martedì 18 maggio 2010

LA FIERA DEL LIBRO DI TORINO: UNA RIBALTA PER L' IDENTITA' EUROPEA?


Turin's Book Fair, a Success Story Needing to Find Its Meaning.Le Salon du Livre de Turin, une vedette qui doit encore trovuer sa raison d' etre. Turiner Buchmesse, eine Erfolgsgeschichte die noch ihre Raison d'Etre benoetigt.





Si è appena concluso un Salone del Libro salutato unanimemente come un grande successo. Questo, però, nell' ottica dei grandi eventi, non già in quella del significato per così dire "geopolitico", come pretenderebbe, e, a nostro avviso, giustamente, lo stesso Presidente del Salone, On.le Picchioni.

Infatti, di anno in anno assistiamo all' ingigantirsi della manifestazione, con il moltiplicarsi dei visitatori, generici e professionali, e dei dibattiti/presentazioni, ma non aumenta, a nostro avviso, il significato del Salone nell' evoluzione dell' Industria culturale.

Sono stati citati, giustamente, i saloni di Francoforte e di Londra, ai quali il nostro viene sempre più spesso accostato. Tuttavia, quei due Saloni hanno un effettivo respiro internazionale, l' uno, di carattere veramente mondiale, l'altro, dedicato essenzialmente alle produzioni di lingua inglese.

Il Salone di Torino resta il più grande salone italiano, come quelli di Parigi e di Mosca sono, rispettivamente, il più grande salone francese ed il più grande salone russo.

A Torino, la presenza degli editori esteri, incrementatasi nella parte professionale (mercato del "copyright"), è scomparsa nella parte aperta al pubblico.

Il "Paese Ospite d' Onore" ha un significato modesto, perchè la sua presenza si traduce in una serie di incontri e conferenze, mentre la produzione libraria esposta è veramente poca cosa.Ciò vale in particolare per lo stand indiano di quest' anno.

In questo, come in tutti gli altri campi, la differenza potrebbe essere data dall' Europa - parola che, come al solito, tutti si guardano dal pronunziare-.


1)Memoria e identità


Quanto sopra va inserito nel mutamento epocale in corso nel clima culturale, di cui lo stesso Salone non può non essere un riflesso.

Quando lo visitavamo per le prime volte all' inizio degli Anni '90 del XX° secolo, le tematiche preferite erano ancora di carattere prettamente "sociale", oppure di scrittura disimpegnata. Con il passare degli anni, i temi ufficiali del Salone si sono sempre più avvicinati alla cura postmoderna per le identità.

E' noto quale stretto legame vi sia fra identità e memoria. Quanto, poi, alla specifica identità europea, è chiaro il peso che in essa ha la "memoria culturale" (cfr. Jan Assmann).

Nell' edizione di quest' anno, identità e memoria sono presenti un po' dovunque.

Ci limiteremo, per altro, ad evidenziare alcuni dei temi trattati:

-modernità e antimodernità;

-identità indiana;

-identità piemontese.


2)Moderno, antimoderno, di Cesare De Michelis


Al Salone è stato presentato il nuovo libro di Cesare De Michelis , cultore della letteratura italiana del '900 e A.D. della Casa cEditrice Marsilio.

Moderno, Antimoderno si inserisce negli studi sugli "Antimoderni", che si stanno sviluppando in tutto il mondo (citiamo gli studi di Bhabha e di Compagnon).

L'approccio di De Michelis si differenzia per altro da quello di Compagnon:

-lo studio di De Michelis si riferisce alla letteratura italiana del '900, mentre quello di Compagnon esssenzialmente a quella francese dell'800 e '900;

-per Compagnon, la maggior parte degli intellettuali europei a partire dal Medioevo sono antimoderni, anche se in politica sono spesso "progressisti". Invece, a rovescio, per De Michelis, la maggior parte degli scrittori Europei del '900 (che attraversano Avanguardie, "fascismo di sinistra" e "egemonia culturale marxista"), è fanaticamente modernista, anche se proprio i suoi eccessi la portano di tanto in tanto a cogliere gli errori del modernismo;

