domenica 29 novembre 2009

POLITICHE PIEMONTESI PER L’IDENTITA?


New Trends in Regional Identity Policies.Nouvelles tendences dans les politiques régionales pour l' identité.Neue Richtungen der Politiken zugunsten der regionalen Identitaeten.


Nell’ambito del generale interesse, dimostrato dalle opinioni pubbliche e dagli Enti locali, per le identità regionali, assumono particolare rilievo tre aspetti:

- la conservazione del Patrimonio;

- la produzione di cultura;

- la promozione internazionale del territorio.


1.Conservazione del patrimonio

La conservazione del patrimonio, non solamente architettonico, bensì anche paesaggistico, linguistico, etnografico e pedagogico, costituisce, oramai, giustamente, una preoccupazione prioritaria nelle singole Regioni italiane - da un lato, poiché l’Italia, per una serie di ragioni che attengono alla sua storia, alla sua società ed alla sua cultura, concentra, sul proprio territorio, una parte considerevole del patrimonio naturale e culturale dell’umanità, e, dall’altro, perché la natura plurale, e sempre più federale, della Nazione italiana, ha per effetto che ciascuna regione e città si prenda giustamente sempre più attentamente cura di ciò che fonda e rafforza la sua diversità -.

A questa eccezionale concentrazione di beni culturali hanno contribuito:

(i) il fatto che l’Italia, situata in una posizione invidiabile dal punto di vista del clima e della diversità ambientale, è stata nel tempo una fonte unica di cultura;

(ii) l’affastellarsi, all’interno di un territorio ristrettissimo, di infinite etnie, culture e tradizioni;

(iii) lo straordinario frazionamento politico, culturale ed economico, che ha disperso su tutto il territorio centri di potere (castelli, fortezze, porti), di abitazione (città, villaggi), di culto (chiese, monasteri, sinagoghe). Tutte le Regioni d’Italia posseggono infiniti tesori, e competono fra di loro per attirare l’attenzione e le risorse dell’Italia e del mondo.

Come è noto, il Piemonte lamenta da sempre un inaccettabile squilibrio fra, da un lato, l’eccezionale livello delle sue ricchezze culturali, e, dall’altro, lo scarso livello di conoscenza delle stesse.

Questo effetto è dovuto al giganteggiare, nell’immaginazione collettiva (grazie anche, e soprattutto, all’“Ideologia Piemontese”), del mito della “Grande Fabbrica”. Il gigantismo industriale torinese fu esaltato dalle culture dominanti durante tutto il XX Secolo: al tempo del fascismo, come una delle prove dei successi del regime (“Terra, Mare, Cielo”); l’antifascismo creò, e perpetuò, il mito della città operaia e partigiana; il miracolo economico fu trainato dalla convergenza fra industria e movimento operaio nella rincorsa all’incremento dei consumi tecnologici ed abitativi. Durante il cosiddetto “Miracolo Economico”, nessuno si preoccupò di salvaguardare il fascino discreto ed antiquato delle città torinesi, che furono sommerse da condomini, strade e parcheggi.

Solamente negli anni ’70, con la crisi petrolifera e l’emergere della cultura ambientalistica, si incominciò a pensare che anche i piccoli centri, i monumenti storici, la campagna, potessero costituire una risorsa, tanto per la qualità della vita, quanto per l’economia regionale. Iniziava allora, seppure lentamente, una politica di rivalutazione del patrimonio, con il restauro dei monumenti, la limitazione della crescita urbanistica, il trasferimento degli stabilimenti all’esterno delle città.

Le successive crisi dell’industria automobilistica hanno accelerato questo processo, ed hanno anche contribuito a modificare, seppure parzialmente, la mentalità dell’“establishment” cittadino, facendo comprendere che può essere conveniente mantenere a Torino le leve direzionali, tecniche e finanziarie, della grande industria, rinunziando però, in gran parte, alla produzione “in loco”, e che la salvaguardia dei monumenti e la riabilitazione urbana possono essere, per l’industria e per l’occupazione, altrettanto efficienti della costruzione seriale di condomini.

2.Produzione di cultura.
Anche l’opinione pubblica andava modificando i propri orientamenti, attribuendo sempre maggior peso al tempo libero, alla qualità della vita, all’offerta di cultura.Oggi, si può dire che le immagini di Torino e del Piemonte siano notevolmente migliorate, che le città e le campagne abbiano ripreso, almeno parzialmente, il loro aspetto tradizionale, e che anche l’offerta di cultura sia, complessivamente, elevata. Tuttavia, a nostro avviso, si potrebbe fare molto di più, se e nella misura in cui ci si focalizzasse sugli elementi che sono maggiormente qualificanti della nostra Identità.

3.Promozione del territorio

Infatti, l’attuale tendenza, da parte delle autorità locali di tutte le Regioni, a fare leva sulle rispettive identità locali per competere, a livello nazionale od internazionale, per l’assegnazione di risorse dedicate alla cultura, nonché per promuovere il territorio dal punto di vista dell’immagine di prodotto, dell’industria turistica e dell’attrattività degli investimenti, trova spesso un limite nella cultura sorpassata dei vari “establishments”, ancora troppo succubi di visioni ideologiche astratte, che non lasciano adeguato spazio alla ricerca delle culture locali, in quanto queste ultime sono tradizione, storia, particolarismo, differenza, qualità contro quantità - e, come tali, male si inquadrano nell’ambito di ideologie che si pretendono “globali” -.

