domenica 29 novembre 2009

I POPOLI DEL PIEMONTE


Short Analysis of Ethnic Diversity in Piedmont. Brève analyse dela différence ethnique au Piémont.Kurze Einleitung zu den ethnischen Unterschiede unter den Voelkern Piemonts

Come già enunziato altrove, il Piemonte è storicamente molto variegato, e culturalmente diversificato, in modo non diverso dalla vicina Svizzera, con la quale condivide certi aspetti linguistici, etnici, storici e culturali.
Dal punto di vista etno-linguistico, il Piemonte può essere distinto in due fondamentali “blocchi”: da un lato, le pianure e le colline, già facenti parte dell’Italia Augustea (Gallia Cisalpina e Liguria), e, dall’altro, le Alpi, già facenti parte delle tre “Province Alpine”.

Nel primo blocco, prevale, tradizionalmente, il dialetto piemontese, che alcuni considerano una lingua, facente parte delle “parlate gallo-italiche”(anche se in aree importanti, come Verbano, Cusio e Ossola, oltre che il Tortonese, la parlata è lombarda, e, nell' Ovadese, è ligure.

Nel secondo, prevalgono parlate allogene: Provenzale, Franco-Provenzale, Francese e Walser.In passato, queste aree allogene avevano una maggiore influenza nella Regione, in quanto potevano riallacciarsi alle aree etno-linguistiche d’origine (i Walser, al Sacro Romano Impero; i Francesi ed i Franco-Provenzali, alla Francia; i Provenzali, alla Contea di Nizza, alla République des Escartouns ed al Delfinato; i Valdesi, agli Stati protestanti del Nord; tutti, agli Stati Sabaudi quale Stato Europeo transfrontaliero, multinazionale e multiculturale).

Ad esempio, i Valdesi, originari di Lione, avevano costituito, nel Medioevo, un’isola di autonomia culturale e religiosa, ed avevano esercitato, al tempo della guerra Franco-Piemontese, una decisa influenza, non solo sugli esiti della guerra e sulla nascita del Regno di Sardegna, ma, perfino, sull’equilibrio delle forze a livello europeo. Successivamente, essi, in quanto maggiore comunità protestante, hanno costituito anche il polo di aggregazione di tutti i Protestanti d’Italia. Anche i Provenzali avevano dato, nel Medioevo, il loro contributo alla cultura del Piemonte, attraverso l’attiva presenza dei Trobadors presso le corti feudali del Piemonte Meridionale, e, soprattutto, del Marchese Bonifacio del Monferrato.

Con la creazione dello Stato sabaudo, l’inurbamento e l’industrializzazione, questi territori avevano perduto la loro importanza come aree di passaggio all’interno di realtà politiche ed economiche europee, transfrontaliere e multiculturali, riducendosi a territori di montagna caratterizzati dallo spopolamento e dalla povertà.

Durante la 2ª Guerra Mondiale, i popoli alpini hanno avuto un’importante occasione di affermare la propria identità, costituendo un importante supporto logistico ed una base di reclutamento del movimento della Resistenza. In particolare, essi hanno fornito un fondamentale contributo allo sviluppo del pensiero federalistico ed alle idee di autonomia locale, inviando i loro rappresentanti a stipulare a Chivasso, insieme agli autonomisti valdostani, la Carta dei Popoli Alpini.

Dopo la 2ª Guerra Mondiale, le zone alpine piemontesi non avevano neppure potuto fruire dei vantaggi dell’autonomia concessa alla Valle d’Aosta (che era stata staccata dalla Provincia di Ivrea), ed avevano avuto, come unica risorsa, il turismo, il quale, per altro, soprattutto nelle forme in cui si manifestava in quegli anni (attraverso la cementificazione e le seconde case per il fine settimana), tendeva a cancellare ancor più le identità locali ed a ridurre ulteriormente i momenti di aggregazione delle popolazioni locali.

Solamente negli ultimi anni, grazie al movimento, a livello europeo, per il riconoscimento delle identità locali, grazie alle politiche europee per la cooperazione transfrontaliera ed alle legislazioni locali a favore della montagna e delle lingue minoritarie, si assiste ad un fenomeno di riqualificazione delle culture locali, che passa attraverso la creazione di centri di cultura locale, l’insegnamento delle lingue locali, una politica urbanistica rispettosa del patrimonio naturale e delle tradizioni architettoniche, il rilancio dell’artigianato e delle industrie agroalimentari, la diffusione transregionale delle culture locali.

Negli ultimi anni, gli sforzi analoghi che si stanno compiendo in tutto l’arco alpino, dalla Provenza alla Svizzera, dall’Austria alla Croazia, hanno trovato la propria consacrazione nella Convenzione delle Alpi, con l’ambizioso scopo di coordinare tutte le molteplici iniziative che si stanno svolgendo a livello europeo, nazionale, regionale e locale.

Un ultimo accenno: è in corso, a livello nazionale, una campagna per l’abolizione delle Province. E, in effetti, le Province sono estranee alle nostre tradizioni storiche, in quanto alla Provincia di Torino non corrispondono né il Marchesato di Torino, né quello di Susa, né il Comune di Chieri, ecc.. Inoltre, le Province non tengono conto delle minoranze etniche, le quali sono, per altro, decentrate e poco popolate.

E, tuttavia, giacché è impensabile che all’abolizione delle Province non subentri una qualche realtà alternativa (come, per esempio, le Città Metropolitane e le Comunità Montane), più o meno sulla falsariga degli “Stadtkreise” e dei “Landkreise” tedeschi, ci permetteremmo sommessamente di suggerire una Comunità delle Valli Occitane, una Comunità Franco-Provenzale, una Comunità Valdese ed una Comunità Walser.

Per ulteriori informazioni:
http://www.alpinasrl.com/
riccardo.lala@alpinasrl.com

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