-per Compagnon, non vi è frattura fra moderno e postmoderno, in quanto i "moderni" erano, in realtà, "antimoderni"; per De Michelis, la frattura c'è, perchè la caduta del muro di Berlino (paragonata a un vero e proprio terremoto) ha scosso le certezze progressistiche dei "Modernisti", senza che emergano nuove tendenze.Si tratta di ricostruire, ma anche qui sono possibili due scelte alternative: ricostruire una "città ideale", come dopo il terremoto di Gibellina, o ricostruire tutto come era anticamente, come dopo quello del Friuli. De Michelis esprime la sua preferenza per la seconda modalità, anche se non capiamo che cosa questo significhi. Infatti, secondo l' "Autore", prima delle Avanguardie c'erano "la pace e la democrazia", mentre, invece, la storia ci dice che c'erano le guerre coloniali e balcaniche e aspre lotte sociali, e la stessa parola "democrazia" era praticamente sconosciuta, mentre si parlava piuttosto di "monarchia" o di "liberalismo".Infine, De Michelis, con Péguy, insiste sul fatto che il problema di fondo è il crollo della società contadina. Ma allora, come si fa a ricostruire tutto come prima?

Ci compiacciamo certamente di questi studi, che si allineano sul tipo di interessi che contraddistinguono. Tuttavia, ci piacerebbe vedere più precise proposte per il futuro.

3)Identità indiana

Chi invece sembra avere le idee più chiare sono gli Indiani, arrivati a Torino in forze in quanto "ospiti d' onore".

Avevamo già incontrato gli Indiani quali ospiti d' onore a Francoforte.

Ora sembra che abbiano affinato le idee sulla loro identità, che, come afferma Kudir Kumar, è "religiosa", "gerarchica", "familista", "comunitarista", ma anche pluralistica, al punto da affermare che non si può parlare di "Identità Indiana" perchè in India c' è di tutto.

Gli intellettuali indiani presenti alla Fiera hanno affermato la loro estraneità a certi luoghi comuni della cultura postmodernistica americana, secondo cui saremmo alla "Fine della Storia", alla "Fine dell' Ideologia".

Per l' India, questa non è la "Fine della Storia", bensì "un nuovo inizio"; per quanto riguarda, poi, l' "ideologia", per gli Indiani non esiste "un' Ideologia", ma, semmai "delle ideologie".

Venendo, infine, alle problematiche più specificatamente letterarie, la delegazione indiana ha presentato notevoli novità, sulle quali, nel loro piccolo, tanto Alpina quanto Diàlexis, si erano già concentrate negli anni passati, quando avevano organizzato a Torino i convegni sulla musica e la letteratura dell' India Meridionale. A quell' epoca, non esisteva ancora un' organizzazione precipuamente dedicata alla traduzione e promozione delle opere letterarie delle 250 "lingue nazionali" dell' India.Cosa che noi avevamo lamentato al convegno del Premio Grizane Cavour del 2007 sull' India.

Oggi, l' India ha creato una specifica organizzazione a questo fine. Tale nuova attività è la logica conseguenza di una linea di pensiero che prende atto, da un lato, della specificità dell' India come nazione pluralistica, e, dall' altra, della necessità di uscire dal monopolio della letteratura indiana di lingua inglese. Tale letteratura, che, secondo un' infelice espressione di Salman Rushdie, sarebbe l' unica letteratura indiana, esprime in modo esclusivo le problematiche e la mentalità delle ristrettissime élites urbane tecniche ed economiche, ma non è in grado di rendere conto della complessità del subcontinente indiano, ed, in particolare dell' ambiente rurale, ancora maggioritario.

Per la prima volta, abbiamo assistito alla traduzione dall' Italiano all' Hindi, e viceversa, con esclusione dell' Inglese, ed abbiamo sentito proporre, da una casa editrice italiana, lo studio, presso le università italiane, di lingue nazionali indiane diverse dall' Hindi.

