latine, germaniche, scandinave, francesi.

Anche uno dei popoli più orgogliosi della propria storia e della propria "unicità" si rivela essere, come la Francia, molto più articolato di come in genere lo si descriva.

Anche la sua cultura è di grande ricchezza ed antichità.

Le prime opere, molto precoci ma anche mature, come il Beowulf, le Liriche Pagane Anglosassoni , il Mabinogion e i poemi epici "Tàin Bò" (sulle razzie), l' Historia Regum Britanniae di Geoffrey of Monmouth e le liriche di Riccardo Cuor di Leone, sono scritti in lingue diverse dall' Inglese, come l' Anglosassone, il Brittonico, il Gaelico, il Latino e il Francese.

Lo stesso Shakespeare, "fondatore" della letteratura inglese, ha tante caratteristiche "europee" (p.es.:ambienta le sue storie in Italia, in Danimarca, in Scozia, in Belgio, eccc..).Inoltre, anche se, per alcuni suoi brani, egli viene considerato anche i fondatore" dell nazionalismo culturale "British", in realtà, il suo modello resta sempre quella "merry England" feudale e rurale che stava scomparendo sotto l' influenza della Riforma e della politica di potenza.

Ma anche la grande letteratura inglese posteriore mal si inquadra nella visione trionfalistica di un' Inghilterra "modernizzatrice", che va dalla Magna Charta a Enrico VIII, da Elisabetta I a Cromwell, dalla "Glorious Revolution" alla Rivoluzione industriale.

I poeti romantici sono molto simili ai loro corrispondenti dell' Europa Continentale e del mondo slavo, Carlyle e Ruskin portano in Inghilterra idee dell' Europa Centrale; nella prima metà del secolo scorso, l' Inghilterra è una vera fucina di autori anti-modernisti, da Yeats, a Eliot, a Pound, a Huxley, a Orwell, a Burgess.

Per tutti questi motivi, non condividiamo le pessimistiche valutazioni espresse da molti, secondo cui la Gran Bretagna sarebbe irrecuperabile alla causa europea, in quanto la sua identità sarebbe inscindibilmente legata a quella americana.

Come per tutte le nazioni d' Europa, anche in Inghilterra esistono tendenze filo-europee e tendenze anti-europee. A nostro avviso, le identità delle nazioni "minori" dell' Arcipelago sono forze sostanzialmente pro-europee.











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