lunedì 8 marzo 2010

LE GRAND DEBAT SUR L'IDENTITE' NATIONALE

We are Pleased with the Debates on National Identities. However, We Would make them thoroughly Different. Nous nous félicitons des débats sur les identités nationales; toutefois, nous aimerions les rendre tout-à-fait différents. Wir nehmen sehr gerne heutige Debatten ueber nationale Identitaeten an; ungluecklicherweise, wuerden wir sie in eine ganz underschiedliche Richtung fuehren.


Quando, nel 2006, pubblicammo il primo volume di "10.000 Anni di Identità Europea", non avremmo sperato che, dopo solo 4 anni, il dibattito sull'eidentità sarebbe divenuto così acceso in tutto il mondo.

Per questo, anziché deprecare che esso sia ancora rimasto, quanto a basi teoriche ed a contenuti, a livelli che definiremmo primordiali, non possiamo, tuttavia, esimerci dalla speranza che si tratti solo di quei segni premonitori che annunziano i cambiamenti epocali che, con la terminologia di Jay ed Eldridge, abbiamo definito come "Linea Punteggiata".

Nonostante che anche in Russia, Olanda, Ucraina, Turchia, sia, di fatto, in corso un dibattito serratissimo sulla propria identità, è in Francia ed in Italia che lo Stato stesso ha promosso ufficialmente un "dibattito sull' identita'".

Questa volta, ci occuperemo del "grand débat" promosso dal Governo Francese.

Apparentemente, il dibattito verte sul rapporto fra l' "identità repubblicana figlia della Rivoluzione Francese" e il multiculturalismo imprtato dagli immigrati. Se e nella misura in cui il dibattito dovesse ridursi a questo, avrebbero ragione i socialisti a boicottarlo, e Guy Verhofstadt a dichiararlo inattuale.

Tuttavia, la difficoltà obiettiva che esiste a ridurre il dibattito sull' identità francese alla difesa dei "Valori repubblicani" fa sì che esso non possa che debordare in tutte le direzioni. Tra l' altro, ma non solo, dimostrando il superamento del nazionalismo nell' "Europa Postnazionale".

Il punto è che la cultura francese non è mai stata allineata con il trionfalismo patriottico e modernista della classe politica.

I primi intellettuali francese sono stati i Trobadors, di lingua provenzale, di irradiazione paneuropea, eretici ed aristocratici.

Il poema nazionale francese, la "Chanson de Roland", fu scritto alla Corte d' Inghilterra, in dialetto normanno, ed esalta, da una parte, la "Douce France" feudale, e, dall' altra, un eroe chiaramente francone e renano come Roland (vedi "Rolandsbogen" a Bonn). Così pure, Chrétien de Troyes esalta le avventure, in Inghilterra, di Perceval "le Gallois", riportando l' Historia Regum Britanniae, dell' Inglese Geoffrey of Monmouth.

Cartesio e Pascal, ben lungi dall' essere razionalisti, partivano dall'ipotesi che il mondo potesse non essere altro che la rappresentazione di un demone, mentre Montesquieu e Boulanger esaltavano la monarchia come la forma migliore di governo. Per Voltaire, il modello ideale di stato era l' impero cinese. Per Tocqueville, la Rivoluzione Francese era stata fatta con gli stessi elementi dell' Ancien Régime. Balzac esaltava gli "Chouans" e Baudelaire odiava la modernità.

Non stamo parlando di De Maistre, Chateaubriand, Barrès, Maurras, Drieu-la-Rochelle o Céline, e neppure di Robespierre, St.Simon, Proudhon,Péguy, Lèvy-Strauss, Benveniste, Simon Weil, Bataille,Mauriac, Roland Barthes , che vevano visioni, se possibile, più estreme.

Ma veniamo al '900.

Guénon decide che l' India sia l' unico Paese che abbia tenuto fede alle verità universali; per parte sua, si converte all' Islam, come faranno anche Béjart e Garaudy.

Anche Simone Weil e Antoine de St.Exupéry sono degli ammiratori incondizionati del mondo islamico, proprio per i motivi per cui gli attuali "identitaristi" francesi lo vorrebbero combattere: per "la ferveur"("hamas"), per il comunitarismo, per l' estetismo, per il principio di autorità. St. Exupéry, eroe della Resistenza caduto in una missione aerea suicida, vorrebbe che l' Imperatore berbero "costruisse la Cittadella nel cuore dell' uomo".

Ma non è solo la letteratura, bensì anche la storia e la politica, che smentiscono i miti "repubblicani".

L'unificazione del Nord e del Sud della Francia fu la crociata sanguinosa di Simon de Monfort.La maggior parte della Francia apparteneva, nel Medioevo, agli Inglesi e ai Borgognoni. L' Alsazia e la Corsica sono francesi solo dal '700, Nizza e Savoia solo dall' '800.

Perfino il Generale De Gaulle era tutt'altro che un tretragono sostenitore di un repubblicanismo monolitico, antistorico, borghese, centralistico. Piccolo aristocratico del Nord-Pas de Calais, il suo nome stesso (fiammingo), lo designa come discendente di antichi Celti.De Gaulle, cultore di Maurras, fu un fervente cattolico ("nous sommes des batisseurs de cathedrales"). La frase della Costituzione "La France est une République laique et sociale" fu concordata con il Primate di Francia, che la ritenne una vittoria per la Chiesa. L'ultima battaglia di De Gaulle fu quella per la Regionalizzazione. Dopo tante battaglie, fu sulla sconfitta nell referendum per la regionalizzazione che egli decise di dimettersi, dimostrando quanto essa fosse importante per lui.
E, tuttavia,nonostante i decreti della Convenzione e tutte le politiche centralistiche di due secoli, oggi si insegnano, nelle scuole francesi: Bretone, Occitano, Basco, Catalano, Nizzardo,Corso, Alsaziano e Francique.

Anche l' attuale polemica circa i "Francais de souche" è grottesca, quando si pensi che, né De Gaulle, né Mitterrrand, né Sarkozy (né Bonaparte, né Blum, né Weil,né Veil, né Pasqua, ecc...) sono nomi francesi, e, in particolare, Sarkozy è un "immigrato di seconda generazione".

Invece di andare a cercare i "Francais de Souche", che, a nostro avviso, semplicemente non esistono, la Francia può ben essere fiera di essere stata, almeno dopo la Seconda Guerra Mondiale, la vera "roccaforte pratica dell' Europeismo", con De Gaulle, Schumann, Monnet, Mitterrand, Delors, ecc.., con il "modello renano", la "force de Frappe", l' Ariane, il TGV, ecc...

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