4)Identità Piemontese

L'emergere della tematica regionalistica aveva fatto sì, già a partire dagli ultimi anni, che le Istituzioni dedicassero uno spazio vieppiù crecente alle questioni, da un lato, delle identità regionali, e, dall' altra, delle minoranze etniche.

Quest' anno, la Regione Piemonte ha inaugurato la "Piazzetta Parole di Piemonte", ove si sono succeduti eventi di carattere regionalistico, ed, in particolare, attinenti alla questione delle minoranze etniche.

Questione che è, in Piemonte, particolarmente complessa, in quanto la nostra Regione, nota soprattutto per esssere stata il punto di partenza dell' Unità d' Italia, è stata per altro, altresì da sempre un crogiuolo dove si sono fuse culture iberiche, liguri, celtiche, latine, provenzali, germaniche, franco-provenzali, francesi, italiane, e, più recentemente, est-europee ed afro-asiatiche.

Tema di avvio del dibattito: la recentissima sentenza della Corte Costituzionale che nega, al Piemontese, il carattere di "lingua". Tema politico quant'altri mai, in quanto nessuna questione è più "politica" di quella dei "dialetti". Infatti, quello che noi studiamo come "Greco", è, in realtà, la "Koiné diàlektos" parlata negli imperi ellenistici; l' Italiano è il dialetto toscano, come il Francese è quello dell' Ile de France.

Il fatto che il Napoletano o il Normanno (in cui pure sono state scritte opere importanti) siano "dialetti" deriva semplicemente che il Regno di Napoli e il Ducato di Normandia non sono più Stati. Gli Stati attribuiscono la denominazione di "lingua" al dialetto che essi usano.

E' questo il motivo per cui il Friulano e il Sardo, idiomi di due "Regioni Autonome", si sono visti riconoscere lo statuto di "lingue".
Orbene, riconoscere al PIemontese il carattere di lingua significherebbe semplicemente orientarsi verso una trasformazione del Piemonte in Regione a statuto speciale.

A dire il vero, lòa situazione dell' India, con 2 "lingue veicolari", 24 lingue ufficiali, 250 lingue e 2500 dialetti dimostra che il rapporto fra Stato, lingua e nazione è più complesso di quanto non avesse pensato von Humboldt.

La complessità della "Questione Piemontese" è accresciuta dal fatto che, in Piemonte, esistono tre "minoranze linguistiche" transfrontaliere, esigue, ma molto influenti, poiché la maggior parte dei "confratelli" che parlano queste lingue vivono nelle vicine Francia e Svizzera, dove essi non hanno un' autonomia comparabile a quella della Valle d' Aosta, né un riconoscimento quale quello della Legge 482.

Per questo, gli Occitani delle Valli Cuneesi, i Franco-provenzali di quelle torinesi e i Walser della Valsesia e della Valdosssola sono influenti fra tutte le comunirà occitane, franco-provenzali e Walser.

5)Il Salone quale tribuna della politica locale.

Il tema dei "tagli alla cultura" è uno dei più "caldi" all' interno dell' "agenda" politica locale.

Ovvio che esso trovasse importanti eco anche all' interno del Salone, dove soprattutto il dibattito di Sabato 15, fra gli Assessori alla Cultura di Comune, PRovincia e Regione ha permesso di valutare le diverse posizioni.

Certo, buona parte del dibattito è strumentale, in quanto la maggior parte dei "tagli" su cui si sta discutendo si riferisce a qualcosa di già deciso dalla precedente giunta regionale (riduzione del 24% del bilanccio della Cultura), a cui si aggiungerebbe oggi la riduzione budgetaria dell' 8%, richiesta a tutti i Dicasteri dall' Onorevole Cota.

Quello che è certo e condiviso è che, ferma restando la trasformazione di Torino, da città prevalentemente industriale, a città di cultura e di servizi, si impone una correzioine di rotta, diretta a canalizzare le risorse pubbliche verso priorità inequivocabili.

Alpina ha la presunzione di avere molto da dire a questo riguardo.










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