Ne consegue che le presunte identità locali si sono appiattite sempre più, fino ad oggi, su “icone” consolidate dalle varie vulgate storiografiche, come, per esempio, la cultura classica “alta” (Rinascimento, opera lirica), o per aspetti della storia recente (il Novecento) - tutti fenomeni, questi, che sono abbastanza simili per l’intera Italia (e, spesso, per l’intera Europa). Invece, sono stati trascurati gli elementi di assoluta specificità locale, come, per esempio, i castelli feudali del Piemonte, oppure le civiltà protostoriche in Sicilia.

Il risultato finale di tutto ciò è che tutte le Regioni stanno organizzando un tipo di offerta culturale assolutamente omogenea, senza una reale capacità di differenziarsi le une dalle altre. Addirittura, tutte le città, propongono almeno un festival di letteratura o filosofia, ed uno di cinema, una o più mostre di archeologia e di pittura rinascimentale, e così via. Di fronte ad una siffatta omologazione dell’offerta, tanto gli Enti finanziatori, quanto il pubblico, si trovano in uno stato di effettivo imbarazzo.

4.Una politica intelligente fondata sulle specificità del territorio

Coloro che, invece, vogliono distinguersi e risvegliare veramente l’attenzione degli Enti finanziatori e dei cittadini, dovrebbero, a nostro avviso, puntare tutto sulle specificità locali, costruendo, intorno ad esse, un profilo coerente di idee, di suggestioni e di realizzazioni.

Nel caso del Piemonte, questo insieme coerente di idee, suggestioni e realizzazioni, non potrebbe fondarsi se non sull’europeità del Piemonte, il quale ultimo, già anche solamente per via della sua genesi storica, risulta essere un insieme di paesi diversi, ciascuno con un proprio paesaggio, una propria storia ed una propria etnografia: dal Mondo Prealpino del Canavese, caratterizzato dal suo retaggio preistorico e dalle vallate franco-provenzali, alla Valsusa, con la sua architettura ed il suo dialetto, identici a quelli del Delfinato, alle Valli Occitane del Cuneese, con un loro specifico paesaggio alpino, e cuore della preservazione della lingua e della cultura provenzali, alle colline del Centro e del Sud (Monferrato, Langhe), con la cultura della vigna ed i Castelli, al Piemonte Centrale, con le sue capitali storiche (Torino, ma anche Cherasco e Fossano, per esempio), al Piemonte Orientale pianeggiante e già simile alla Lombardia, alla Regione dei Laghi, quasi indistinguibile dal Canton Ticino, con cui essa confina, fino alle valli Walser, un microcosmo di Svizzera medievale alle falde del Massiccio del Rosa e dinanzi al Sempione.

Questa poliedricità naturale ed etnica del Piemonte si sposa con la molteplicità dei rapporti internazionali intrattenuti ancor oggi dalle varie parti del Piemonte: con la Francia, la Valsusa e le Valli Occitane; con la Svizzera, il Monferrato, le Langhe, la zona dei Laghi e le valli Walser; con Milano, Novara, Vercelli ed Alessandria; con Parigi e con l’Europa Orientale, Torino.

Così pure, come abbiamo visto, le grandi tendenze culturali del Piemonte si comprendono solamente se le si inseriscono in contemporanei fenomeni europei: il Romanico nell’architettura popolare delle Alpi Occidentali; il Gotico Internazionale nell’arte del Ducato di Borgogna e delle Fiandre; il Barocco nell’architettura spagnola trapiantata in Sicilia e di lì espatriata in Piemonte da Juvarra; Alfieri e De Maistre nella Massoneria europea; Cavour nel liberalismo inglese; l’industrializzazione nell’influenza degli investitori dell’Europa Centrale (come Leumann, Loescher, ecc.); l’Occupazione delle Fabbriche nella Rivoluzione Bolscevica; l’azionismo negli sforzi in senso federalista compiuti in tutta Europa a cavallo delle due guerre, tra l’altro, con l’attiva partecipazione delle etnie minoritarie del Piemonte (Carta di Chivasso).
L’espressione politica più chiara dell’Europeità del Piemonte è costituita dall’Euroregione delle Alpi Occidentali (oggi “Alpi-Mediterraneo”), che unisce le Regioni del Sud-Est della Francia e quelle del Nord-Ovest italiano (della quale Torino costituisce il punto focale, ma che la presente Amministrazione non ha assolutamente pubblicizzato).

5.Le cooperazioni transfrontaliere.

L’enorme attualità di questa Euroregione diverrà evidente a tutti quando, entrando in funzione la TAV per Parigi, si potranno raggiungere Chambéry in mezz’ora e Lione in un’ora.La promozione, da parte delle Autorità Locali, dell’identità regionale fondata sull’Europeità e sull’Euroregione dovrebbe, a nostro avviso, prevedere lo sviluppo di iniziative congiunte con Francia e Svizzera nei campi culturale (collaborazione fra università per doppie lauree, istituti di ricerca comuni), industriale (parchi tecnologici), residenziale (nuovi insediamenti sull’asse della TAV), turistico (percorsi integrati transfrontalieri, e/o tematici), per esempio: la Civiltà Gallo-romana sulle Alpi; gli Stati di Savoia; i Protestanti nelle Alpi Occidentali; i Walser; i grandi scrittori delle Alpi Occidentali (Rousseau, Alfieri, Pavese, Fenoglio, i due De Maistre, Mistral, Giono, Ramuz); la Cultura provenzale antica e moderna, ecc..

Informazioni:
http://www.alpinasrl.com/
Riccardo.lala@alpinasrl.com

Nessun commento:

Posta un commento