domenica 29 novembre 2009

CONTINUITA' DELLE TRADIZIONI MILITARI PIEMONTESI


Continuity of Piemontese Military Traditions ,since the Taurini and up to Aerospace Industry. La continuité des traditions militaires des Piémontais remontent aux anciens Taurini, et arrivent jusqu'à l' industrie aérospatiale. Militaerische Tradition von Piemont, von den alten Taurini bis die heutige Luftfahrzeugindustrie.


Una delle forze che parteciparono con un ruolo determinante al Risorgimento furono le Forze Armate - prima, quelle degli Stati di Sardegna, poi, quelle irregolari dei Mazziniani (i “Garibaldini”), ed, infine, quelle del Regno d’Italia. Infatti, occorre ricordarlo, il Risorgimento non avvenne, né per via pacifica (come avrebbe voluto Gioberti), e neppure per via rivoluzionaria (come avrebbe voluto Mazzini), bensì, ed esclusivamente, per via bellica (ciò, con tutto quanto, di positivo, e/o di negativo, può venire, a ciò, ricollegato) -.


Torino fu, fin dalla sua fondazione, un accampamento militare romano. I Taurini e i Salassi, che abitavano precedentemente il territorio, erano popoli molto combattivi. Essi avevano dato molto filo da torcere, gli uni ai Cartaginesi, e, gli altri, ai Romani. I loro “cugini” Cozii rimasero così irriducibili che il regno della dinastia Cozia (Regnum Cottii) continuò ad essere autonomo nell’Impero per alcuni secoli (partecipando, così, ed in modo egregio, a quel fenomeno singolare di identità esasperata, che furono le tre “Province Alpine” dell’Impero, tre province piccolissime che i Romani non pensarono mai di fondere, né con la Narbonense, né con l’Italia, né con la Rezia - altro che Astérix! -).


Il Piemonte e la Savoia furono sempre dominate dai guerrieri. Secondo la Chanson de Roland, l’Arcangelo aveva consegnato al paladino Orlando la sua spada magica, Durendart, proprio in quella Val Moriana che sarebbe diventata la culla della dinastia dei Savoia. Quest’ultima fu per secoli insignita della carica di Vicario Imperiale, e come tale, i suoi esponenti governarono, ad esempio, la Contea di Nizza, che fece uno spontaneo “Acte de Dédition” nel 1399, per evitare di cadere sotto il dominio degli Angioini.Emanuele Filiberto ed Eugenio di Savoia furono fra i più grandi comandanti dell’esercito imperiale. Ad essi spetta il merito delle vittorie della parte imperiale, a cui furono dovuti i Trattati di Château Cambrésis, di Utrecht e di Rastadt, i quali permisero alla Dinastia di Savoia, oltre che di divenire Re di Sardegna, di riallocare i propri possedimenti prevalentemente in Italia, divenendo, così, una potenza italiana, e rilanciando, così, il ruolo di Torino e del Piemonte.


Ma, anche prescindendo dai Savoia, le altre grandi dinastie piemontesi del Medioevo, gli Arduinici di Ivrea, gli Aleramici del Monferrato e gli Acaia del Piemonte Centrale, furono grandi schiatte di guerrieri, illustratesi nelle discese in Italia dell’Imperatore e nelle Crociate.


Il Piemonte del Medioevo era costituito da un mosaico di feudi, di cui ancor oggi troviamo le tracce negli infiniti castelli che costellano la nostra Regione, ed i cui feudatari hanno costituito, fino a tempi recentissimi, le famiglie dei notabili torinesi. A mano a mano che i Savoia centralizzano i loro Stati, questi feudatari entrano a fare parte dei loro eserciti. L’esercito sabaudo era uno dei migliori d’Europa: esso tenne testa a lungo anche alle armate napoleoniche. Tanti ufficiali, come, ad esempio, Xavier de Maistre, dopo la sconfitta definitiva da parte di Napoleone, fecero una brillante carriera all’estero, sempre nell’ottica di battere Napoleone. La loro memoria non viene, a nostro avviso, adeguatamente ricordata dalla storia militare.


Come tutti gli eserciti italiani, che erano stati rifondati da Napoleone durante il lungo periodo dell’occupazione francese, l’esercito del Regno di Sardegna era divenuto molto politicizzato in senso liberale. Nel 1821, le truppe piemontesi si erano ribellate, ed avevano marciato su Torino, occupandola per qualche mese. Tuttavia, in generale, le truppe erano fedeli al Re di Sardegna, e lo seguirono con onore nella 1ª e 2ª Guerra d’Indipendenza. Dopo il trasferimento della capitale d’Italia a Firenze, gli unici veri “assets” che rimanevano a Torino erano l’aristocrazia e l’Esercito.


Anche la nascente industria trasse grande vantaggio dalla presenza dell’Esercito, il quale, almeno fino alla Prima Guerra Mondiale, era ampiamente schierato sulla frontiera occidentale, dato che l’Italia era alleata degli Imperi Centrali.Nella 1ª Guerra Mondiale, la grande industria fu dedicata prevalentemente alle produzioni militari. Al tempo del fascismo, la capacità del Gruppo Fiat di produrre qualunque prodotto tecnologico si sposava con le esigenze belliche del nascente imperialismo italiano, sotto lo slogan “Terra, Mare, Cielo”.


Ancor oggi, il Piemonte si caratterizza per la sua forte vocazione alle sinergie fra industria e Forze Armate. Basti ricordare: le recentissime polemiche circa i piani di trasferimento di impianti Alenia a Cameri per la produzione dell’aereo americano F-35; il fatto che l’Iveco possegga un’importante divisione (seppure localizzata a Bolzano), dedicata alla produzione di veicoli militari; e, comunque, in generale, alla presenza, sul territorio, di imprese con un’importante valenza militare, come l’Avio.


