domenica 29 novembre 2009

IL DIFFICILE RAPPORTO PUBBLICO_PRIVATO NELLA RICERCA


As to Scientific Research, to Distinguish between Myth and Reality. En ce qui concerne la recherche, il faut distinguer entre mythe et réalité.Forschung. wie kann man Myth von Wirklichkeit trennen?

Storicamente, almeno la metà della ricerca scientifica in tutto il mondo è stata sviluppata in modo autonomo, facendo leva sul patrimonio, sulle aderenze sociali e sullo spirito di sacrificio dei ricercatori, nonché su di un’inestricabile rete di mecenatismo e di committenza pubblica. La società attuale, pur sotto forme apparentemente irriconoscibili, ripercorre, in gran parte, questi sentieri già battuti nei secoli passati.

Oggi, per “ricerca indipendente” si possono intendere molte cose, come, per esempio, il (limitatissimo) sviluppo di nuovi prodotti da parte delle imprese anche indipendentemente da un supporto pubblico, oppure la ricerca svolta con il sostegno di fondazioni, anche private, ovvero, infine, la ricerca svolta, totalmente o parzialmente, a carico dei ricercatori, come, per esempio, nella maggior parte delle Università italiane, dove le modestissime borse di studio e contratti di ricerca coprono solamente per un’infima parte i costi effettivi sostenuti dai ricercatori (come il costo dei molti anni di lavoro economicamente improduttivi, le spese di cancelleria, gli spostamenti, l’editing, ecc.); il caso tipico delle “new ventures” create nei sottoscala e finanziate dalle famiglie dei soci.

Questa è la vera “ricerca indipendente”, nella quale, pure a costo 100 e rischio 100, i privati, in sistemi sottosviluppati, suppliscono ad un’obiettiva carenza del sistema pubblico.

Attualmente, nella Regione Piemonte, anche come effetto indiretto di un clima culturale diffuso, esiste una forte attenzione, in particolare in connessione con la “Cittadella Politecnica”, per questo tipo di problemi, attenzione che ha trovato attuazione, tra l’altro, con la costituzione dei MIP e dei 3P. Tuttavia, anche in base all’esperienza personale, riteniamo sia urgente fare più attenzione alla retorica che presiede alla creazione di queste istituzioni, quando essa non si coniuga con una filosofia di intervento veramente proattiva, trasparente ed obiettiva. In definitiva, regole, personale e ruolo di queste istituzioni sono rivisti dalle fondamenta.

A nostro avviso, la cultura fino ad ora dominante in questo tipo di istituzioni (di ispirazione prevalentemente positivistico-scientistica) privilegia necessariamente, nei propri scenari, le iniziative delle grandi imprese industriali nei settori industriali tipicamente “moderni” (classico esempio, l’installazione, all’interno della “Cittadella”, della General Motors).Questo è un esempio tipico di ciò che accade ora, e che va profondamente rivisto, rimettendo in discussione l’eccessiva autonomia politica di soggetti ricordando che gli Enti pubblici devono garantire gli interessi del territorio ed il pari trattamento di tutti i cittadini,e semmai, una preferenza per le imprese regionali.

Per questi motivi, a nostro avviso, anche quella che si vanta di essere “ricerca finanziata” da parte delle Istituzioni Pubbliche regionali non è, nella sostanza, che “ricerca indipendente”, perché, se si guarda ai valori effettivi in gioco per la maggior parte degli operatori, la percentuale di supporto pubblico risulta veramente irrisoria.

L’Europa del Terzo Millennio avrà bisogno, senz’altro, di biotecnologie (pure all’interno di una doverosa applicazione dell’“etica della responsabilità”), di un ampio ventaglio di tecnologie aerospaziali (che si cercherà di mantenere il più pacifiche possibile), di un vastissimo repertorio di tecnologie digitali e telematiche (da tenersi anch’esse sotto stretto controllo), e di alcune tecnologie produttive e di prodotto nei settori innovativi. Tuttavia, essa avrà, soprattutto, bisogno, di una rinnovata ricerca sulle scienze umane, nelle dottrine politiche, nelle arti, nelle comunicazioni e nelle telecomunicazioni. Tutte queste attività potranno, e, a nostro avviso, dovranno, rivestire forme giuridico-economiche che, sotto certi punti di vista, potrebbero essere assimilabili a quelle dell’impresa, purché venisse riconosciuto il loro fondamentale significato di interesse pubblico, e, di conseguenza, fossero inserite su un piede di parità in tutte le forme di collaborazione pubblico-privato. Tutto ciò, anche in considerazione del fatto che gli strumenti tipici dell’industria culturale (editoria, teatro, cinema, televisione, formazione) sono soggetti ad una tumultuosa ondata di trasformazione tecnologica, indotta dall’informatica, la quale richiede pesanti investimenti nell’editoria elettronica e nelle nuove tecniche del Web


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riccardo.lala@alpinasrl.com

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