Questa tradizione di industria militare (che, oggi, significa, “tout-court”, industria di alta tecnologia, grazie alle sinergie con il trasporto civile e con lo spazio) è un patrimonio che nessuno intende abbandonare, come è testimoniato dal fatto che, sotto l’egida della Regione Piemonte, è stato creato il Polo Aerospaziale Piemontese. La presenza sul territorio di questo tipo di industria è fonte non solamente di opportunità, bensì anche di problemi, come dimostrano, per esempio, i difficili rapporti fra Alenia ed Enti territoriali in relazione allo spostamento a Cameri della produzione dell’F-35.


La Regione potrebbe essere più presente sui temi dell’industria aerospaziale, rappresentando anche, quando necessario, nei confronti di controparti nazionali ed internazionali, le esigenze delle realtà industriali presenti sul territorio.


La problematica connessa con l’industria piemontese aerospaziale e della difesa costituisce, tra l’altro, un’ottima esemplificazione di come, nonostante le trasformazioni indotte dalla globalizzazione, la problematica connessa alla difesa nazionale sia e resti sempre presente nel pensiero delle popolazioni e dei loro governanti. La realtà è che, anche nel XXI Secolo, dominato dalla moderna globalizzazione e dalle organizzazioni internazionali e sovrannazionali, la difesa è comunque necessaria, come fatto di sicurezza del territorio, ma anche come elemento di peso politico nel contesto internazionale, in quanto la disponibilità a mettere, o a non mettere, a disposizione, di determinate operazioni internazionali, le proprie capacità belliche, oppure anche solamente la propria capacità di mobilitazione industriale (basi militari, centri di ascolto, servizi logistici), costituisce un’importante “merce di scambio” per importanti trattative internazionali.


Tutti gli Stati hanno capito questo fatto, e sanno fare un accorto uso politico di queste loro risorse. L’Italia e l’Europa seguono, come è noto, rispetto a buona parte degli attori comparabili presenti sulla scena mondiale, un corso assolutamente moderato. Le loro risorse belliche sono di gran lunga inferiori alle loro potenzialità, e sono anche utilizzate con molta parsimonia. Tuttavia, ci vogliono. Infatti, già così, l’Europa non è mai presa, a nostro avviso, sufficientemente sul serio a livello internazionale in nessuna occasione. Se, poi, non disponesse neppure di un minimo di forze armate, la situazione risulterebbe, se possibile, ancora peggiore.


Si dice, giustamente, che la situazione attuale è sbagliata, che l’Europa spende inutilmente le proprie risorse in decine di piccoli eserciti fra di loro incompatibili. Tutto ciò è verissimo: e, tuttavia, se, da almeno 15 anni, esistono precisi progetti per una forza di difesa comune, ma nessuno li “tira fuori dal cassetto”, vuole dire che le difficoltà di fare emergere un progetto logico e condiviso sono molto grandi.


A questo proposito, crediamo che anche i territori ove sono localizzati elementi importanti del sistema di difesa (in questo caso, per ciò che concerne l’industria militare, il Piemonte) debbano dire la loro, in particolare per ciò che concerne le ricadute industriali e tecnologiche



informazioni:


http://www.alpinasrl.com/

riccardo.lala@alpinasrl.com

2 commenti:

  1. Con questa dotta spiegazione ora si comprende benissimo il comportamento da "calata dei barbari" da parte delle truppe savoiarde-piemontesi nel 1860 nell'invasione del Regno delle Due Sicilie. Nessuno dice però che i risultati dei primi 10 anni di occupazione del Sud furono: 54 paesi rasi al suolo, rapina di tutte le casse comunali, delle banche e di denaro privato, circa 800.000 persone uccise, circa 500.000 imprigionati, le industrie e l'agricoltura distrutte, la costrizione all'emigrazione (che dura tuttora) e la nascita di una "questione meridionale" che non sarà mai risolta perché funzionale alle cosche finanziarie del Nord. Questa fu la "liberazione" fatta dal Piemonte militarizzato, avvenimenti accuratamente nascosti e mistificati dalla puerile propaganda risorgimentale.

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  2. Caro Pagano,
    mi scusi se La chiamo così, ma ormai ci conosciamo, mi spiace che non si veda mai il lato positivo delle mie affermazioni.
    Qui si sta dicendo che la conquista del Sud fu una conquista militare, e altrove si dice che questo modello, ripreso da Bismark, dalla Serbia e da molti altri, portò addirittura alla 1a Guerra mondiale.

    Ciò detto, resta che, al di là dei regimi, le tradizioni dei popoli e delle città restano.

    Anche il Mezzogiorno ha una poderosa industria aerospaziale, a Pomigliano e a Brindisi (che tra l' altro appartengono a quello stesso Gruppo pubblico a cui appartengono Pomigliano e Brindisi), e non indifferenti basi navali e aeronautiche.Così come anche il Regno di Sicilia, e poi quello di Napoli, aveva un esercito, e ancor più una flotta, di tutto rispetto.

    M, continuo a dire: primo: discutiamone; secondo: vediamo le cose in vista del futuro.

    Infine, vi prego di considerare che questo è un blog piemontese, e che soprattutto gli ultimi post sono stati concepiti per influenzare il dibattito politico locale in vista delle prossime elezioni regionali.Perciò, è ovvio che il Piemonte abbia un ruolo centrale.

    Vi prometto che fra breve usciranno dei post sui regni di Sicilia e di Napoli.

    E, se volete scrivere per noi, fatevi vivi.

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